Ok Market, come promesso, invio la seconda e parte del racconto relativo ai Metallica.
Non farò più sfacchinate del genere, le prossime volte (parlando di altre bands) sarò molto più
sintetico, ma oramai il discorso sui Metallica lo concluderò, in quanto iniziato in un certo modo.
Eravamo rimasti all'uscita del primo album Kill 'em All ed al successivo tour con il quale la band
iniziò a farsi conoscere; ci fu una data dal vivo anche a Milano, il 05/02/1984 al Teatro Tenda,
nella scaletta del Seven Dates Of Hell precedentemente citato.
Dopo questa tournee e la grande aspettativa creatasi attorno a loro i quattro cominciarono a ponderare
il successivo lavoro, che avrebbe dovuto essere, nelle intenzioni dichiarate più volte durante le
varie interviste rilasciate, molto heavy, sebbene con un approccio diverso dal precedente, cosa
che infatti avvenne eccome:
2) RIDE THE LIGHTNING (1984 - Megaforce Records / Music For Nations)
Dare un successore ad un disco come Kill 'em All non fu impresa facile: la maggior parte dei
thrashers dell'epoca, estasiati dall'impatto incredibile del debutto, si aspettavano un seguito
ancor più violento, o comunque stilisticamente simile al suo predecessore, ma una sorpresa
attendeva tutti gli ascoltatori, perchè i Metallica si dimostrarono più maturi e coraggiosi di
quanto si potesse allora immaginare. La band si trasferì in europa per le registrazioni di Ride
The Lightning; fu la volontà di Lars Ulrich (che è di origine danese) a determinare questa decisione,
così i quattro si ritrovarono con il producer Flemming Rasmussen e con il tecnico del suono Mark
Whitaker agli Sweet Silence Studios di Copenhagen, per produrre il loro secondo ed attesissimo
album. Nell'estate del 1984 (il 27 luglio) Ride The Lightning uscì sul mercato e le reazioni
furono immediate: l'album entrò subito nelle metal charts internazionali, ma le critiche non
tardarono: la scelta stilistica del gruppo si era orientata verso un sound più evoluto, ottenuto
con l'aumento della durata media dei brani e con una maggiore diversificazione degli stessi,
offrendo così un'espressività assai multiforme, accompagnata da una
cura molto maggiore nelle
composizioni rispetto a quanto mostrato nel debutto: ogni brano contenuto in quest'album merita
una descrizione, perchè possiede un'anima personale, molto ben definita e caratterizzata. Quel
che non piacque a molti ascoltatori intransigenti e ristretti nelle vedute fu proprio l'alter-
narsi di pezzi molto veloci in stile Bay Area quali l'opener Fight Fire With Fire o Trapped
Under Ice ad episodi decisamente diversi quali For Whom The Bells Toll e, soprattutto, Fade
To Black, a causa della sua impostazione più rallentata, con cantato melodico e utilizzo della
chitarra acustica (elementi che stridevano con la vocazione più speed-thrash che andava nascendo
sull'onda del primo disco in quel genere, che proprio i Metallica avevano un anno prima lanciato).
Lo spirito giovanile, l'impatto d'energia sprigionato dal debutto, accompagnato anche dalle
liriche meno impegnate, cedeva così il posto ad un lavoro più cupo, sotteso da una filosofia
molto più pessimista, ma anche più profonda, unita ad una maturità che non fu subito capita.
la grandezza di questo disco è indiscutibile secondo me, perchè è un altro esempio di originalità
stilistica e contiene un'espressività molto forte, oltre che ad un'identità precisa. Questo
album sarà il substrato per i successivi due lavori della band di San Francisco, ne costituirà
la matrice fondamentale dalla quale essi prenderanno forma.
La potenza devastante dell'opener Fight Fire With Fire (un brano che dovrebbe essere presente
nel live set della band, anche se purtroppo non lo è) cede il testimone alla title track Ride
The Lightning, scritta in collaborazione con l'ex Mustaine, la quale vanta oltre sei minuti di
durata nei quali si alternano momenti veloci a parti più ragionate, con un grandissimo solo di
Kirk Hammett nel mezzo, dapprima rallentato, poi veloce; il testo parlava della pena di morte,
tematica delicata e ancora attuale negli Stati Uniti. Il terzo pezzo For Whom The Bells Toll
mostrava appieno la nuova vena ultra heavy, cupa, più slow intrapresa dal gruppo: si trattava
di un brano veramente atipico per l'epoca, direi di genere indefinibile, davvero originale.
Si chiudeva il primo lato del vinile con la succitata Fade To Black: una dark heavy song
che presentava un inizio melodico, con il cantato accompagnato dalla chitarra acustica e da
un harmony solo di Hammett, al quale seguiva un break potente, fino a progredire in una
irresistibile escalation sempre più heavy, culminante con l'assolo finale (che andava sfumando).
A questo proposito va doverosamente puntualizzata una cosa: una parte degli assoli di chitarra
contenuti in Kill 'em All era di composizione di Mustaine e Kirk Hammet se li imparò nota per
nota! Questo impedì parzialmente al suo stile di essere espresso, ma su Ride The Lightning
si sente che gli assoli presentano delle differenze evidenti rispetto al debutto (pur senza
nulla togliere a Mustaine, che resta un gran chitarrista): la "farina del sacco" di Kirk
cominciava a far sentire la sua consistenza...
Il secondo lato del disco si apriva con un altro brano veloce intitolato Trapped Under Ice,
dalla durata non eccessiva ma con ottimo impatto, per poi proseguire con l'episodio più debole
dell'intero lavoro, cioè Escape, una song più semplice ed immediata nella struttura, dal tempo
mid, mai considerata (nè dalla band, nè dagli ascoltatori) quale episodio molto significativo;
ma ecco che con la successiva Creeping Death la tendenza tornava ad assestarsi sui livelli pre-
cedenti: questo brano (ancora oggi suonato dal vivo) è un esempio calzante ed esemplificativo
sul significato del termine power metal, grazie al suo andamento vivace ma non eccessivamente
veloce, contenente un impatto di prim'ordine, come un vero e proprio inno a cui fare riferi-
mento in questo tipo di genere musicale. Il break rallentato contenuto in questo brano, assieme
ad un'altro stacco di Trapped Under Ice suscitarono le polemiche di plagio di cui parlai in
precedenza, ma le accuse rivolte al Metallica erano comunque eccessive, perchè le parti "incriminate"
erano state scritte da Hammett ai tempi degli Exodus (e utilizzate in due loro brani intitolati
Die By This Hand e Hell's Breath) e poi riprese assieme ai Metallica: se da un lato ciò poteva
non essere del tutto corretto, nei confronti dell'ex band, rimane pur sempre il fatto che Hammett
utilizzò parti da lui scritte, senza appropriarsi di materiale altrui.
La song conclusiva dell'album era una strumentele di quasi nove minuti intitolata The Call Of
Ktulu, dall'atmosfera veramente oscura e sinistra, ispirata al celebre racconto del maestro
dell'horror cosmico H.P. Lovecraft (1890-1937): un vero classico, tra i migliori mai scritti
dalla band si San Francisco.
Ok, alla prossima puntata, con Master Of Puppets e (se riesco) ...And Justice For All!
N.B. Procurati i primi 4 lps dei Metallica, costi quel che costi!!!
Ciao.