Anzitutto la differenza tra ludico e escursionistico riprende semplicemente quello del fine. Per ludico intendo mettere la bici al primo posto (la bici come "divertimento" fine a se stesso): in questo caso l'ambiente passa al secondo posto (con tutte le sfumature del caso, parlo solo per estremi).
Il CAI mette invece la montagna (l'ambiente) al primo posto e la bici è solo uno strumento per andarci (l'appendice tecnica, come dice Salsa), esattamente come lo sono gli sci o i ramponi.
Sono d'accordo sull'importanza e anche sulla moderata preponderanza dell'aspetto non sportivo e non ludico, ma noi tutti cicloescursionisti pedaliamo alternando continuamente la nostra focalizzazione sull'aspetto ludico o sull'aspetto "esperienziale" (scoperta, studio, fruizione del contesto in cui ti trovi). Non è questione di "giornata", ma in pochi minuti di gita ci troviamo ad alternare continuamente la nostra attenzione sul passaggio tecnico in salita col gradone da superare, sul panorama, sulla comprensione dell'emergenza storica, sulla frequenza cardiaca eccessiva, sulla bellezza del bosco, sul
passaggio tecnico in discesa a cui prestare attenzione, sulla gratificazione personale dell'aver superato il passaggio tecnico (in salita ed in discesa), sulla gratificazione personale per aver scoperto un nuovo angolo di valle sconosciuto.....
Mi dispiace, non riesco a distinguere così nettamente i due contesti in un'unica uscita, non riesco a vedere nero contro bianco, ma tante scale di grigi. E mi chiedo se questa classificazione così netta non sia frutto di una categorizzazione aprioristica di come si "vuole" vedere la pratica escursionistica (e ciò vale anche per gli altri sport della montagna, ops, scusate il lapsus freudiano, pratiche di erranza alpina).
Forse anche coloro che sono così bravi a dividere i due contesti nella teoria se rifletteranno bene a cosa pensano e per cosa godono durante un'escursione, magari si scopriranno macchiati dal peccato originale ludico.
Mi piace pensare di camminare e pedalare libero da condizionamenti di categorizzazione e godermi il contesto naturale che mi circonda senza dovermi porre il problema se ciò che sto facendo è sufficientemente nobile.
Salsa evidenzia due oggetti: il contesto (l'ambiente) e lo strumento. Peccato che ci siamo dimenticati dell'elemento fondamentale: il soggetto che da un senso al contesto (luogo o non-luogo) e un fine allo strumento.
Io sono il soggetto e quando mi immergo in un bosco (contesto), io sono parte della natura fruendola e rispettandola, ma modificandola con la mia presenza e la mia percezione. Qualunque mio gesto che usa lo strumento (la bici) diventa "gesto naturale" in un contesto di natura goduta e rispettata, anche il mio passo, la mia pedalata, la mia frenata modulata, il mio fuori-sella. Anche questi gesti tecnici diventano esperienza di montagna. Rivendico il piacere di goderne, al pari di una contemplazione del panorama. Ne godo e mi diverto. Quindi, gioco. Quindi gioco è anche esperienza, godimento è anche conoscenza. Ecco che per me le due cose si fondono... Solo per me?
La definizione del bike park che do io riprende quindi quello del luna park. Un "non luogo", nella definizione antropologica (sempre di Salsa). Vale a dire: una giostra è tale sia in centro a Milano che in punta al Bianco. se il mio scopo è andare in giostra, mi reco a Milano o dove è stata montata (poi con l'occasione mi faccio anche un giro a visitare il Duomo, ma non mi dire che lo scopo era quello artistico-culturale), nel senso che il luogo è secondario (sempre per estremi). Se l'ambiente naturale non mi offre emozioni sufficienti, lo modifico artificialmente per accrescere il mio divertimento (costruisco una passerella, realizzo un salto...). Anche questo è bike park.
Il non-luogo non può non essere contestualizzato, se esiste deve essere da qualche parte, altrimenti è una costruzione astratta nella mente di un teorico. Un bike park in montagna è in montagna, è in una pineta, è in un contesto alpino. Come hai scritto condivide talvolta i sentieri usati dai puri escursionisti. Se non hai gli occhi per vedere dove sei e non goderne, il problema non è il Bike Park, ma chi ne fruisce coi paraocchi.
Ciò non toglie che il BP possa essere fruito in maniera diversa da chi ne è capace e "usa" il Bike Park per un fine preciso (didattico, di avvicinamento alla montagna facilitato per coloro che altrimenti non riuscirebbero raggiungere la vetta). I luoghi e i non-luoghi non hanno una colpa originaria che li rende indegni. Se esistono sono sempre luoghi di potenziale esperienza.
Ho capito più l'America visitando Disneyworld che leggendo Kerouac. Le giostre sono uno degli specchi della natura umana. E mi sono pure divertito...
Quanto alla ri-alfabetizzazione dei luoghi: il luogo rimane, la seggiovia rimane. Puoi istruire la gente a fruirne in maniera diversa e più cosciente.
Ricordati che la montagna è, da almeno un secolo e passa, anche luogo ludico e anche in tale accezione è descritta nei musei della montagna (cfr. Bard). E' una fruizione che non vedo poi così indegna rispetto ad altre fruizioni più antiche (sfruttamento economico agricolo, minerario, industriale, commerciale, militare). Anzi in molti casi è molto meno impattante sulla natura di quanto lo fossero tali pratiche ora viste come "pittoresche, consolidate e naturali (a posteriori)". Ad esempio, quando pedali sulle amate strade militari di confine, pedali su qualcosa che allora erano non-luoghi nati come veicoli di morte, conflitto e odio. Una seggiovia è nata come non-luogo di gioia. Dovendo scegliere, scelgo quest'ultimo modo di vivere la montagna. E molti splendidi alpeggi alpini di mayen ed i sentieri al loro servizio che tanto amiamo, sono nati come non-luoghi di deforestazione che hanno contribuito alla fuga originaria della wilderness dalle nostre alpi. Non-luoghi in quel momento storico. Noi pensiamo di ri-alfabetizzare un luogo? Presuppone che prima gli diamo un segno, un significato, nel contesto storico, sociale, naturale. Se non ti confronti con il non-luogo come fai? Oppure aspettiamo che la storia dia una mano di "pittoresco" al non-luogo e lo nobiliti come luogo alpino? Così avvenne per le strade militari e le deforestazioni antiche, così avremo il cuore in pace parlando di BP... "qui a Pila su queste vetuste seggiovie crebbe in Italia una pratica sportiva innovativa per l'epoca, il Freeriding, ora evoluta in...."
E ricordati che non ri-alfabetizzi un luogo, ma chi lo "legge". Se non vai a istruire chi lo legge "male" (i freerider?) per insegnargli a leggerlo bene (guarda che bel panorama oltre la passerella!) a che serve? Ad autogratificarsi per la bontà delle proprie idee già consolidate nella tua cricca di adepti? Lasciamo questi esercizi alla SAT...
Ma torniamo a pedalare non appena spiove...