Dubito fortemente che si possa pretendere una accuratezza del 10% nella misura del tensionamento dei raggi.
Di conseguenza è una illusione sperare che siano tutti tesi alla stessa, identica maniera.
La problematica è insita nel principio di misura, che si affida alla flessione del raggio, con una base piuttosto corta; raggio che non può più essere considerato come un filo teso di flessibilità perfetta, situazione in cui la tensione è effettivamente in una relazione ben determinata con la freccia.
L'errore di misura è notevole, ed è influenzato da fattori quali la precisione del diametro del raggio, e dagli attriti vari che ci sono, tutt'altro che trascurabili.
Non dico che non serve a nulla, ma senza un uso ragionato è uno strumento quasi inutile.
I raggi non cedono sulla testa per eccessiva trazione, la rottura è per fatica e la fatica è più sensibile quando la tensione è bassa.
Un raggio teso provoca una deformazione rilevante nel mozzo ben prima di arrivare al limite della rottura.
Quando all'Ofmega provavamo a campione le flange dei mozzi in alcuni casi il foro si allargava al punto di far uscire la testa del raggio, negli altri comunque il rifollamento era tale che, anche se il raggio il raggio si rompeva prima, il mozzo era divenuto già inservibile prima della rottura.
Non parlo di mozzi di alta gamma in materiali esoterici, parlo di mozzi in lega leggera realizzati in ogni caso con alluminio di buona/ottima qualità (6082T6 forgiato).
Se questo accade al mozzo, pure il cerchio farebbe una brutta fine, con la rottura del foro e/o del nipplo.
Anche il cerchio, se la tensione è bassa, soffre di più le sollecitazioni, perché lo stato di compressione indotto dalla tensione dei raggi si oppone alla sollecitazione di flessione data dalle forze che si esercitano durante la marcia.
Ho cominciato a tirar
ruote (*) quando la maggior parte dei cerchi erano ancora a canale semplice e non a doppia camera, con quelle ruote era difficile salire oltre una certa tensione perché la ruota letteralmente "scoppiava" ovvero collassava per eccessivo carico di compressione; il collasso era istantaneo e catastrofico, se avveniva in corsa.
I cerchi e i raggi si rompevano per fatica con notevole facilità, bisognava andare di fino con il lavoro per trovare il giusto equilibrio, e i tensiometri non si sapeva che cosa fossero.
(*) ero studente all'università, mi spostavo in bicicletta e rompevo una ruota in media ogni 2 - 3 settimane, causa condizione delle strade, guida non proprio soft, e ovviamente perché doveva essere un catorcio sennò la rubavano subito, quindi per non spendere ho imparato recuperando qualsiasi rottame che avesse una parvenza di rotondità. Quando uno si fa le ossa con roba del genere, montare un cerchio a doppia camera di sezione generosa e stabile è quasi un giochetto da bambini.