Mi pare si confonda e mescoli acclimatamento e allenamento in quota (o ipobarico).
Per farla breve, in generale:
- sotto i 3000 metri non esiste acclimatamento: con pressioni parziali di ossigeno fino al 90% la fisiologia non cambia, da quota 0 a 2800/3000 metri non c'è differenza apprezzabile, se a bassa quota si soffre di mal di montagna (ASM) probabile ci sia qualche altro problema.
- sopra i 3000 metri si cominciano a sentire gli effetti della quota, per compensare il fisico si può adattare modificando alcune caratteristiche fisiologiche, in buona sostanza aumentando la produzione di EPO (vi dice nulla?) e la conseguente concentrazione di emoglobina nel sangue; questa condizione viene raggiunta solo dopo almeno 3 settimane di permanenza in altura, solitamente un mese è considerato un periodo congruo.
L'acclimatamento non è una questione di forma fisica - non si può "allenare"- ma fisiologica, ovvero genetica: a prescindere dalla forma, l'ASM può presentarsi a 3000 metri (a qualche sfortunato anche poco sotto) o non presentarsi nemmeno a 5/6000 metri: c'è chi a 3000 metri deve già ricorrere a farmaci e chi non ha problemi nemmeno a quote superiori ai 5000 metri (si, sono tra i fortunati
).
L'allenamento in quota (o ipobarico, effettuato a bassa quota in camere apposite, era considerato doping fino a pochi mesi fa) sfrutta i meccanismi dell'acclimatamento per aver migliori prestazioni a bassa quota: purtroppo la condizione di acclimatamento decade molto velocemente, già una settimana a bassa quota riduce sensibilmente la % di O2 nel sangue.
Quindi in soldoni terra_terra:
- per fare la SRH o qualsiasi altra gara sotto i 3000 metri non c'è necessità di un "acclimatamento";
- l'allenamento in quota (o ipobarico) è una metodologia che richiede tempo, dagli esiti non sempre garantiti e che porta benefici temporanei (esistono scompensi e controindicazioni).
Però, se vi serve un pretesto per giustificare una settimana di vacanza in montagna ed esibite un "bisogno di permanenza in quota", vi capisco benissimo
.