Mentre per i partecipanti della Gunn-Rita Marathon - Gf del Montello 2009 l'impegno e la fatica si sono esaurite in massimo 9 ore, per il team Pedali di Marca il lavoro continua almeno per un altro mese. Come d'altronde era incominciato almeno 8 mesi prima. Otto mesi fa, con la richiesta all'UCI (diventato poi il pomo della discordia di queste ultime settimane), di far valere la nostra manifestazione quale campionato italiano Marathon. Dopo tanto parlare alle spalle, e poco fare attivamente da parte di uno sparuto numero di atleti elite, ora è il momento di chiarire alcune importanti cose.
Lo scorso ottobre la seconda prova di Coppa del Mondo svoltasi in Francia era valida quale campionato francese Marathon. Da qui la nostra richiesta alla struttura internazionale, alla luce della fresca assegnazione del mondiale 2011 e del già in saccoccia Europeo 2010, di mantenere la titolazione di gara internazionale (così dal 2006 e unica in Italia di categoria C1 per il 2009) seppur campionato italiano. L'UCI accoglieva favorevolmente la nostra richiesta, ratificata poi, il 28 dicembre 2008, dal consiglio federale della FCI.
Qui la prima risposta che vorrei dare a quanti ci accusano di non averne mai dato comunicazione. Anzi, accusandoci di aver raggirato i regolamenti. I regolamenti sono stati perfettamente rispettati da Pedali di Marca. In difetto non siamo noi, ma piuttosto chi sostiene di non averlo saputo se non quindici giorni prima della gara. In Italia, quando si parla di codici, regole e regolamenti, l'ignoranza, intesa come il non sapere le cose per mancata informazione, non è ammessa. E non accettiamo neppure che la scelta venga definita 'commerciale' da parte proprio di alcuni e noti Team Manager che i calendari li conoscono perfettamente, ma solo per andare a battere cassa per tempo. Chi è più 'commerciale'?
Nei nostri comunicati stampa, fin dalla presentazione del trittico avvenuta il 13 dicembre, con guest star Roel Paulissen, si parlava appunto della gara internazionale abbinata al campionato nazionale. D'altronde se sospetto doveva esserci, poteva partire dal fatto che il rientro in gara, dopo la maternità, della nostra testimonial Gunn-Rita Dahle, era previsto per la gara a lei intitolata. Ma non come ospite, i regolamenti lo vietano, e Pedali di Marca i regolamenti li rispetta non li raggira. Il secondo momento 'pubblico' da parte della FCI è il comunicato nr. 41 del 19 marzo con il quale si annunciava che la gara Marathon Internazionale in calendario il 28 giugno 2009 a Montebelluna (TV) denominata Gunn Rita Marathon e valida per l'assegnazione del Campionato Italiano Marathon 2009 rinunciava per incompatibilità di sponsor alla 3° prova del circuito Marathon Tour 2009.
Ma la vera 'bomba' (ed usiamo i termini di guerra, visto che qualche atleta elite ha usato i nostri avi cha hanno difeso la linea del Piave per respingere lo straniero a similitudine dello sciopero contro l'atleta 'straniero') era preceduta da una 'granata' legata alla questione Expo. Abbiamo sempre promesso di dare al Campionato Italiano una grande visibilità e dignità, promettendo un protocollo importante e fastoso. Presenza di Rai, Sky, Mediaset e Sportitalia, per quanto riguarda la TV; Gazzetta dello Sport e Tuttosport, in primis per la carta stampata, non dimenticando tutti i siti web e le riviste di settore. Una manifestazione che, con tutto il rispetto per gli amici degli altri C.O., non ha eguali in Italia per quanto riguarda la risonanza mediatica.
