E' difficile seguire questa discussione, è ciclica. A pagina 2 viene fatta un'osservazione, a pagina 4 viene riportata un'informazione che la confuta, a pagina 10 compare di nuovo la domanda di pagina 2 e così via...
I fatti sono:
- il progetto LIFE Ursus aveva individuato delle aree idonee al ripopolamento, con caratteristiche tali da ridurre la probabilità di incidenti
- vista l'estensione di tali aree e l'areale vasto di un singolo esemplare, si era stimata in 40-50 esemplari la popolazione sostenibile
- erano previste attività di gestione della popolazione: contenimento (del numero), controllo (del comportamento), dissuasione con violenza (dei troppo confidenti), abbattimento (degli aggressivi)
Col progredire del successo del ripopolamento, le suddette attività sono state completamente disattese. Ad ogni segnalazione di orsi problematici, i vari CAI, SAT, LAV, WWF, ... seppellivano il TAR di ricorsi per impedire la sacrosanta attività di gestione. Ha preso il sopravvento una visione animalista molto ideologizzata. La stessa che impedisce in VDA di abbattere gli stambecchi in soprannumero (che si ammalano di rogna) o i cervi in Alpago (che finiscono coll'esaurire le scorte di cibo e devastare il bosco).
Gli zoologi sanno bene che, per il benessere della colonia, spesso si deve sacrificare il singolo. Ma viviamo nei tempi disneyani in cui i leoni sono amici dei facoceri...
Da 40-50 siamo arrivati a 120 censiti, con l'ipotesi che siano 250. Il cibo non manca, mentre mancano i predatori.
Si fa sempre riferimento all'Abruzzo, dimenticandosi che, a seguito di secoli di caccia attiva, l'orso marsicano attuale "sopravvissuto" è una specie estremamente schiva e diffidente dell'uomo. L'ambiente molto meno antropizzato riduce le occasioni di scontro. Ma anche lì, è stata fondamentale la "gestione" attiva della popolazione.
Adesso, nella contingenza, non ci sono storie. Quell'esemplare è segnato. Ha imparato che l'uomo è un animale facile da predare e avrà sempre meno remore ad avvicinarsi al fondovalle in cerca di cibo. L'orso poi è un animale culturale, capace di trasmettere e imparare comportamenti ai/dai simili. Non può essere lasciato libero.
Per il futuro, ok diffondere la cultura del comportamento e ok al bear spray (sperando lo rendano legale anche in Italia!). Ma è indubbio che non si può chiedere a chi vive in montagna 365gg di convivere con il pericolo contingente di venir aggrediti sulla soglia di casa, anche solo per andare a gettare la monnezza. Perchè nel frammentato tessuto "urbano" trentino (e anche altoatesino), il bosco inizia fuori dalla porta. Per andare al lavoro, percorro una ciclabile di fondovalle che attraversa un bosco "continuo" alle cime circostanti. Cioè se tiro dritto, per dritto, arrivo a quasi 3000m attraversando giusto un paio di forestali. Devo portarmi il bombolozzo di spray in ufficio?
Serve un segnale forte, di ripresa delle attività di gestione (contenimento/controllo/dissuasione/abbattimento) altrimenti la popolazione rigetterà in toto il progetto Ursus. E, che lo vogliano o no a Roma, si libereranno dei plantigradi.
[edit] Se non fossi stata chiara, non è necessario inventarsi NULLA. E' sufficiente applicare in modo pedissequo il piano originario, che era stato debitamente studiato "a bocce ferme" e non sull'onda emotiva di qualche evento. Il piano originario COMPLETO.
E comunque, eccole le linee guida comparse in PAGANELLA per la convivenza con l'orso (2015 credo).
NO bici (in Paganella) e NO bambini (evidentemente sono degli happy meal per l'orso).
Non proprio un incentivo al turismo.
Vedi l'allegato 586228