Ho copiato questo articolo da sportpro.it.... lo giudico molto esplicativo
Io la penso come Di Luca", cosi Riccardo Riccò mi apostrofò appena mi vide al tavolo della conferenza stampa, il giorno del riposo al Giro. Non reagii per rispetto dei colleghi. Ma capii molte cose. La solidarietà in certi casi puzza. Quella di Riccò aveva il pelo. Come la coscienza di chi mettendosi dietro l'immagine fin troppo forzata dell'aggressivo e dell'istintivo pensa di prendere in giro il mondo e farla franca. Riccò alludeva alla posizione del sulfureo abruzzese che, senza motivi che non fossero legati al fastidio di parlare con chi da anni lotta contro il doping (e perché mai se si ha la coscienza a posto?), aveva detto pubblicamente di non voler rispondere alle mie domande, anche le più banali. Dentro di me pensai: questo Riccò non va lontano.
Da quel giorno, dopo il secondo posto al Giro (dove con i tanti controlli "made in Uci" nessuno si è accorto di nulla) c'erano stati i trionfi nella tappa di Super Besse e, ancora più strabiliante, in quella di Bagneres di Bigorre, dove sull'Aspin ha letteralmente scherzato gli avversari salendo ai ritmi dei corridori dopati del Tour di due anni fa. Poi la prudenza nella frazione dell'Hautacam dove sembrava avere il freno a mano tirato: aveva i controllori sul collo. "Le gambe non erano quelle del giorno prima sull'Aspin", aveva spiegato. Ma la sua freschezza evidente era un segnale chiaro, che oggi si può leggere diversamente.
Positivo all'epo, nella crono di Cholet, positivo alla (relativamente) nuova C.E.R.A, la eritropoietina sintetica a lento rilascio che in teoria non si individua nei test normali, perché la quantità che viene rilasciata nelle urine non è sufficiente a far reagire lo strumento di controllo (immunoelettrofocousing). Ma questa volta le guardie sarebbero state, secondo quanto riferiscono le agenzie, più veloci dei ladri. E per l'ex "cobra" di Formigine che vede svanire d'improvviso tutti i sogni e le illusioni è addirittura l'arresto. La legge francese non fa sconti. Oltre al lungo interrogatorio fino a tarda notte. Sarà perseguito dalla giustizia francese per "uso e possesso di materiale nocivo", accusa che espone il corridore emiliano al rischio di una pena a due anni di reclusione e 3.750 Euro di ammenda. Lo ha detto nel corso di una conferenza stampa Antoine Leroy, procuratore della repubblica della città francese di Foix. Leroy ha spiegato che Riccò è in stato di fermo dalle 14 nella gendarmeria di Mirepoix, nel dipartimento pirenaico di Ariege, e domani dovrebbe essere trasferito in procura. Il ciclista della Saunier Duval è stato ascoltato solamente alle 17, dopo l'arrivo di un interprete. Secondo le agenzie di stampa avrebbe negato ogni addebito. E fino alle controanalisi (se verranno richieste dal corridore) va dato il beneficio del dubbio. Anche se molto difficilmente il secondo test può confutare il primo e, trattandosi di un atleta di vertice, è immaginabile che prima di dichiararlo positivo i tecnici del laboratorio abbiano valutato bene la questione.
Leroy ha poi fatto sapere che il pullman della squadra di Riccò, ritiratasi oggi spontaneamente dal Tour, è stato fermato da agenti di polizia attorno alle 17.30 Nel dipartimento di Ariege. Il procuratore della Repubblica francese ha inoltre precisato che l'agenzia antidoping transalpina ha notificato a Riccardo Riccò la presenza di "epo di terza generazione" nel test effettuato dopo la quarta tappa della "grande boucle". Leroy ha definito "nociva" la sostanza che ha causato la positività del corridore, ex astro nascente del ciclismo italiano. Una positività che potrebbe dare il colpo di grazia a tutto il ciclismo già colpito negli ultimi anni - in circostanze e misure differenti - dai casi di doping relativi a nomi di primissimo piano del pedale azzurro (Basso Di luca, Petacchi, ecc. ). L'hotel della Saunier Duval, a Ussat-les-Bains, è intanto stato perquisito. La società ha fatto sapere di aver sospeso ogni attività. "Abbiamo parlato con i dirigenti della Saunier Duval - dice, durissimo, il direttore del Tour de France, Christian Prudhomme - Ci sono due modi di vedere il loro addio, o sono responsabili o hanno ottenuto una confessione. Il futuro ce lo dirà". La voce che circola è che fra i 10 sotto tiro dell'Agenzia antidoping francese ci fossero anche altri nomi eccellenti della squadra italo - spagnola. "Non si possono mettere in dubbio tutte le vittorie, ma secondo me a Hautacam la superiorità di due corridori della Saunier Duval è stata eclatante", ha aggiunto Prudhomme, riferendosi probabilmente alla vittoria di Piepoli e al secondo posto di Cobo nella tappa pirenaica di lunedì. "Il nemico - conclude - è il doping. Non si può picchiare sul Tour che è un monumento della Francia, una virtù". Il Tour sopravvivrà anche a questa battaglia, perché ha imboccato, non senza qualche aspetto contraddittorio, la strada giusta.
