Io dico che una società che si permette centri di rieducazione per rapaci feriti (non disabili, dai...) è una società che tenta - disperatamente - di riequilibrare un disequilibrio che essa stessa ha creato.
Dico "società" ma parlo del nord del mondo, quello ricco, quello che ha invaso ogni piccolo spazio per trovare la sua ragione di vita, la sua realizzazione.
Se qualcuno tenta di tutelare una specie animale, un vegetale, un parco, un picco lo fa forse (anche) per levarsi quel rimorso collettivo che batte in fondo alla coscienza di molti di noi e che lo rende consapevole che lui, e i suoi simili, hanno esagerato.
Hanno invaso terre e luoghi che non gli appartenevano perchè erano cielo, erano terra, erano creato, universo, globo terraqueo, spazio di vita di tutte le specie.
Successe 200 anni fa nelle inviolate terre americane, sappiamo com'è andata a finire.
Andiamo in montagna, andiamo in bici, andiamo sui picchi ma
consapevoli che quella non è "roba che ci appartiene" per il solo fatto che noi siamo uomini e gli altri sono solo specie inferiori, da dominare, da limitare perchè la loro esistenza limita il nostro infinito principio di piacere che va soddisfatto ad ogni costo.
Un amico che arrampica mi diceva che anni fa dalle sue parti sorse una feroce polemica tra climbers e ambientalisti della LIPU perchè la palestra di roccia che frequentavano (guarda tu la sfiga!) era anche zona di nidificazione di rapaci, i quali disturbati dalle orde di gente che la domenica assaliva quella montagna, erano andati via e in parte non riuscivano più a portare a compimento le covate.
La zona fu per un pò oggetto di contesa ma alla fine non fu chiusa come gli ambientalisti chiedevano e gli uccelli furono costretti a sloggiare, morirono o chissachè....d'altronde erano solo 3 o 4 esemplari, come avrebbero potuto "combattere" centinaia di uomini?
La tutela di un territorio non passa facendo delle fastidiose tassonomie di "utenti", dividendoli in quelli che possono o quelli che non possono.
Perchè spesso succede che quelli lasciati fuori sono solo gli ultimi, i più visibili, i meno tutelabili....non sempre sono quelli che danneggiano di più.
E' il numero che fa la differenza, è la "pressione antropica" che in alcuni casi è insostenibile.
Lo dico in parziale contraddizione ad altri miei post in cui ho reclamato il mio diritto alla mtb.
Io vado in bici consapevole che i luoghi che frequento non sono roba mia. Se la mia presenza fosse di troppo sono disposto a sloggiare, ma a condizione che oltre a me sloggino anche tutti i miei simili, sia che abbiano una mtb sotto il sedere, sia che abbiano solo un paio di pedule e
zaino.
Forse sono anche io parte di quella società sclerotica di cui parla limbica, che da una parte cementifica e dall'altra protegge ?!