Di seguito il racconto "semi-Serio" della mia prima Hero che ho inviato ai miei compagni di squadra che mi hanno lasciato solo in questa avventura. Giusto per capire alcuni passaggi, io sono soprannominato il Fagiano e nella nostra squadra molti soprannomi attingono dal mondo animale.....
Di seguito il resoconto del nutrito gruppo di Forum Ciclisti che vi hanno partecipato.
Alla partenza oltre al sottoscritto, Il Fagiano, si sono presentati i suoi amici immaginari: il Topo, Il Coniglio, Il Camaleonte e il Sarchiappone.
Il primo, il Topo, visto il “battello” d’acqua che si abbatteva alla partenza ha visto bene di abbandonare subito la nave prima che affondasse, il Camaleonte, date le suo doti mimetiche, nessuno sa mai se ci sia o non ci sia quindi non posso dire nulla in merito. Il Coniglio e il Sarchiappone hanno preso il via assieme al Fagiano.
Pronti via, siamo in griglia, un paio di migliaia di persone tutte con il naso all’insù sperando di vedere aprirsi qualche spiraglio di azzurro fra i nuvoloni del temporale in corso. Il Coniglio continua a suggerire di rientrare in albergo ed infilarsi sotto il piumino e riemergerne lunedì mattina per non rischiare di farsi il giro dei quattro passi la domenica in BDC. (per fortuna la giornata migliorerà e avremo anche qualche sprazzo di sole)
Aimè si parte con la pioggia, ed è subito salita, siamo in tanti, intruppati su una salita che sarebbe pedalabile e capita di dover mettere il piede a terra per qualche breve tratto. Non male. (Il Sarchiappone, in quanto amico immaginario e animale anch’esso di fantasia, si dilegua dopo il passaggio sotto lo striscione della partenza. Mi accontenterò della compagnia del Coniglio, fino a quando terrà botta)
Arriviamo in cima al primo passo Dantercepies e via in discesa con non poche difficoltà dovute al fango e all’intruppamento e con gente che in un single track pretende di passarti in scioltezza, va bene che sono “fenomeni” ma insomma. (non vi dico le lamentele del Coniglio in merito)
Speravo di recuperare un po’ con la discesa ma fra il traffico e il fango non si può andare un gran che forte.
Si arriva a Corvara e il tempo di un Amen e si risale verso il Pralongia e poi il Campo Longo. Ora, i miei ricordi sono un po’ annebbiati ma su questa salita non mi pare di aver spinto per lunghi tratti la bici, solo qualche strappetto dove proprio la ruota anteriore non ne voleva sapere di rimanere incollata a terra. Trovo anche il tempo e lo spirito di sistemare la
catena ad uno fermo al lato della strada e che mi pare abbia la mente più annebbiata di me visto che non cava un ragno da un buco e rischia il ritiro.
Si scende verso Arabba con nuove discese infangate e pratoni in cui bisogna sperimentare traiettorie alternative perché passare dove sono passati gli altri è praticamente impossibile. Occorre fare attenzione che per passare i fossi ci sono dei ponticelli di legno dove è obbligatorio passare pena capottamenti di vario genere.
Si arriva ad Arabba e qui faccio la conoscenza dell’Ornella, una simpatica salita di alcuni Km con pendenze assurde e fondo ciottoloso e viscido. Un bel serpentone di gente che spinge la bici, chi smoccolando in silenzio, li ho sentititi telepaticamente visto che anche io lo facevo, chi con giaculatorie irripetibili. Avrò spinto la bici per almeno un’oretta. Chi tentava di salire pedalando andava più piano di chi spingeva la bici a piedi. (Qui il Coniglio abbandona la compagnia e da ora in poi sarò da solo)
Si arriva al Sourassas e da qui con un bel single track si arriva ai piedi del rifugio del Pordoi.
Ci sediamo, nel frattempo mi sono ricongiunto con gli Strenz I Dent (questa volta persone reali non amici immaginari), per terra al ristoro mangiando e bevendo e si riparte per una bellissima discesa resa, come sempre, impegnativa dal fango e dal bagnato (qualche tratto è obbligatorio scendere, e il maestro Zen avrebbe approvato la mia scelta).
Prima del Pordoi avevo meditato il ritiro ma per mia fortuna incontrare gli Strenz I Dent mi ha spinto a proseguire e poi non potevo mollare quando mancava una sola salita all’arrivo.
Siamo a Canazei, mancano 30 Km all’arrivo e il passo Duron (che scoprirò poi che è composto da due salite) e ci diciamo che è un po’ come fare un’uscita al Tramazzo basta non pensare ai 50 km già fatti e far finta di essere appena partiti. Facciamo finta di crederci.
Arrivo in cima al primo dei Duron, spingo un pochino a piedi, mi scende la catena un paio di volte dietro (ormai la pioggia e il fango si sono mangiati tutto l’
olio e la trasmissione emette cigolii sinistri). Rifiato un po’ prima del secondo strappo del Duron approfittando del passaggio su un meraviglioso altopiano, arrivo in cima anche al secondo strappo. Sono cotto ma mi dico: “dai adesso c’è discesa”.
In effetti la discesa c’è, bellissima e mi lancio come so fare io. Supero molta gente e nessuno supera me, arrivo in fondo alla discesa. Cartello dei 10 Km all’arrivo, mi dico: “E’ Fatta”.
Nulla di più falso, cominciano dei mangia e bevi dove mi basta una strappetto all’1% per far calare al velocità a 4 o 5 km/h, incredibile.
Fra un’allucinazione ed un’altra, mi pare di rivedere tutti i miei amici immaginari che mi avevano accompagnato alla partenza, con tutta la gente che continua a dirmi: “Dai da qui è tutta discesa” (Non fidatevi!), arrivo al cartello dell’ultimo Km.
Finalmente l’arrivo, Barbara, mia moglie, che mi chiama dalle recinzioni vicino all’arrivo e io che mi chiedo: “Chi è quella bella ragazza che sembra avercela con me?”.
Il mio primo pensiero all’arrivo è stato riconsegnare il chip e ritirare, al posto della cauzione, i manicotti in pendant con la maglia e che vengono consegnati a chi l’ha finita.
Insomma, un’avventura, secondo me è da rifare e, forse, vale la pena anche provare la 52 Km che è una gara completamente diversa visto che 2 salite su 4 sono diverse rispetto all’82.
Se qualcuno il prossimo anno la vuole fare, io ci sarò, da solo non vado più (se poi qualcuno all’ultimo momento decide di ritirarsi….)
P.S. Per fortuna che non avevo la divisa nuova del Forum, quella vecchia l’ho già lavata due volte ma non sono riuscito a togliere ancora i segni lasciati dal fango raccolto lungo il percorso, in realtà all’arrivo sembravamo tutti uguali, uomini e biciclette, con quella bella sfumatura di grigio marrone di chi è appena uscito da una betoniera.