Un breve periodo della mia vita ho lavorato poco, insegnavo poche ore in una scuola privata. Avevo appena finito università, fatta tutta lavorando 50 ore alla settimana. Per 3 mesi cambiai vita, un solo giorno alla settimana di lavoro. Una rovina! Quel solo giorno alla settimana mi rovinava gli altri 6. Per 6 giorni non facevo il cazzo che volevo, ma contavo i giorni che mancavano al maledetto mercoledì, dove insegnavo lettere a figli di papà ultras, pericolosi... (anche se scoprirono che - all'epoca - ero ben più pericoloso di loro, dopo una vita di educatore di strada): una merda. Ripresi a lavorare di brutto. Ora non so nemmeno quanto lavoro. Lavoro di giorno, di notte, se non dormo, lavoro in vacanza, e persino mentre vado in bici (ho sempre cuffiette e rispondo quasi sempre). Ho interrotto allenamenti per fare call sulle Manie con un ministro. Ho lavorato durante il covid 77, in una delle zone più rosse, giorni consecutivi (a Pasqua mi sono limitato a tornare a casa un po' prima) , e per 77 giorni ho fatto i
rulli a tutta per capire se ero infetto anch'io. Ho lavorato dopo 2 ore dall'operazione al cuore, e i medici chiedevano il permesso per visitarmi, non ho fatto convalescenza e sono andato al lavoro direttamente da ospedale. Ho lavorato dal letto di ospedale dopo una caduta da una scarpata. E quando non lavoro, aggiusto le bici, costruisco
ruote, o studio di tutto, dall'informatica, alla giurisprudenza, dalla statistica alla biologia. E il tempo che mi rimane, dormo, e mi sveglio presto, e trombo al mattino. Mi piace così, ed è molto meglio che sperare di non lavorare, tanto non accadrà. Qualcuno, che non ammiro, disse che bisognava amare il proprio destino. Tra le 1000 puttanate aforistiche, che disse, quella era giusta. Il mio destino è questo e io lo amo.