Sono trascorse 24 ore dalla conclusione del giro, eppure con la mia mente sono ancora lassù, dentro una bolla rossa a 2800 metri di quota.
Credo che ci vorranno parecchi giorni per convincere il mio cervello a pensare ad altro.
E’ da circa 3 anni che pratico un certo tipo di MTB, definito Cicloalpinismo. In parole povere si tratta di portarsi dietro la bici per scalare montagne e poi scendere lungo i sentieri più belli. Il problema è che quasi sempre, per raggiungere le cime più belle alte, si deve salire con la bici a spinta o in spalla a causa delle pendenze eccessive e/o del fondo sconnesso. Certo, la discesa tecnica piace a tanti, ma sono pochi quelli disposti a “guadagnarsela” senza pedalare.
Comincio ad avere accumulato parecchie esperienze di Cicloalpinismo. Sono tutte splendide avventure ma sono pochissime quelle che mi hanno rubato un pezzetto di cuore. Fino a qualche giorno fa avrei menzionato “La via dell’Argento” e “Il Monte Velino”.
Ora entra e conquista la vetta questa incredibile avventura, resa tale non solo dalla bellezza dei posti, ma dal modo in cui io e i miei compagni l’abbiamo vissuta, tra dolce e Amaro.
Era da marzo che cercavo di inventare la traversata della Maiella, dopo che un amico, Giuseppe Albrizio, esperto escursionista (ma non biker) con cui mi scambio informazioni sul web, mi aveva consigliato di organizzarci una spedizione. Avevo interpellato parecchie persone per cercare di raccogliere informazioni circa l’itinerario migliore da fare.
Dr. Balfa, Gasate, Krypton, Tavernello sono i nickname di persone che, grazie alla conoscenza della zona, mi hanno aiutato. Aggiungo poi i Cinghiali della Maiella, ed in particolare Mauro, grazie al quale ho definito gli ultimi dettagli.
Decido di rendere pubblica l’uscita per il 26 e 27 agosto. Sono due giorni in quanto la mia idea è quella di salire in cima al Monte Amaro (2800 slm), pernottare nel Bivacco Pelino, e poi scendere il giorno dopo. Il programma prevede che la mattina del 26 si raggiunga la base della seggiovia a Campo di Giove, solo dopo aver organizzato il recupero auto fino a Fara San Martino, punto dove è prevista la conclusione del giro all’indomani.
Aderiscono alla spedizione Anellomancante, Maxdrome Jr, Krypton, Sgobbotron, Nicknic, Monster74 e ovviamente il sottoscritto. In realtà altri 5 amici, tra cui Skiantacruz e Tavernello, percorreranno la nostra stessa ascesa, ma scenderanno da un’altra parte lo stesso giorno, non potendo trattenersi per la notte.
Fino all’ultimo il giro è stato oggetto di possibile rinvio a causa delle dubbie previsioni meteo. Alla fine, dopo aver consultato più siti, decido di procedere. Le previsioni sembrano dare tempo sereno fino alle 5 del pomeriggio, quando è prevista pioggia debole per poche ore.
Raggiungiamo i Guadi di Coccia (1640 slm), luogo di arrivo della seggiovia, che sono le 11 passate, sotto un sole cocente. Da qui cominciamo a spingere su le bici lungo una carrareccia di ghiaione ripidissima e impedalabile. Questa prima parte del percorso è sicuramente la più dura: sono circa 650 metri di dislivello in cui praticamente si pedala poco o niente.
Ogni tanto ci si ferma per ricompattare il gruppo. Tra tutti il buon Sgobbotron, vero protagonista di questa storia, è quello che sale più lentamente. Quando raggiunge il gruppo che si era fermato per il ricompattamento, chiede di procedere senza attenderlo in quanto vuole prendersela davvero comoda per gustarsi ogni passo senza fare troppa fatica. Ha con se il GPS che gli indica la via da seguire. Arrivati a quota 2300 circa comincia un lungo tratto pedalabile che Costeggia il Monte Macellaro.
Il gruppo di sfilaccia e intanto cominciano ad apparire nel cielo le prime nuvole. Ricordo che mentre pedalavo sento Krypton che mi dice: Beppe, girati e guarda che abbiamo dietro…
Mi volto e vedo una nube grigio scura che, a poche centinaia di metri da noi avanza rapida nella nostra direzione, quasi puntandoci, mangiando letteralmente tutto quello su cui passa. Posso assicurarvi che quella visione è stata davvero terrificante. Se fino a quel momento si andava piuttosto tranquilli, ora cominciamo ad aumentare l’andatura per la paura. La nube però sale alta e ci supera, con la conseguenza che tutto diventa scuro.
