Da oltre due ore spingiamo le bici su per questo ripido pendio senza tracce e senza alberi, avvolti nella nebbia delle Alpi Marittime. Saliamo come degli sciatori alpinisti, facendo numerosi zig-zag su un sentiero immaginario che ci dovrebbe portare al passo tanto desiderato, da cui potremo scollinare verso il rifugio Garelli. La nebbia non ci permette di vedere quanto manca alla fine di questo calvario, l’altimetro ci dà cifre sconsolanti che preferiamo ignorare. Guardo i miei tre compagni di viaggio arrancare in salita, mentre faccio una pausa. Dave è il più tonico di tutti, seguito da Lorenz. Gudrun, la nostra coraggiosa walkiria tedesca, è allo stremo delle forze. Siamo in giro da oltre dieci ore e, a parte qualche barretta energetica e un panino al salame già digeriti dai nostri stomaci gorgoglianti, non abbiamo mangiato niente. E dire che avevo reclutato i miei compagni con parole che facevano sognare di interminabili sentieri pedalabili e discese da sballo. “Sarà un giro indimenticabile”, scrissi loro nelle numerose email organizzative. Infatti.
Sentieri mozzafiato nella nebbia delle Alpi Marittime
L’inizio, un giorno fa a Ventimiglia, era stato molto promettente. Siamo partiti dalla spiaggia, con il rumore delle onde che faceva da colonna sonora sul lungomare della cittadina ligure. L’odore di salsedine ci accompagnava per un bel pezzo lungo la nostra salita verso il passo Muratone. Siamo passati attraverso molti strati di vegetazione, dalla macchia mediterranea ai pini di alta montagna. Fichi, more e uva ci hanno dato l’energia per superare gli oltre duemila metri di dislivello in salita della prima tappa. Alcuni tratti impegnativi, come alla Gola dell’Incisa, sono stati superati con le bici al fianco, data l’esposizione e la pendenza in salita del sentiero degli Alpini. Già ieri non abbiamo praticamente incontrato anima viva sul nostro percorso, se si eccettuano quattro escursionisti tedeschi a piedi. Le sorgenti d’acqua erano quasi tutte asciutte, e siamo arrivati con le borracce vuote ad una provvidenziale fontana alla Gola di Gouta. Un tipico caso da Camelbak da tre litri, se lo zaino non fosse pesante già di per sé. Prevediamo di stare in giro per circa dieci giorni in una zona dove praticamente non sarà possibile né trovare ricambi per le bici né usufruire di un veloce soccorso in caso di incidente. Pronto soccorso, vestiti da pioggia, cartine topografiche, camere d’aria, un copertone di riserva, tutti gli attrezzi immaginabili e una coperta d’alluminio a testa per bivacchi non pianificati riempiono i trenta litri dei nostri zaini. Proprio la coperta di alluminio mi fa tornare alla realtà dei fatti.
Gudrun ha trovato una pietra di confine comoda
Se va avanti così saremo costretti a bivaccare all’aperto, questa notte, mangiando i resti della polenta che ieri sera ci siamo fatti impacchettare dal gestore del rifugio Allavena. Sulla cartina è segnato un rifugio/bivacco: il Saracco Volante. Questi, come molti altri, è un rifugio senza gestore, le cui chiavi si trovano normalmente presso qualche sezione del CAI di un paese a valle. Non penso più di tanto al “Saracco”, piuttosto cerco la nostra posizione sulla cartina, non sapendo ancora che la giornata si concluderà in un modo totalmente imprevisto.
Nel mezzo del nulla
Gudrun è pallida e non parla più. La dieta forzata mostra i suoi effetti. Il passo non si vede e dovrebbero mancare ancora 300 metri di dislivello. Ammesso che troviamo il sentiero in questa brodaglia nebbiosa grigia e umida. In valle siamo scesi troppo in basso, facendoci prendere dall’euforia della discesa, e abbiamo mancato il bivio del sentiero che adesso stiamo cercando. Mi sento responsabile dell’inghippo e cammino a tutta velocità per trovare una traccia che ci riporti sulla retta via. I nervi tesi mi danno forza. I miei occhi scrutano la montagna attraverso la nebbia. Intravedo il Saracco Volante. È una casupola con un tetto rosso in lamiera. Improvvisamente si apre una porta ed una chioma bionda spunta fuori, tossendo e dicendo qualcosa che non capisco. Mi fiondo al rifugio e vedo una donna. Mi guarda con aria incredula, non dice niente. Non so se sia per la mountainbike o per i miei pantaloni corti in quest’aria fredda di inizio autunno. Le chiedo quanto manchi al rifugio Garelli. La risposta mi lascia di sasso “Oggi non ci arriverete mai. Con questa nebbia vi perderete. Questa mattina due escursionisti si sono già persi e sono stati ritrovati dal soccorso alpino.” Punto.
Insperata salvezza
“Possiamo dormire qui?” Le chiedo speranzoso. Mi invita ad entrare. La scena sembra tratta da un film sui cercatori d’oro. Otto persone occupano i quattro letti a castello del minirifugio. Chi dorme, chi beve, chi fuma. Barbe lunghe, maglioni con buchi vari, occhi più o meno arrossati, una pila di pentole da pulire. Sembra un centro sociale. Solo che qui siamo a più di tre ore di cammino dal primo paese. Quello che poi scoprirò chiamarsi Andrea, il più vecchio del gruppo, mi invita a sedermi e mi dice che se vogliamo possiamo dormire nel “Tumore”. Non so se ridere o piangere. Poi capisco l’ironia. Il “Tumore” sarebbe il rifugio invernale, dove troviamo altri otto letti e un numero imprecisato di coperte dell’esercito che hanno visto tempi migliori. Io e i miei tre compagni ci accampiamo alla bell’e meglio e torniamo nel rifugio vero e proprio alla ricerca di cibo. Pian piano l’atmosfera fra noi e l’altro gruppo si scioglie. Qualcuno si sveglia dal letargo diurno. Ci raccontano di essere un gruppo di speleologi che girano un documentario per la RAI sul sistema di grotte più grande d’Italia che si trova esattamente sotto i nostri piedi. Loro sono qui da sei settimane e questa è l’ultima sera che trascorreranno nel rifugio. Domani passerà un elicottero a prendere le loro vettovaglie e poi scenderanno a valle. Insomma, bisogna finire la roba da mangiare che avanza. Non sanno bene a chi lo dicono, penso io.
