da un punto di vista concettuale trovo il sistema ottimamente ideato in termini ingegneristici e di design.
Al posto di comperare una bici elettrica si potrebbe in teoria, elettricizzare anche la bike con cui andiamo al lavoro, ed evitare di arrivare sudati marci alla riunione con il boss...
come si può apprezzare la bontà meccanica di fucile di precisione o l'affilatura di un coltello, gli oggetti in sè non sono nè buoni nè cattivi, può essere cattivo o scorretto l'uso che se ne fa.
Non intendo con quanto dirò di seguito prendere alcuna posizione sulla vicenda Cancellara.
Rispetto al doping classico questa è una scorrettezza che mi fa più sorridere, perchè mi sembra più l'inghippo di quello dei cartoni con il cane Mattley che sogghignava e brontolava... ma è pur sempre, se utilizzata in ambito gara, una grave scorrettezza avulsa da qualsiasi spirito sportivo e di lealtà al pari dell'Epo, del Cera, del Nandrolone e quant'altro. Ha il vantaggio se non altro di essere meno dannoso per la salute dei corridori.
Eticamente lo spunto vincente della bici è quello che l'energia di bordo siamo noi con il nostro cuore e i nostri polmoni e talvolta, quando i primi due vengono a mancare, con l'anima che sappiamo comunque metterci.
Ho sempre inteso la bici come libera da sovrastrutture e dipendenze... finchè uno ne ha nelle gambe lei va, e magari anche oltre se troviamo una discesa da sfruttare per andare avanti..
Quoto Sembola e gli altri che hanno detto che il motore non serve, se uno non ce la fa si ferma prima, punto.
Ma questa è la mia posizione, io sono venuto su ciclisticamente, nel bar consunto con la tenda a strisce di plastica, la foto del grande torino sulla scansia dei liquori e quella di Coppi e Bartali che si scambiavano la borraccia sull'Izoard a macchiare la parete della sala principale. Quando ero bimbo mi si raccontava la storia di
"Germania" che era tornato a piedi al paese quando era riuscito a scappare dal Lager tedesco nel bacino della Rhur dove lo avevano imprigionato a scavare..
Allora contava il cuore di uomini che non avevano il picco d'un quattrino in tasca ma salivano sulle montagne, adavano a vedere il mare, vivevano senza che la benzina o la corrente elettrica fossero le reali padrone della loro vita... forse vivevano male, forse non immaginavano nemmeno che un giorno sulle bici sarebbero arrivati i
freni a disco e i motorini elettrici occultati... non avevano nemmeno la pallida idea di cosa fosse una fibra di carbonio, convinti al più che fosse la cenere della carbonella utile a far funzionare il motore "autarchico" a gasogeno...
Però credo che le emozioni fossero le stesse, magari erano diverse le strade, le biciclette, il paesaggio, le medie orarie...
La cosa triste di questo millennio è che si è perso in molti casi (ma non univocamente per fortuna) il cuore o almeno il marchio che lasciava in esso, indelebile in forma di ricordo e orgoglio, l'impresa ardita,folle,romantica,avventurosa...onesta.