Non si può picchiare - aggiungiamo - indiscriminatamente sul ciclismo, su questo ciclismo che fra mille contraddizioni sta mostrando in qualche modo di voler uscire dalla palude nella quale lo hanno cacciato dirigenti inetti e collusi, nazionali e internazionali. Uscire dal guado ha un prezzo. Cacciare mercanti e venditori dal tempio, come dice il Vangelo. Probabilmente la carriera di Riccò è finita qui. E' questo il segnale che deve passare. E' questo il messaggio da porgere alle nuove generazioni. Nel ciclismo non c'è più tolleranza. Non si passa se i controlli sono fatti nel modo giusto, come sta accadendo in Francia. Ed è chiaro che i controlli fatti dal ciclismo al suo interno funzionano poco. Ci vuole una struttura "terza", come in Francia, fuori dagli interessi economici. La fermezza costa cara in termini di immagine, ma è l'unica strada da percorrere per agguantare un minimo di credibilità. Tre casi in pochi giorni (Duenas ha confessato davanti ai poliziotti) tengono comunque alto l'allarme. I controlli a caso al Tour toccherebbero solo la parte emergente dell'iceberg, secondo Rasmus Damsgaard, uno dei massimi esperti antidoping danese: "Sono stati trovati positivi all'Epo tre corridori ma se fosse testato l'intero gruppo i valori fuori norma riguarderebbero tra il 10% e il 20% degli atleti. Mi amareggia fornire queste valutazioni ma soltanto la raccolta degli esiti di più controlli effettuati su ciascun corridore in gara, può fornire il quadro esatto del reale ricorso all'eritropoietina di terza generazione (Cera) per poter agire di conseguenza. I casi numericamente contenuti fanno sempre propendere per responsabilità di singoli elementi a fronte di un sistema radicato".
"Non abbiamo bisogno di vincere, facciamo una bella figura, facciamo spettacolo. Qui nessuno pretende niente", risponde Mauro Gianetti, direttore sportivo del team. Riccò, secondo il racconto dello stesso dirigente, aveva giurato ai vertici della squadra di non voler pedalare sulla scorciatoia del doping. "Anche quando abbiamo discusso con Riccardo del suo rinnovo di contratto gli ho detto che anche se non avesse vinto una corsa non sarebbe stato importante. Gli ho detto - ha raccontato Gianetti - di non fare cavolate e lui mi promise su sua madre che non avrebbe fatto nulla. C'era anche il suo procuratore quando disse questo, mi sono fidato".Strana storia, quella del "cobra". Ha stentato a passare fra i prof. I sospetti che già qualcosa non fosse nelle norme da dilettante circolavano nel plotone. Aveva valori di ematocrito alti (51% circa). La soluzione è venuta anch'essa dall'alto: una settimana presso i laboratori di Losanna sotto l'occhio dell'Uci, la federazione internazionale, ed ecco arrivare la certificazione di "ematocrito alto naturale". Un documento da rileggere interamente alla luce dei fatti recenti: possibile che in un laboratorio così sofisticato e all'avanguardia come quello di Losanna non si siano accorti di nulla? In una settimana di test cosa hanno fatto? Già, come hanno fatto ad inchiodarlo i francesi? "Riccò - è la tesi di Dario D'Ottavio, ex membro della Commissione di vigilanza sul doping e illustre collaboratore in passato proprio del laboratorio di Cahtenay Malabry, che ha smascherato i tre casi di epo fin qui rivelati (Beltran, Duenas e Riccò) - è stato sottoposto ad una serie di controlli ravvicinati (cinque, n.d.r.) in modo da raccogliere la quantità di urina sufficiente perché, una volta concentrata lo strumento potesse individuare la molecola dell'epo sintetica".
Non hanno fatto in tempo i soliti "chanteurs des gestes" a crogiolarsi nei soprannomi amichevoli e ammiccanti: "cobra", "furetto", "pantanino" e via dicendo; hanno dovuto subito fare i conti con la realtà. Sono come taluni i corridori: duri a capire che certe strategie non pagano e che alla fine la voce del plotone un fondo di ragione lo ha. Quasi sempre. Riccò era chiacchierato. Ma era troppo facile il paragone con Pantani solo perché quando scattava impugnava il manubrio sui corni bassi. E la corsa ai paragoni con il povero Pantani (la cui storia non è come la stanno mistificando da anni ormai media, tv, giornali, siti internet, blog e compagnia) si ferma, purtroppo ad una sola cosa in comune: lo stesso diabolico massaggiatore, già condannato per fatti di doping. E, come dice il proverbio: chi va con lo zoppo...
Per concludere la tappa: vittoria scontata di Cavendhish allo sprint. Ma conta più qualcosa?