Il mattino dopo, dietro il rifugio Garelli
In men che non si dica bolle in pentola un mix indefinibile di minestre Knorr, vengono aperte scatolette di fagioli borlotti e si prosciuga una bottiglia di grappa. Il freddo viene dimenticato e l’atmosfera diventa bollente. Il fiasco di vino rosso gira a velocità sospette. In centro alla tavola, attorno a cui siedono ormai tutti, si trova una grossa tazza azzurra con la dicitura inglese stampata di lato: “MUG”. Per noi diventa la Misura Universale Generale, che riempiamo ad intervalli sempre più stretti di vino rosso. Ridiamo come dei pazzi, non so più se per effetto del vino o per la dirompente parlantina di Andrea. Fuori da questo covo soffia un vento gelido nelle tenebre di una notte senza luna. Più che in un Saracco ci troviamo in un disco volante. È una serata magica e ci sentiamo come dei naufraghi su una bellissima isola quasi deserta. Ad un’ora imprecisata, quando nessuno riesce più a centrare la porta, ci dirigiamo con fatica verso il nostro “tumore”, dove cadiamo in un sonno senza sogni sotto uno strato imprecisato di coperte. Dormiremo benissimo.
Il lago della Vacca prende il nome dalla vacca che ci è caduta dentro (?)
Il rombo dell’elicottero ci sveglia, con molta fatica scendiamo dal letto e diamo un’occhiata dalla finestra. Cielo terso, vento freddo. Perlomeno riusciamo a vedere il famigerato passo, su cui transitiamo un’ora dopo, sempre spingendo le bici. La variante del rifugio Garelli si rivela essere una lunga passeggiata, dove le bici non hanno nulla da perdere. Verrà cancellata dall’itinerario. Dopo quasi quattro ore passate a spingere le nostre due ruote per posti dimenticati da Dio arriviamo ad una vecchissima carrareccia militare pedalabile in salita. Il fischiare delle marmotte accompagna il nostro ritorno alla strada di frontiera fra Francia e Italia. Siamo a meno di cinque chilometri dal bivio presso cui abbiamo iniziato la variante del Garelli. Abbiamo compiuto un vero e proprio giro dell’oca, che però ci ha dato la possibilità di trascorrere una delle notti più indimenticabili della nostra vita di mountainbikers.
Sulla strada di frontiera fra Francia e Italia
Dopo il Saracco Volante il posto tappa della GTA (Grande Traversata delle Alpi) di Limonetto ci sembra il Grand Hotel. A tavola discutiamo su come andare avanti. A parte il primo giorno, con i suoi sentieri esposti e spettacolari, siamo piuttosto delusi del percorso. Modifichiamo il tracciato studiando le cartine. Non sappiamo ancora che in questo modo percorreremo dei singletracks assolutamente incredibili.
Il Col di Tenda
Il Col di Tenda con il suo immenso forte è il nostro punto di partenza della tappa successiva. La strada di frontiera, quasi piana in questo punto, viene usata per sgranchirci le gambe, prima che la nostra dose di avventura quotidiana cominci. Prendiamo una diramazione verso il Colle del Sabbione. Dopo qualche ripido tornante la carrareccia si trasforma in un bel sentiero quasi piano, in cui veniamo puntualmente inghiottiti dalle nuvole. Il lago della Vacca, idilliaca pozza d’acqua presso il Colle del Sabbione, scompare in questa nebbia felliniana e noi cominciamo a salire seguendo una spettacolare carrareccia militare in direzione Colle del Vei del Bouc.Gli stretti tornanti e il fondo in pietre smosse ci costringono a spingere di nuovo le bici per poco meno di un’ora. Passiamo il ricovero Vernasca, abbandonato. O almeno, così pensiamo noi. Mentre i miei compagni fanno una breve pausa mi inoltro fra le rovine e trovo una porta in ferro, nuova, che apro senza pensarci su molto. Mi trovo a disturbare una coppietta durante la sua colazione. Dopo due secondi di silenzio assoluto mi scappa da ridere, mi scuso per l’intrusione e vengo invitato a sedermi a tavola. Un’altra di quelle sorprese che ti lasciano a bocca aperta. Rifiuto l’invito. Ho già una fame da lupo, ma la tappa odierna è lunga e fra poco comincerà a piovere. Saluto i due e mi riavvio con i miei compagni verso il passo.
Bellissime strade militari dimenticate dal mondo
La discesa si scopre essere uno di quegli interminabili singletracks di cui abbiamo sognato. In certi punti il sentiero è franato, in altri ci sono sassi di grosse dimensioni che devono essere schivati come in uno slalom. In tutto ci mangiamo 1200 metri di dislivello in discesa prima di arrivare ad una strada sterrata. Fantastico. L’adrenalina pompa nelle nostre vene e noi siamo contenti come dei bambini che abbiano appena comprato un nuovo giocattolo.
La notte successiva andrebbe abbinata con quella del Saracco Volante. Ci troviamo presso il Grand Hotel delle Terme di Valdieri. Dopo un bagno turco nelle grotte naturali da cui sgorga dell’acqua a quasi 100° ci concediamo una cena a base di specialità piemontesi innaffiate da del Barbera. Ci sentiamo dei re, proprio come i Savoia a cui si deve la costruzione di questo albergo quasi due secoli fa.