Se abbiamo chiesto dei rimborsi per gli spazi che sarebbero andati ad essere occupati con mezzi e strutture, avevamo una duplice funzione. Primo, coprire i costi vivi che il C.O. andava a sostenere (energia elettrica, asporto rifiuti, tassa occupazione suolo pubblico, vigilanza); secondo, ripagarsi dell'immagine che avremmo garantito al mondo della MTB e soprattutto al vincitore dell'Italiano (chiedere allo sponsor presente sulla maglia del vincitore). La polemica veniva accesa con un comunicato firmato da vari Team inoltrato ad un noto web magazine. La cosa che ci ha stupito è che abbiamo avuto sempre rapporti quanto meno cordiali con atleti e Team Manager. Un attacco premeditato e vigliacco come questo non ce lo saremmo mai aspettato.
Bastava una telefonata, una di quelle telefonate che non mancano mai per chiedere soldi e rimborsi prima della gara.Comunque per il quieto vivere, il problema veniva gestito garantendo a tutti i Team uno spazio completamente gratuito ma privo dei servizi, una sorta di parcheggio, adiacente all'Expo, nel cuore nevralgico della manifestazione. Scoppiata la granata, rimaneva la bomba, la questione stranieri partenti all'italiano. Abbiamo già spiegato sopra i motivi, sottolineando come Pedali di Marca abbia osservato i regolamenti. Abbiamo cercato di gestire il problema dirottando gli stranieri sul percorso Marathon, ma essendo gara regionale, l'UCI ha bocciato la soluzione. Abbiamo proposto partenze sfalsate, ma sarebbe andato contro il programma gara. A 10 giorni dalla gara diventava veramente impossibile cambiare quanto fatto in 8 mesi.
Spiace perché ho più volte cercato di trovare una soluzione telefonando anche ai diretti interessati, ma purtroppo in più occasioni mi sono trovato contro un muro. Piuttosto che contattare per tempo l'organizzazione si è preferito scrivere alla Presidenza della Federazione, attaccando duramente sia il C.O. che l'Ente stesso, firmando la lettera 'Gli atleti della Nazionale Italiana'. Proprio uno di questi, atleta della nazionale Italiana, che al mondiale dello scorso anno a Villabassa, il sabato si ritira per importanti problemi fisici e la domenica ottiene un esaltante podio. Con quale coraggio firmarsi 'Atleti della Nazionale Italiana'? Con quale coraggio indossare ancora la maglia azzurra, togliendo magari la possibilità di partecipare ad un evento internazionale ad un atleta sicuramente più meritevole, quanto meno dal punto di vista dell'integrità morale?
Gli stessi atleti che al briefing del sabato sera, ascoltano e non replicano alle motivazioni legittime del C.O., gli stessi atleti che alla partenza della domenica mattina non hanno il coraggio di fare un passo avanti e spiegare al pubblico ignaro i motivi della protesta. Il tutto per assecondare qualcuno che pensa di essere arrivato alla Mountain Bike, carico di successi conseguiti lungo le strade del Giro d'Italia, per fare il sindacalista. Oppure per creare l'occasione propizia ed opportuna per giustificare la probabile fuga di un noto marchio dal mondo della MTB, solo perché questo 'circus' non è professionale e riservato solo ad un pubblico prettamente amatoriale.
Più volte ho dichiarato che i motivi della protesta erano legittimi da parte dei biker italiani, ma non era la protesta/sciopero la soluzione del problema. I regolamenti permettevano quanto fatto, bisognava arrivare al lunedì e dopodiché essere chiari in Federazione, richiedendo l'introduzione di una norma tale per cui 'Il Campionato non potrà essere per gli anni a venire gara internazionale, ma solo esclusivamente gara nazionale, con esclusione degli atleti tesserati UCI e degli atleti stranieri con tessera FCI'. Domenica non è stata 'infangata' solo l'organizzazione, ma è mancato il rispetto anche per il Campione del Mondo, per la maglia più importante che si possa trovare in ogni campo di gara. Il Campione del Mondo voleva correre con gli atleti italiani, e quest'ultimi hanno snobbato Roel Paulissen.
