Stamattina mi sveglio e, come al solito, accendo il pc per vedere se c'è qualche novità o contrordine sul forum. Tutto ok, Alberto sembra online, gli altri no.
Nel frattempo si sveglia tutta l'allegra famigliola e, al contrario di altre domeniche, riusciamo a fare colazione tutti insieme. I miei figli sono sempre molto attivi nel fare domande e questo normalmente è un pregio: oggi equivale a interrompere continuamente quello che per me è un vero e proprio rituale: la vestizione ed il controllo della bici. Sono preciso in tal senso e sembro autistico per come eseguo certe operazioni di routine.
Ad un certo punto mi accorgo che è l'ora di andare, nel frattempo inizia in casa la solita discussione per chi studia alla scrivania ed a chi tocca invece la tavola in cucina. Anche mia moglie non scherza in questi frangenti, quindi decido di lasciare i tre
bambini ai loro capricci ed esco di fretta e furia prendendo la bici ancora fangosa dall'ultima uscita, dal davanti, in retromarcia fuori dalla porta.
Dico un "Ciao" e in tutta risposta alle urla aggiungo: "ragazzi c'è la porta aperta, almeno in questo momento cercate di non farvi riconoscere".
Arrivo in piazza Alberti e dopo poco arriva Alberto ... mi chiedo, se ci fossimo dati appuntamento in Via delle Zoccolette, chi avrei incontrato.
Saluti, baci, una breve attesa sufficiente per capire che tutti gli altri avevano disertato e via, verso Vincigliata, su strada asfaltata.
Poco prima della salita mi rendo conto della magnifica e calda giornata e mi fermo per togliere il paragola in pile: "Che fava" mi dico "non mi sono allacciato il casco" ... e invece il casco proprio non l'avevo messo. Non me ne ero accorto semplicemente perchè avevo la cuffia in windtex. Alberto si offre per tornare indietro e prestarmene uno dei suoi ma io, per non pesare, rifiuto e decido di proseguire. Tanto non si prospettava un giro tecnico.
Secondo me la bici, soprattutto in discesa, è 80% testa (intesa come sicurezza in se stessi, che si traduce in controllo), l'altro 20% distribuito tra tecnica e mezzo.
Mi sentivo nudo come un verme, legato, a pecora, in un campo zeppo di finocchi rigogliosi. E scusate i richiami alla natura.
La prima, semplicissima, discesa: un incubo, non esagero. Ma il peggio è stato quando, riprendendo una strada asfaltata in discesa, non mi accorgo della velocità, comunque relativa e, vedendo una Nissan SUV salire, nel pieno della mia insicurezza schiaccio entrambe le leve a fondo corsa su un asfalto viscido.
La
Cannondale è una gran bella bici, ma se decidi di non saperla usare diventa incontrollabile e quindi ha iniziato una serie di scodate molto pronunciate, mentre la macchina di fronte era sempre più vicina. In quell'attimo ho pensato ai miei a casa: "non ci siamo neppure salutati ...
e adesso, ciao".
Non so come, ho mollato i
freni per cercare di infilare nel fosso, ad un soffio dalla caduta, contro tutte le leggi della fisica, pur di non fare un frontale. Alberto era dietro.
Miracolo, tutto si è riassettato e ora sono qui a raccontare. Malumore a 1000. Scosso, più che altro.
Questa è stata una giornata da dimenticare ... anzi no! da ricordare ... DI METTERE IL CASCO, SEMPRE.
Non mi era mai successo prima.
Albe, oggi sono stato un peso in salita ... e pure in discesa. Grandioso.
Alla prossima.