Odiate le folle? Questo itinerario farà per voi
La casa di caccia di Vittorio Emanuele II
Il giorno dopo posiamo le nostre ruote tassellate sulla spettacolare strada militare che porta al rifugio Questa. La terrazza stradale, totalmente in pietra, è massiccia ed ha resistito ai secoli di intemperie e alla mancata manutenzione degli ultimi decenni. Cosa, quest’ultima, che si fa sentire. La strada è in alcuni punti completamente dissestata e percorribile in sella solo se si è in possesso di uno spiccato senso masochistico nei confronti delle proprie parti basse. La spettacolarità della militare raggiunge il suo apice dopo la Casa di Caccia fatta costruire da Vittorio Emanuele II (e ristrutturata nel 2003, al contrario della strada), quando passa prima su un ponte in legno d’epoca e subito dopo attraverso un tunnel scavato nella roccia, per poi inerpicarsi con aerei tornanti verso i laghi di Valscura, dove troviamo i resti delle caserme. La frontiera con la Francia è ora visibile e dista poche centinaia di metri di dislivello, da percorrere purtroppo con la bici al fianco dato lo stato di abbandono in cui si trova il sentiero. La discesa verso Isola 2000 e le altre due discese della giornata, rispettivamente dal Colle della Lombarda e dal Passo di Bravaria, coronano una tappa dura ma fantastica, con 2300 metri di dislivello in salita e quasi 3000 in discesa, tutti su sentiero.
La discesa verso Isola 2000
Arriviamo stremati ma iperfelici al posto tappa della GTA di Sambuco, dove ci lasciamo viziare dalle solite specialità piemontesi. Parlando con il figlio del gestore veniamo a conoscenza di un nuovo sentiero che il giorno dopo dovrebbe portarci, in salita, sulla strada che conduce al rifugio Gardetta. Questa era una delle grosse incognite del nostro percorso. Rincuorati andiamo a dormire e ci prepariamo moralmente ai 1400 metri di dislivello in salita in un colpo solo che dovremo affrontare la mattina successiva.
La Roc de la Meja vista dall'Altipiano del Gardetta
L’aria frizzante del mattino ci toglie di dosso la stanchezza accumulata nei giorni passati, mentre ci inerpichiamo in solitudine totale su una strada militare dalle pendenze umane e dal fondo quasi liscio. Vediamo il nuovo sentiero che ci è stato segnalato la sera precedente. Non si trova sulla cartina, ovviamente, e ci sorprende con un bel tratto in discesa con serpentine a cui si oppone subito dopo una salita con fondo sabbioso. Il rifugio Gardetta offre una delle poche occasioni di avere un pasto caldo in questo nostro viaggio nelle Alpi Occidentali. La pasta al sugo viene letteralmente divorata. Siamo diventate delle macchine durante questi giorni: mangiare, bere, pedalare, dormire. Una routine giornaliera che potrebbe sembrare noiosa, ma che invece regala delle soddisfazioni e delle emozioni semplicemente indimenticabili.
In direzione Chialvetta
Come quella della discesa dal Passo Gardetta fino al posto tappa della GTA di Chialvetta. Un sentiero lunghissimo caratterizzato da tutti gli ostacoli che fanno sognare ogni biker che si rispetti: tratti rocciosi, ghiaiosi, con fondo morbido, veloci, tecnici e chi più ne ha più ne metta. Ci godiamo questa cavalcata su due ruote insieme ad un gruppo di biker che conosciamo virtualmente attraverso il Forum. Abbiamo tutti un sorriso a 32 denti stampato in faccia quando ci salutiamo presso Chialvetta. Infatti noi siamo arrivati al nostro posto tappa, mentre gli altri continuano la discesa fino in valle. Sono le tre del pomeriggio e abbiamo tempo sufficiente per dedicarci ad un sano e meritato chill-out a base di birra sul balcone della vecchia casa in cui siamo alloggiati.
Il punto più alto dell'itinerario
Siamo in giro da sette giorni e non siamo ancora transitati sul punto più alto del nostro itinerario. La Valle Traversiera e i suoi 1600 metri di dislivello in salita in un colpo ci portano alla Capanna Sociale Carmagnola, a 2840 metri sul livello del mare. Un misto fra nuvole e sole ci accoglie lassù, fra bunker e chilometri di filo spinato lasciato per terra a ricordarci che anni fa c’era qualcuno che voleva combattere in questi bellissimi posti. In lontananza si intravede la piramide del Monviso, il nostro punto di arrivo. La discesa non è facile, seguendo delle tracce di sentiero su fini detriti morenici prima e in una stretta gola poi. Quando arriviamo al posto tappa della GTA di Chiesa siamo distrutti. L’arrivo della pioggia ci convince a fare un giorno di pausa in cui dormiamo a lungo e visitiamo i paesini semi abbandonati di questa zona.
In discesa verso il posto tappa GTA di Chiesa
Vogliamo essere freschi per il gran giorno, quello in cui arriveremo al cospetto del Monviso. Un solo scollinamento ci separa dal gigante, il Passo della Battagliola. Il sole splende, l’aria è tersa dopo la pioggia e noi siamo di nuovo tonici. Come in un film arriviamo al passo e davanti ai nostri occhi ecco stagliarsi pian piano il massiccio del Monviso, imbiancato dalla neve. Da adesso in poi la strada è solo in discesa fino alla stazione dei treni di Saluzzo. Un itinerario del genere non può finire senza un ultimo spettacolare sentiero, quello che scende fino a Pontechianale. Un fondo morbido e un’infinità di curve ci fanno gridare dalla gioia, un cocktail incredibile di sensazioni si impossessa di noi. Questo giro è un MUST per ogni biker.
Ce l'abbiamo fatta! Il Monviso davanti a noi
Testo e foto: www.marcotoniolo.com
Infomazioni
Lunghezza: 355 km
Dislivello in salita: 13.400 m.