Cominciano a cadere le prime gocce d’acqua e in breve diventano pioggia vera. Indossiamo gli impermeabili e copriamo gli zaini per poi riprendere rapidamente a pedalare. Tremendamente distante da noi, lassù, in cima al Monte Amaro, si comincia a intravedere la sagoma inconfondibile del Bivacco Pelino su cui si stanno addensando nuvole minacciose. Sono le 13 e ci vogliono ancora quasi 2 ore per raggiungere la nostra meta.
L’intensità della pioggia aumenta e comincia anche a grandinare. La temperatura scende rapidamente e si alza forte un vento che soffia di lato, bombardandoci con la grandine. Ogni tanto Beatrice (questo è il nome che è stato dato dai metereologi al fronte nuvoloso) ci concede qualche minuto di respiro, per poi ricominciare più forte che mai. Arrivo alla grande Grotta alla base dell’ultima salita verso la cima. Sono solo (krypton è poche centinaia di metri dietro di me) e ho quasi raggiunto i compagni che mi precedono. Comincia l’ultima parte della salita in cui si alternato tratti pedalati ad altri a spinta. Raggiungo finalmente chi mi sta davanti e comincia una nebbia sempre più intensa. Il bivacco non si vede più e si procede solo grazie al GPS, anche se comunque il sentiero è ben visibile. La nebbia aumenta di intensità e riesco a malapena a vedere Maxdrome Jr che sta a tre o quattro metri davanti a me. Leggo i dati del GPS: quota 2700, siamo vicini alla vetta ma non riusciamo a vederla. La pioggia aumenta di intensità e si sentono forti tuoni. Mi faccio forza pensando che manca poco all’arrivo, sono il primo della compagnia e non vedo più gli altri. Sento solo i loro passi e il loro respiro profondo che si mischiano al rumore della pioggia e dei tuoni.
Alzo gli occhi e scorgo una grossa sagoma, spero sia finalmente il bivacco, ma invece è solo un ammasso di pietre. Avanzo con fatica e ogni tanto scambio una parola con Maxdrome Jr, poco visibile nonostante la vicinanza. Il GPS dice quota 2750 quando vedo finalmente la sagoma del Pelino. Grido “Eccolo!!! Ci siamo!!!”, faccio qualche passo e sento un rumore assordante ed vedo una intensa luce a 15 metri da me. Un fulmine si era abbattuto a pochi metri, tra noi ed il Bivacco. Con Maxdrome Jr. corro veloce, lascio la bici ed entro subito dentro la Bolla Rossa. Dopo pochi secondi ci raggiungono Anellomancante e Monster74.
Dentro il Bivacco ci sono SkiantaCruz, Tavernello e gli altri ragazzi che ci hanno preceduto ma che, appena possibile, avrebbero cominciato la discesa per tornare alle macchine. Sono le 15,30 e il temporale è sempre più forte.
Infreddoliti cominciamo a toglierci di dosso ogni cosa e cerchiamo di asciugarci. Dopo circa 15 minuti ci raggiunge anche Krypton e 5 minuti dopo ecco Nicknic. Manca solo Sgobbotron. Passano i minuti e aumenta la nostra preoccupazione. Noi “fortunati” siamo dentro i sacchi a pelo e ci riscaldiamo mentre Sgobbo è ancora li fuori che soffre mentre Beatrice si scatena con tutta la sua violenza. Ciascuno di noi pensa a Sgobbo ma non ha la forza di uscire dal sacco a pelo: siamo stanchissimi, tremanti, infreddoliti e spaventati. Fuori il bombardamento della pioggia e grandine, il sibilo del vento e il bagliore dei fulmini. E’ passata quasi un’ora quando la pioggia cessa del tutto. C’è vento e freddo. I ragazzi che devono cominciare la discesa si preparano. Loro ritorneranno passando sulla stessa via dell’andata per parecchie centinaia di metri e quindi gli chiediamo di darci informazioni di Sgobbo. Il tempo che loro escono dalla Bolla ed ecco che entra Sgobbotron esausto, con gli occhi grandi come cocomeri. Le sue prime parole: ragazzi, sono distrutto, ho freddo. Monster74 è tra noi il più esperto e gli da consigli per riprendersi rapidamente. Dopo essersi asciugato e cambiato, Sgobbo entra nel sacco a pelo. Ci vorranno parecchie ore perché smetta di tremare e riprenda le sue forze.