Abbiamo rifiutato il confronto con lo 'straniero' rimediando una bastonata di oltre 9 minuti, per poi scrivere 'che come i nostri nonni abbiamo combattuto sul Piave.... lo straniero....' (roba da matti). Ma le donne mica hanno fatto tutto questo polverone perché correva Gunn-Rita Dahle? Anzi, fino a Nervesa, un bel gruppetto di loro conducevano la gara trainate da Eva Lechner.Penso sia stata l'ennesima caduta di stile, una colpa che non colpisce tutti gli atleti elite, costretti a non partire perché bloccati nelle seconde file della griglia o perché timorosi di vendette in gara in un prossimo futuro. Qualcuno aveva dichiarato di venire a Montebelluna per vincere la gara, Paulissen o non Paulissen, gara internazionale o non. Vincere a Montebelluna, significava diventare campione Italiano e battere il campione del mondo.
Un intero movimento bloccato da un sindacalista della strada, da un atleta quasi a fine carriera alla ricerca degli ultimi ingaggi, da un direttore sportivo più abile come mercenario che non come responsabile di un team. Un fronte sgretolatosi dopo la linea del traguardo per la gioia di una maglia tricolore da baciare ed onorare nel prossimo anno, esprimendo ai quattro venti e alla stampa tutta la propria felicità. Un fronte sgretolatosi con le scuse ricevute il lunedì da molti atleti elite di primo ordine, ammettendo la cattiva gestione del problema. Un fronte sgretolatosi davanti all'ennesima lettera firmata gli Atleti Italiani Elite, ma non recante alcun nome. Ma la lettera dimostrava il sentimento anche di coloro che all'Italiano Marathon non avevano partecipato?
Come Pedali di Marca, non siamo esenti da colpe e me ne prendo tutte le responsabilità. Ma per un solo ed unico errore. Aver fatto arrivare il Classic prima della gara Extreme. Un errore evitabile, se solo la settimana, già difficile per se stessa, con un percorso flagellato dalle piogge, un ponte crollato e ricostruito di notte alla luce delle fotoelettriche almeno due volte, fosse stata vissuta con più tranquillità e lucidità. Lucidità venuta meno nel momento in cui veniva presa la decisione di rivedere parzialmente il percorso, apportando alcuni tagli, non ricordandosi di modificare le tabelle di marcia. Penso che per i molti l'evento di Montebelluna abbia riservato una pagina importante per la mountain bike italiana, ritengo che l'impegno profuso da Pedali di Marca sia stato encomiabile e assoluto. Questo impegno, e quanto fatto negli ultimi anni meritava più rispetto da parte di chi pensa di aver fatto la storia della MTB da solo.
Ancor più meschino il fatto di sentirsi dire che, con oltre duemila atleti al via, i soldi li facciamo. Dimenticando che ogni anno ci proponiamo con più eventi reinvestendo gli utili, mai negati, derivanti da queste manifestazioni, destinando grandi somme alla solidarietà (in primis il progetto legato ad un fratello) e creando grandi opportunità di visibilità per gli sponsor che portano sulla maglia. Gli stessi sponsor che, a detta di qualcuno, non avrebbero stimato quella maglia tricolore, arrivata seconda, terza o quarta, ma che sarebbe apparsa sulla Gazzetta dello Sport e sulle immagini Rai. E ai nostri sponsor, a quanti ci garantiscono importanti investimenti anche per gli anni a venire che ci condurranno ad un Mondiale, cosa dobbiamo raccontare?
Racconteremmo solo una cosa. Racconteremo che a Montebelluna due maglie iridate hanno tagliato vittoriose il traguardo, la miglior immagine per il nostro amato sport. Si è sempre guardato solo il lato negativo della cosa, non si è voluto guardare il rovescio della medaglia, ripeto, forse a giustificazione di certi giochi che qualcuno sta organizzando, senza avere però il motivo e pretesto per uscirne da vincente. Serve un passo indietro da parte di qualcuno. Nessun problema a lasciare Pedali di Marca, nessun problema a rinunciare all'organizzazione di un Europeo o di un Mondiale. Questa è la vita. Nessuno è insostituibile, ma tutti sono fondamentali per il buon esito di un unico progetto.
(Massimo Panighel - presidente C.O. Gunn Rita Marathon GF del Montello)