Tappe: 7
Livello: difficile, sia dal punto di vista tecnico che della condizione fisica
Periodo migliore: luglio-settembre
Cartografia: carte 1:50000 dell’ IGC (Istituto Geografico Centrale) Nr. 14, 8,7,6
Viaggio di ritorno da Saluzzo a Ventimiglia: con il treno comodamente e con panorami spettacolari passando da Cuneo e per la Valle Roya. I treni regionali hanno tutti uno scompartimento per le bici. Tempo di percorrenza totale: 3,30 ore, cambiare treno a Cuneo. Prezzo compresa la bici: circa 12 Euro. Info: www.ferroviedellostato.it
Hotel a Ventimiglia: Hotel Kaly, Lungomare Trento e Trieste 67. Tel +39-0184-295218. Fax +39-0184-295118. Camera con colazione circa 35 Euro per persona. Si può lasciare l’auto presso il parcheggio dell’albergo. Spiaggia a 30 metri.
Website per i Posti Tappa GTA e i rifugi in Piemonte: http://www.provincia.cuneo.it/montagna/gta/rifugi/index.jsp
Importante: durante quasi tutte le tappe non si trovano rifugi in cui poter mangiare a mezzodì. Soprattutto durante le prime tappe l’acqua è difficile da trovare. Spesso il telefono cellulare non ha campo. Insomma: siate preparati ad ogni evenienza!
Prima Tappa: Ventimiglia – Rifugio Allavena
56 km, 2250 metri di dislivello in salita
Roadbook: Ventimiglia (0 m) – Nervia – Camporosso (strada asfaltata) – Dolceacqua –Ponte Barbaira – Ponte Raggio – C. Tramontina la Colla (il tutto su strade secondarie asfaltate) – Passo del Cane (sulla A.V.) – Bassa d’Abello – Colla Sgora – Gola di Gouta (acqua!) – Passo Muratone – Colle del Corvo – Passo di Fonte Dragurina (1/2 ora spingere in salita) – Gola dell’Incisa (sentiero esposto con pezzi a spinta) – Passo della Valletta – Rifugio Allavena (1545 m). Tel +39- 0184 241155
Seconda Tappa: Rifugio Allavena – Limonetto GTA
34 km, 1600 metri di dislivello in salita
Roadbook: Rifugio Allavena (1545 m) – Rifugio Monte Grai (abbandonato) – Passo di Collardente – Passo Tanarello – Cima Ventosa – Cima Missun – Cima di Velega – Colle Selle Vecchia (il sentiero in cresta ha molti pezzi a spinta in salita. Se il tempo è brutto seguire la strada “principale”) – Passo Framargal – Colle dei Signori – Col della Perla – Colle Tenda – Limonetto GTA (1294 m, seguitre il sentiero GTA - singletrail ). GTA presso il Ristorante Aquila Blu, Via Provinciale, 29 – Limonetto. Tel +39-0171-928170
Terza Tappa: Limonetto GTA – Terme di Valdieri GTA
50 km, 2120 metri di dislivello in salita
Roadbook: Limonetto GTA (1294 m) - Col di Tenda – Baisse de Peyrefique – Colle ovest del Sabbione – Colle del Vei del Bouc (passando per il Ricovero Vernasca su un vecchio sentiero militare, circa 1 ora spingere) – S. Giacomo (singletrail lunghissimo, parecchie frane sul sentiero stesso) - Val di Gesso – GTA Terme di Valdieri (sulla strada asfaltata, 1368 m). Tel +39-0171-261666 (Reception presso il Grand Hotel Terme di Valdieri)
Quarta Tappa: Terme di Valdieri GTA – Sambuco GTA
52 km, 2385 metri di dislivello in salita
Roadbook: GTA Terme di Valdieri (1368 m) – Reale Casa di Caccia (in Valle di Valasco, su una vecchia strada militare, a tratti molto dissestata) – Laghi di Valscura (seguire la GTA, a tratti molto dissestato e con pezzi a spinta) – Bassa del Druos (dai Laghi di Valscura circa 40 minuti spingere) – Isola 2000 (seguire prima la GTA, poi lasciare questa e proseguire diritti fino alle piste da sci, su cui si scende. La GTA diventa più tardi impedalabile. La cartina è imprecisa) - Colle della Lombarda (strada asfaltata) – pista sterrata fino a la Margheria – S. Anna di Vinadio – Passo di Bravaria (segnavia P17, 40 minuti a spinta) – Bagni di Vinadio (segnavia P16, singletrail infinito) – Tetti di Trocello – Besaut (sulla destra orografica della valle) – GTA Sambuco (1135 m). GTA presso l’Albergo La Pace Via Umberto, 34 - 12010 Sambuco. Tel +39-0171-96628. Grande cuoco!
Quinta Tappa: Sambuco GTA – Chialvetta GTA
40 km, 1690 metri di dislivello in salita
Roadbook: GTA Sambuco (1135 m) – Moriglione S. Lorenzo – continuare sulla bella sterrata fino ad una quota di 1910 metri (la strada è segnata come sentiero sulla cartina). Qui un sentiero di nuova costruzione (anno 2003) scende sulla vostra destra con diversi zig-zag. Seguirlo (di seguito in salita con fondo sabbioso – 15 minuti spingere) fino a giungere alla sterrata ben visibile poco dopo il Gias Piconiera – Colle Cologna – Rifugio Gardetta – Passo Gardetta – Prato Ciorliero (super singletrail) – GTA Chialvetta (1494 m, sul Percorso Occitano, vecchia carrareccia). Tel +39- 0171-99017
Sesta Tappa: Chialvetta GTA – Chiesa GTA
36 km, 1680 metri di dislivello in salita
Roadbook: GTA Chialvetta (1494 m) – Frere (sempre seguendo il percorso occitano) – Acceglio – Villar – Lausetto – Madonna delle Grazie (in Valle Traversiera) – Capanna Sociale Carmagnola (abbandonata, punto più alto dell’itinerario con 2840 m) – seguire il segnavia T11 in discesa (tracce! Attenzione all’inizio, kilometri di filo spinato per terra!) – seguire il segnavia U27 (sentiero in parte difficile) – Chianale – GTA Chiesa (1480 m, strada asfaltata). Tel +39- 0175-956026
Settima Tappa: Chiesa GTA - Saluzzo
66 km, 860 metri di dislivello in salita
Roadbook: GTA Chiesa (1480 m) – Rostolina San Giacomo – Passo della Battagliola (superpanorama del Monviso) –Pontechianale (sul sentiero che scende verso il lago) – Castello (sul lato orografico destro del lago) – Casteldelfino (seguire la vecchia carrareccia. Questa si prende all’inizio del paese di Castello sulla destra direttamente dalla strada principale) – Sampeyre – stazione dei treni di Saluzzo (sulla statale. Circa 40 km in discesa ed in pianura).
