Anch'io vi sfrutto come platea per riordinare le idee come DR.Balfa. Lui è stato propositivo, io invece vorrei mettere giù dei paletti per non farmi trascinare dalla corrente. Per me la MTB ha delle peculiarità che non si possono svendere in nome di nessuno statuto.
Premesso che condivido quanto riportato nel primordiale "Documento programmatico del gruppo promotore per la costituzione della commissione per il cicloalpinismo" steso dalla Commissione per il cicloescursionismo in MTB del convegno LPV, vorrei provare a schiarirmi le idee su ciò che NON VORREI rappresentasse il binomio CAI-MTB perchè da li in avanti ho cominciato a sentire subito qualche scricchiolio. Sono ovviamente miei pensierini che però mi sembra di aver rilevato un pò in tutti gli interventi precedenti del post. Credo che li terrò in tasca quando il presidente si degnerà di darmi un colpo di telefono....
NO al tentativo di rinchiudere la MTB solo su mulattiere, strade forestali, piste ciclabili o viabilità secondaria. Il MTB si nutre di single track. I single track avvicinano il praticante alla natura (gli americani parlano di "connection to nature"), essendo percorsi tecnici e tortuosi inducono a minori velocità di percorrenza e quindi ad un impatto ambientale minore. A Parma il più bel sentiero interamente su single track si trova proprio all'interno di un parco (Parco Regionale dei Boschi di Carrega).
NO alla chiusura indiscriminata di percorsi alla MTB. Se i sentieri presentano problemi di percorrenza occorre una valutazione ragionata delle cause e delle eventuali soluzioni: la soluzione non è escludere una categoria a beneficio di un altra. Negli stati uniti esistono svariate esperienze positive di fruizione a giorni alterni oppure di creazione di percorsi/varianti dedicate ad una delle categorie interessate laddove necessario.
NO alla definizione di false categorie di pratica della MTB ai fini di creare divisioni tra gli appassionati. Il downhill è l'origine del MTB (ricordate le discese dal Monte Tamalpais ?), non si può pensare di promuovere una pratica sportiva negandone le origini e la ragione di essere. Quindi mi oppongo alla citazione della downhill all'interno del "Codice di autoregolamentazione del cicloescursionista" come estraneo allo spirito CAI. Lo spirito CAI si orienterà certamente a promuovere le pratiche più "lente" del MTB ma non è suo compito combatterne formalmente altre nei propri atti. E' poi opportuno constatare che le discipline cosiddette "gravity" sono quelle per le quali i giovani nutrono maggiore interesse e il CAI non può non prenderne atto se vuole investire sui giovani per il proprio futuro.
NO alla demonizzazione dell'agonismo. Il CAI non è una federazione sportiva ma, come esiste un forte movimento agonistico che trova spazio tra gli appassionati delle altre pratiche del sodalizio, così è legittimo che gli appassionati di MTB del CAI abbiano interesse a praticare anche l'agonismo all'interno delle federazioni sportive preposte. Ogni disciplina trae sviluppo e miglioramento dall'attività agonistica. Contrastarla significa non volere il futuro della MTB.
NO alla rifiuto aprioristico dell'utilizzo (si badi non creazione) degli impianti di risalita. Sfruttare gli impianti di risalita per la pratica del MTB può certamente portare problemi di sovraffollamento in località particolarmente frequentate da diverse tipologie di escursionisti. Laddove invece esistano aree meno frequentate e strutture sottoutilizzate la riconversione degli impianti di risalita diventa risorsa per il territorio (vedi l'appennino emiliano come il Cimone, l'Abetone, Prato Spilla o recentemente Schia). Se si pensa che poi la maggior parte dei percorsi sfruttano le piste stesse o lievi varianti ai loro margini ecco che l'impatto è irrilevante.
Su ciò che dovrebbe fare il CAI avete già detto tutto voi
...e fine dell'ennesimo predicozzo
Bhe non siamo distanti.... anzi siamo vicinissimi.... solo che approcciamo il problema in due modi diversi ma vogliamo lo stesso risultato
Ciao