Fine della prima parte. Si perché da questo momento comincia un’altra straordinaria storia.
Passano le ore e noi siamo ancora dentro il sacco a pelo per recuperare una temperatura corporea decente. Le mani ed i piedi sono le parti più sensibili e difficili da riprendere. Però, recuperando, torna anche la voglia di vivere la nostra storia al 100% e cominciamo a scherzare e a parlare di (dis)avventure simili. Sgobbo è coricato nella brandina sopra la mia e continua a tremare, anche se meno di prima.
La maggior parte dei discorsi è di “ringraziamento” nei miei confronti, per aver organizzato il giro. Si parla spesso delle mie parti anatomiche più nascoste. Certo è divertente vedere “l’abbigliamento” di qualcuno che, avendo tutti gli indumenti fradici, resta in mutande nel vero senso della parola. Di tanto in tanto guardo fuori dall’oblò e mi sembra che la luce aumenti di intensità. Gli altri mi danno del matto. Ad un certo punto Monster74 trova il coraggio di uscire e ci dice di raggiungerlo. Facendo tanta fatica, ci infiliamo le
scarpe bagnate, cerchiamo di coprirci come meglio possiamo e, sfidando il vento, usciamo per contemplare un tramonto straordinario.
La luce riverbera a 360 gradi colorando le nuvole che sono tornate ad essere simili a pecorelle e stazionano a diverse centinaia di metri sotto di noi. La visibilità è perfetta e si può vedere in lontananza il mare. Raggiungiamo la croce in vetta e scattiamo tante foto. Il vento ed il freddo ci permettono di goderci questo spettacolo per non più di pochi minuti, poi rientriamo nel Bivacco e ci ributtiamo dentro i sacchi a pelo. Anche Sgobbo si è ripreso e si è goduto questo straordinario tramonto.
Ci proponiamo di riuscire con il buio, quindi ceniamo con la poca roba che ciascuno si è portato dietro e continuiamo a parlare e scherzare. Dentro al bivacco, appese nelle varie viti di fissaggio, i nostri indumenti bagnati sembrano palle di un albero di Natale.
Accendiamo le candele e raccontiamo varie storie.
Personalmente mi ha colpito quella raccontata da Monster74 circa la storia del Bivacco Pelino. La struttura infatti nacque negli anni 80 per volontà del CAI e fu dedicata ad Alfonso Pelino, presidente dello stesso CAI. La struttura però non era esattamente come la vediamo ora (la strana Bolla Rossa), ma una classica casetta di pietre. Il vento però scoperchiò più volte tale struttura e ancora ora sono visibili i segni delle mura rimanenti. Il Bivacco fu però sempre ricostruito per volontà dello stesso CAI, che alla fine studiò una forma che resistesse il più possibile al fortissimo vento. Ed ecco il grosso igloo rosso che vediamo oggi.
Ci sono state polemiche circa la necessità di tale struttura. In questo sito trovate qualche info
http://pollinowild.blogspot.it/2010/...lotta-del.html
Personalmente credo che quel Bivacco sia davvero indispensabile e sito nel posto migliore perché ben visibile al pellegrino che si trova in situazioni di emergenza. Forse a qualcuno può non piacere in quel contesto (io lo trovo invece davvero simpatico e comunque non invasivo) ma questa è una questione di gusti. Sicuramente può salvare la vita di qualcuno.
Sono le 20,30 quando decidiamo di uscire. Anche stavolta, nonostante il forte vento ed il freddo (il termometro diceva 6 gradi), il Monte Amaro ci regala una dolcissima visione: le nuvole sono sempre sotto di noi ma tra loro si scorgono le luci delle città, mentre la luna illumina le montagne circostanti. La Bolla Rossa, con gli oblò illuminati dalle candele, assume in quel contesto un fascino particolarissimo e suggestivo. Maxdrome Jr, appassionato di fotografia, non perde l’occasione per fare diversi scatti suggestivi, nonostante un abbigliamento improbabile (mutande e maglia leggera).
Rientriamo e l’umore è sempre più alto. La Natura prima ci ha spaventato ed ora ci ripaga con immagini straordinarie.