Sentieri mozzafiato nella nebbia delle Alpi Marittime
L’inizio, un giorno fa a Ventimiglia, era stato molto promettente. Siamo partiti dalla spiaggia, con il rumore delle onde che faceva da colonna sonora sul lungomare della cittadina ligure. L’odore di salsedine ci accompagnava per un bel pezzo lungo la nostra salita verso il passo Muratone. Siamo passati attraverso molti strati di vegetazione, dalla macchia mediterranea ai pini di alta montagna. Fichi, more e uva ci hanno dato l’energia per superare gli oltre duemila metri di dislivello in salita della prima tappa. Alcuni tratti impegnativi, come alla Gola dell’Incisa, sono stati superati con le bici al fianco, data l’esposizione e la pendenza in salita del sentiero degli Alpini. Già ieri non abbiamo praticamente incontrato anima viva sul nostro percorso, se si eccettuano quattro escursionisti tedeschi a piedi. Le sorgenti d’acqua erano quasi tutte asciutte, e siamo arrivati con le borracce vuote ad una provvidenziale fontana alla Gola di Gouta. Un tipico caso da Camelbak da tre litri, se lo zaino non fosse pesante già di per sé. Prevediamo di stare in giro per circa dieci giorni in una zona dove praticamente non sarà possibile né trovare ricambi per le bici né usufruire di un veloce soccorso in caso di incidente. Pronto soccorso, vestiti da pioggia, cartine topografiche, camere d’aria, un copertone di riserva, tutti gli attrezzi immaginabili e una coperta d’alluminio a testa per bivacchi non pianificati riempiono i trenta litri dei nostri zaini. Proprio la coperta di alluminio mi fa tornare alla realtà dei fatti.
Gudrun ha trovato una pietra di confine comoda
Se va avanti così saremo costretti a bivaccare all’aperto, questa notte, mangiando i resti della polenta che ieri sera ci siamo fatti impacchettare dal gestore del rifugio Allavena. Sulla cartina è segnato un rifugio/bivacco: il Saracco Volante. Questi, come molti altri, è un rifugio senza gestore, le cui chiavi si trovano normalmente presso qualche sezione del CAI di un paese a valle. Non penso più di tanto al “Saracco”, piuttosto cerco la nostra posizione sulla cartina, non sapendo ancora che la giornata si concluderà in un modo totalmente imprevisto.
Nel mezzo del nulla
Gudrun è pallida e non parla più. La dieta forzata mostra i suoi effetti. Il passo non si vede e dovrebbero mancare ancora 300 metri di dislivello. Ammesso che troviamo il sentiero in questa brodaglia nebbiosa grigia e umida. In valle siamo scesi troppo in basso, facendoci prendere dall’euforia della discesa, e abbiamo mancato il bivio del sentiero che adesso stiamo cercando. Mi sento responsabile dell’inghippo e cammino a tutta velocità per trovare una traccia che ci riporti sulla retta via. I nervi tesi mi danno forza. I miei occhi scrutano la montagna attraverso la nebbia. Intravedo il Saracco Volante. È una casupola con un tetto rosso in lamiera. Improvvisamente si apre una porta ed una chioma bionda spunta fuori, tossendo e dicendo qualcosa che non capisco. Mi fiondo al rifugio e vedo una donna. Mi guarda con aria incredula, non dice niente. Non so se sia per la mountainbike o per i miei pantaloni corti in quest’aria fredda di inizio autunno. Le chiedo quanto manchi al rifugio Garelli. La risposta mi lascia di sasso “Oggi non ci arriverete mai. Con questa nebbia vi perderete. Questa mattina due escursionisti si sono già persi e sono stati ritrovati dal soccorso alpino.” Punto.
Insperata salvezza
“Possiamo dormire qui?” Le chiedo speranzoso. Mi invita ad entrare. La scena sembra tratta da un film sui cercatori d’oro. Otto persone occupano i quattro letti a castello del minirifugio. Chi dorme, chi beve, chi fuma. Barbe lunghe, maglioni con buchi vari, occhi più o meno arrossati, una pila di pentole da pulire. Sembra un centro sociale. Solo che qui siamo a più di tre ore di cammino dal primo paese. Quello che poi scoprirò chiamarsi Andrea, il più vecchio del gruppo, mi invita a sedermi e mi dice che se vogliamo possiamo dormire nel “Tumore”. Non so se ridere o piangere. Poi capisco l’ironia. Il “Tumore” sarebbe il rifugio invernale, dove troviamo altri otto letti e un numero imprecisato di coperte dell’esercito che hanno visto tempi migliori. Io e i miei tre compagni ci accampiamo alla bell’e meglio e torniamo nel rifugio vero e proprio alla ricerca di cibo. Pian piano l’atmosfera fra noi e l’altro gruppo si scioglie. Qualcuno si sveglia dal letargo diurno. Ci raccontano di essere un gruppo di speleologi che girano un documentario per la RAI sul sistema di grotte più grande d’Italia che si trova esattamente sotto i nostri piedi. Loro sono qui da sei settimane e questa è l’ultima sera che trascorreranno nel rifugio. Domani passerà un elicottero a prendere le loro vettovaglie e poi scenderanno a valle. Insomma, bisogna finire la roba da mangiare che avanza. Non sanno bene a chi lo dicono, penso io.
Il mattino dopo, dietro il rifugio Garelli
In men che non si dica bolle in pentola un mix indefinibile di minestre Knorr, vengono aperte scatolette di fagioli borlotti e si prosciuga una bottiglia di grappa. Il freddo viene dimenticato e l’atmosfera diventa bollente. Il fiasco di vino rosso gira a velocità sospette. In centro alla tavola, attorno a cui siedono ormai tutti, si trova una grossa tazza azzurra con la dicitura inglese stampata di lato: “MUG”. Per noi diventa la Misura Universale Generale, che riempiamo ad intervalli sempre più stretti di vino rosso. Ridiamo come dei pazzi, non so più se per effetto del vino o per la dirompente parlantina di Andrea. Fuori da questo covo soffia un vento gelido nelle tenebre di una notte senza luna. Più che in un Saracco ci troviamo in un disco volante. È una serata magica e ci sentiamo come dei naufraghi su una bellissima isola quasi deserta. Ad un’ora imprecisata, quando nessuno riesce più a centrare la porta, ci dirigiamo con fatica verso il nostro “tumore”, dove cadiamo in un sonno senza sogni sotto uno strato imprecisato di coperte. Dormiremo benissimo.
Il lago della Vacca prende il nome dalla vacca che ci è caduta dentro (?)
Il rombo dell’elicottero ci sveglia, con molta fatica scendiamo dal letto e diamo un’occhiata dalla finestra. Cielo terso, vento freddo. Perlomeno riusciamo a vedere il famigerato passo, su cui transitiamo un’ora dopo, sempre spingendo le bici. La variante del rifugio Garelli si rivela essere una lunga passeggiata, dove le bici non hanno nulla da perdere. Verrà cancellata dall’itinerario. Dopo quasi quattro ore passate a spingere le nostre due ruote per posti dimenticati da Dio arriviamo ad una vecchissima carrareccia militare pedalabile in salita. Il fischiare delle marmotte accompagna il nostro ritorno alla strada di frontiera fra Francia e Italia. Siamo a meno di cinque chilometri dal bivio presso cui abbiamo iniziato la variante del Garelli. Abbiamo compiuto un vero e proprio giro dell’oca, che però ci ha dato la possibilità di trascorrere una delle notti più indimenticabili della nostra vita di mountainbikers.
Sulla strada di frontiera fra Francia e Italia
Dopo il Saracco Volante il posto tappa della GTA (Grande Traversata delle Alpi) di Limonetto ci sembra il Grand Hotel. A tavola discutiamo su come andare avanti. A parte il primo giorno, con i suoi sentieri esposti e spettacolari, siamo piuttosto delusi del percorso. Modifichiamo il tracciato studiando le cartine. Non sappiamo ancora che in questo modo percorreremo dei singletracks assolutamente incredibili.
Il Col di Tenda
Il Col di Tenda con il suo immenso forte è il nostro punto di partenza della tappa successiva. La strada di frontiera, quasi piana in questo punto, viene usata per sgranchirci le gambe, prima che la nostra dose di avventura quotidiana cominci. Prendiamo una diramazione verso il Colle del Sabbione. Dopo qualche ripido tornante la carrareccia si trasforma in un bel sentiero quasi piano, in cui veniamo puntualmente inghiottiti dalle nuvole. Il lago della Vacca, idilliaca pozza d’acqua presso il Colle del Sabbione, scompare in questa nebbia felliniana e noi cominciamo a salire seguendo una spettacolare carrareccia militare in direzione Colle del Vei del Bouc.Gli stretti tornanti e il fondo in pietre smosse ci costringono a spingere di nuovo le bici per poco meno di un’ora. Passiamo il ricovero Vernasca, abbandonato. O almeno, così pensiamo noi. Mentre i miei compagni fanno una breve pausa mi inoltro fra le rovine e trovo una porta in ferro, nuova, che apro senza pensarci su molto. Mi trovo a disturbare una coppietta durante la sua colazione. Dopo due secondi di silenzio assoluto mi scappa da ridere, mi scuso per l’intrusione e vengo invitato a sedermi a tavola. Un’altra di quelle sorprese che ti lasciano a bocca aperta. Rifiuto l’invito. Ho già una fame da lupo, ma la tappa odierna è lunga e fra poco comincerà a piovere. Saluto i due e mi riavvio con i miei compagni verso il passo.
Bellissime strade militari dimenticate dal mondo
La discesa si scopre essere uno di quegli interminabili singletracks di cui abbiamo sognato. In certi punti il sentiero è franato, in altri ci sono sassi di grosse dimensioni che devono essere schivati come in uno slalom. In tutto ci mangiamo 1200 metri di dislivello in discesa prima di arrivare ad una strada sterrata. Fantastico. L’adrenalina pompa nelle nostre vene e noi siamo contenti come dei bambini che abbiano appena comprato un nuovo giocattolo.
La notte successiva andrebbe abbinata con quella del Saracco Volante. Ci troviamo presso il Grand Hotel delle Terme di Valdieri. Dopo un bagno turco nelle grotte naturali da cui sgorga dell’acqua a quasi 100° ci concediamo una cena a base di specialità piemontesi innaffiate da del Barbera. Ci sentiamo dei re, proprio come i Savoia a cui si deve la costruzione di questo albergo quasi due secoli fa.
Odiate le folle? Questo itinerario farà per voi
La casa di caccia di Vittorio Emanuele II
Il giorno dopo posiamo le nostre ruote tassellate sulla spettacolare strada militare che porta al rifugio Questa. La terrazza stradale, totalmente in pietra, è massiccia ed ha resistito ai secoli di intemperie e alla mancata manutenzione degli ultimi decenni. Cosa, quest’ultima, che si fa sentire. La strada è in alcuni punti completamente dissestata e percorribile in sella solo se si è in possesso di uno spiccato senso masochistico nei confronti delle proprie parti basse. La spettacolarità della militare raggiunge il suo apice dopo la Casa di Caccia fatta costruire da Vittorio Emanuele II (e ristrutturata nel 2003, al contrario della strada), quando passa prima su un ponte in legno d’epoca e subito dopo attraverso un tunnel scavato nella roccia, per poi inerpicarsi con aerei tornanti verso i laghi di Valscura, dove troviamo i resti delle caserme. La frontiera con la Francia è ora visibile e dista poche centinaia di metri di dislivello, da percorrere purtroppo con la bici al fianco dato lo stato di abbandono in cui si trova il sentiero. La discesa verso Isola 2000 e le altre due discese della giornata, rispettivamente dal Colle della Lombarda e dal Passo di Bravaria, coronano una tappa dura ma fantastica, con 2300 metri di dislivello in salita e quasi 3000 in discesa, tutti su sentiero.