Una particolarità del Bivacco Pelino: nonostante sia una struttura davvero essenziale (ci si trovano dentro solo 8 brande con relative tavole; niente acqua, niente luce, niente di niente), risulta raggiungibile dal segnale telefonico, almeno ad intermittenza. Confortiamo gli amici che si preoccupano per noi. A loro volta veniamo confortati dalle previsioni meteo buone per l’indomani.
Siamo davvero stanchi e proviamo a dormire. Qualcuno ci riesce, nonostante il giorno dopo dichiari di non aver chiuso occhio, ma il suo pensante russare è stato percepito con chiarezza da tutti. Personalmente credo di essere stato solo sfiorato da Orfeo. Quelle tavole dure e improbabili posizioni mi costringevano a frequenti movimenti a cui si aggiunge la paura di cadere visto che ero in un letto a castello. Fuori il vento soffia fortissimo e ci assorda con la sua litania.
Sono le 5,30 quando Krypton esce e ci dice che comincia ad albeggiare. La maggior parte non trova la forza per sfidare nuovamente il vento ed il freddo. Io dopo un po’ mi alzo ed esco. Ecco un nuovo straordinario regalo della Natura: un’alba mai vista prima si manifesta ai nostri occhi.
Anche stavolta banchi di nuvole bianchissime stazionano centinaia di metri sotto di noi ma consentono a tratti di vedere le montagne ed il paesaggio circostante. Ricominciamo con le foto.
Noto che le nuvole sottostanti sono immobili e penso quindi che il vento sia un problema solo in vetta. Rientrati nella Bolla ci organizziamo per la discesa: verso le 8,30, si preparano i bagagli e si parte. Alle 7 devo uscire per fare pipì e noto con piacere che, nonostante il solito ventaccio, la temperatura è decisamente migliorata. Decido allora di stendere tutto quello che ancora devo indossare per la discesa e che è ancora fradicio:
protezioni, pantaloncini, guanti e scarpe. Effettivamente il vento, con il suo effetto phon, asciuga i materiali. Anche gli altri seguono il mio esempio.
Ci prepariamo per la discesa (ben 2400 negativi) dopo la foto di gruppo, vicini alla Bolla Rossa che ci ha ospitato e che nel frattempo abbiamo ripulito.
Scesi di circa 200 metri, raggiungiamo il Rifugio Manzini, il vento cessa del tutto e ci cominciamo a spogliare per il caldo.
Rapida visita al Rifugio (a detta di tutti decisamente peggiore della Bolla Rossa) e si riparte. Primo lungo tratto lungo sentieri ghiaiosi e ripidissimi, poi un vallone e finalmentei comincia la più bella discesa dell’Appennino. Che roba!!!! Si passa dal sentiero tutto curve, al bosco, ad un lunghissimo rock garden stupendo. Mai niente di banale, pochi tratti in cui si scende per passaggi troppo arditi, e per il resto divertimento allo stato puro.
Filmo tutto con la mia
GoPro mentre cominciamo a divertirci in sorpassi arditi. Qualche ribaltamento e tante risate. Gli ultimi chilometri sono straordinari e intensissimi, finché si entra in uno gola tra due pareti di roccia verticale altissime. E’ un passaggio largo circa 2 metri che si conclude innanzi ai ruderi di un antico monastero.
Sappiamo che la nostra avventura sta per finire. Qualche foto e dopo poca discesa siamo a destinazione, ci cambiamo e andiamo a rifocillarci. L’entusiasmo è alle stelle. Tutto lo spavento del giorno prima è stato miracolosamente rimosso.
Ci salutiamo felici e rientriamo a casa.
Dopo una bella doccia, racconto tutto a mia moglie e mia figlia, agli amici. Non ho fame, sono solo tanto stanco e mi butto sul letto. Credo di essermi addormentato nello stesso momento in cui ho poggiato la testa sul cuscino. Verso le 2 mi sveglio, provo una strana sensazione, mi sembra di essere ancora li con i miei 6 compagni. Ma c’è troppo silenzio, troppo caldo e capisco che sono a casa.
Il tempo passa, eppure un pezzo del mio cuore è ancora lassù, dentro una bolla rossa a 2800 metri di quota.
Tutte le mie foto
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Dedicata ai miei straordinari compagni di avventura Sergio, Federico, Remo, Fabio, Nicola e soprattutto all’eroe della Maiella Simone.