La discesa verso Isola 2000
Arriviamo stremati ma iperfelici al posto tappa della GTA di Sambuco, dove ci lasciamo viziare dalle solite specialità piemontesi. Parlando con il figlio del gestore veniamo a conoscenza di un nuovo sentiero che il giorno dopo dovrebbe portarci, in salita, sulla strada che conduce al rifugio Gardetta. Questa era una delle grosse incognite del nostro percorso. Rincuorati andiamo a dormire e ci prepariamo moralmente ai 1400 metri di dislivello in salita in un colpo solo che dovremo affrontare la mattina successiva.
La Roc de la Meja vista dall'Altipiano del Gardetta
L’aria frizzante del mattino ci toglie di dosso la stanchezza accumulata nei giorni passati, mentre ci inerpichiamo in solitudine totale su una strada militare dalle pendenze umane e dal fondo quasi liscio. Vediamo il nuovo sentiero che ci è stato segnalato la sera precedente. Non si trova sulla cartina, ovviamente, e ci sorprende con un bel tratto in discesa con serpentine a cui si oppone subito dopo una salita con fondo sabbioso. Il rifugio Gardetta offre una delle poche occasioni di avere un pasto caldo in questo nostro viaggio nelle Alpi Occidentali. La pasta al sugo viene letteralmente divorata. Siamo diventate delle macchine durante questi giorni: mangiare, bere, pedalare, dormire. Una routine giornaliera che potrebbe sembrare noiosa, ma che invece regala delle soddisfazioni e delle emozioni semplicemente indimenticabili.
In direzione Chialvetta
Come quella della discesa dal Passo Gardetta fino al posto tappa della GTA di Chialvetta. Un sentiero lunghissimo caratterizzato da tutti gli ostacoli che fanno sognare ogni biker che si rispetti: tratti rocciosi, ghiaiosi, con fondo morbido, veloci, tecnici e chi più ne ha più ne metta. Ci godiamo questa cavalcata su due ruote insieme ad un gruppo di biker che conosciamo virtualmente attraverso il Forum. Abbiamo tutti un sorriso a 32 denti stampato in faccia quando ci salutiamo presso Chialvetta. Infatti noi siamo arrivati al nostro posto tappa, mentre gli altri continuano la discesa fino in valle. Sono le tre del pomeriggio e abbiamo tempo sufficiente per dedicarci ad un sano e meritato chill-out a base di birra sul balcone della vecchia casa in cui siamo alloggiati.
Il punto più alto dell'itinerario
Siamo in giro da sette giorni e non siamo ancora transitati sul punto più alto del nostro itinerario. La Valle Traversiera e i suoi 1600 metri di dislivello in salita in un colpo ci portano alla Capanna Sociale Carmagnola, a 2840 metri sul livello del mare. Un misto fra nuvole e sole ci accoglie lassù, fra bunker e chilometri di filo spinato lasciato per terra a ricordarci che anni fa c’era qualcuno che voleva combattere in questi bellissimi posti. In lontananza si intravede la piramide del Monviso, il nostro punto di arrivo. La discesa non è facile, seguendo delle tracce di sentiero su fini detriti morenici prima e in una stretta gola poi. Quando arriviamo al posto tappa della GTA di Chiesa siamo distrutti. L’arrivo della pioggia ci convince a fare un giorno di pausa in cui dormiamo a lungo e visitiamo i paesini semi abbandonati di questa zona.
In discesa verso il posto tappa GTA di Chiesa
Vogliamo essere freschi per il gran giorno, quello in cui arriveremo al cospetto del Monviso. Un solo scollinamento ci separa dal gigante, il Passo della Battagliola. Il sole splende, l’aria è tersa dopo la pioggia e noi siamo di nuovo tonici. Come in un film arriviamo al passo e davanti ai nostri occhi ecco stagliarsi pian piano il massiccio del Monviso, imbiancato dalla neve. Da adesso in poi la strada è solo in discesa fino alla stazione dei treni di Saluzzo. Un itinerario del genere non può finire senza un ultimo spettacolare sentiero, quello che scende fino a Pontechianale. Un fondo morbido e un’infinità di curve ci fanno gridare dalla gioia, un cocktail incredibile di sensazioni si impossessa di noi. Questo giro è un MUST per ogni biker.
Ce l'abbiamo fatta! Il Monviso davanti a noi
Testo e foto: www.marcotoniolo.com
Infomazioni
Lunghezza: 355 km
Dislivello in salita: 13.400 m.
Tappe: 7
Livello: difficile, sia dal punto di vista tecnico che della condizione fisica
Periodo migliore: luglio-settembre
Cartografia: carte 1:50000 dell’ IGC (Istituto Geografico Centrale) Nr. 14, 8,7,6
Viaggio di ritorno da Saluzzo a Ventimiglia: con il treno comodamente e con panorami spettacolari passando da Cuneo e per la Valle Roya. I treni regionali hanno tutti uno scompartimento per le bici. Tempo di percorrenza totale: 3,30 ore, cambiare treno a Cuneo. Prezzo compresa la bici: circa 12 Euro. Info: www.ferroviedellostato.it
Hotel a Ventimiglia: Hotel Kaly, Lungomare Trento e Trieste 67. Tel +39-0184-295218. Fax +39-0184-295118. Camera con colazione circa 35 Euro per persona. Si può lasciare l’auto presso il parcheggio dell’albergo. Spiaggia a 30 metri.
Website per i Posti Tappa GTA e i rifugi in Piemonte: http://www.provincia.cuneo.it/montagna/gta/rifugi/index.jsp
Importante: durante quasi tutte le tappe non si trovano rifugi in cui poter mangiare a mezzodì. Soprattutto durante le prime tappe l’acqua è difficile da trovare. Spesso il telefono cellulare non ha campo. Insomma: siate preparati ad ogni evenienza!
Prima Tappa: Ventimiglia – Rifugio Allavena
56 km, 2250 metri di dislivello in salita
Roadbook: Ventimiglia (0 m) – Nervia – Camporosso (strada asfaltata) – Dolceacqua –Ponte Barbaira – Ponte Raggio – C. Tramontina la Colla (il tutto su strade secondarie asfaltate) – Passo del Cane (sulla A.V.) – Bassa d’Abello – Colla Sgora – Gola di Gouta (acqua!) – Passo Muratone – Colle del Corvo – Passo di Fonte Dragurina (1/2 ora spingere in salita) – Gola dell’Incisa (sentiero esposto con pezzi a spinta) – Passo della Valletta – Rifugio Allavena (1545 m). Tel +39- 0184 241155
Seconda Tappa: Rifugio Allavena – Limonetto GTA
34 km, 1600 metri di dislivello in salita
Roadbook: Rifugio Allavena (1545 m) – Rifugio Monte Grai (abbandonato) – Passo di Collardente – Passo Tanarello – Cima Ventosa – Cima Missun – Cima di Velega – Colle Selle Vecchia (il sentiero in cresta ha molti pezzi a spinta in salita. Se il tempo è brutto seguire la strada “principale”) – Passo Framargal – Colle dei Signori – Col della Perla – Colle Tenda – Limonetto GTA (1294 m, seguitre il sentiero GTA - singletrail ). GTA presso il Ristorante Aquila Blu, Via Provinciale, 29 – Limonetto. Tel +39-0171-928170
Terza Tappa: Limonetto GTA – Terme di Valdieri GTA
50 km, 2120 metri di dislivello in salita
Roadbook: Limonetto GTA (1294 m) - Col di Tenda – Baisse de Peyrefique – Colle ovest del Sabbione – Colle del Vei del Bouc (passando per il Ricovero Vernasca su un vecchio sentiero militare, circa 1 ora spingere) – S. Giacomo (singletrail lunghissimo, parecchie frane sul sentiero stesso) - Val di Gesso – GTA Terme di Valdieri (sulla strada asfaltata, 1368 m). Tel +39-0171-261666 (Reception presso il Grand Hotel Terme di Valdieri)
Quarta Tappa: Terme di Valdieri GTA – Sambuco GTA
52 km, 2385 metri di dislivello in salita
Roadbook: GTA Terme di Valdieri (1368 m) – Reale Casa di Caccia (in Valle di Valasco, su una vecchia strada militare, a tratti molto dissestata) – Laghi di Valscura (seguire la GTA, a tratti molto dissestato e con pezzi a spinta) – Bassa del Druos (dai Laghi di Valscura circa 40 minuti spingere) – Isola 2000 (seguire prima la GTA, poi lasciare questa e proseguire diritti fino alle piste da sci, su cui si scende. La GTA diventa più tardi impedalabile. La cartina è imprecisa) - Colle della Lombarda (strada asfaltata) – pista sterrata fino a la Margheria – S. Anna di Vinadio – Passo di Bravaria (segnavia P17, 40 minuti a spinta) – Bagni di Vinadio (segnavia P16, singletrail infinito) – Tetti di Trocello – Besaut (sulla destra orografica della valle) – GTA Sambuco (1135 m). GTA presso l’Albergo La Pace Via Umberto, 34 - 12010 Sambuco. Tel +39-0171-96628. Grande cuoco!
Quinta Tappa: Sambuco GTA – Chialvetta GTA
40 km, 1690 metri di dislivello in salita
Roadbook: GTA Sambuco (1135 m) – Moriglione S. Lorenzo – continuare sulla bella sterrata fino ad una quota di 1910 metri (la strada è segnata come sentiero sulla cartina). Qui un sentiero di nuova costruzione (anno 2003) scende sulla vostra destra con diversi zig-zag. Seguirlo (di seguito in salita con fondo sabbioso – 15 minuti spingere) fino a giungere alla sterrata ben visibile poco dopo il Gias Piconiera – Colle Cologna – Rifugio Gardetta – Passo Gardetta – Prato Ciorliero (super singletrail) – GTA Chialvetta (1494 m, sul Percorso Occitano, vecchia carrareccia). Tel +39- 0171-99017
Sesta Tappa: Chialvetta GTA – Chiesa GTA
36 km, 1680 metri di dislivello in salita
Roadbook: GTA Chialvetta (1494 m) – Frere (sempre seguendo il percorso occitano) – Acceglio – Villar – Lausetto – Madonna delle Grazie (in Valle Traversiera) – Capanna Sociale Carmagnola (abbandonata, punto più alto dell’itinerario con 2840 m) – seguire il segnavia T11 in discesa (tracce! Attenzione all’inizio, kilometri di filo spinato per terra!) – seguire il segnavia U27 (sentiero in parte difficile) – Chianale – GTA Chiesa (1480 m, strada asfaltata). Tel +39- 0175-956026
Settima Tappa: Chiesa GTA - Saluzzo
66 km, 860 metri di dislivello in salita
Roadbook: GTA Chiesa (1480 m) – Rostolina San Giacomo – Passo della Battagliola (superpanorama del Monviso) –Pontechianale (sul sentiero che scende verso il lago) – Castello (sul lato orografico destro del lago) – Casteldelfino (seguire la vecchia carrareccia. Questa si prende all’inizio del paese di Castello sulla destra direttamente dalla strada principale) – Sampeyre – stazione dei treni di Saluzzo (sulla statale. Circa 40 km in discesa ed in pianura).