Circolari Ministeriali: valore giuridico.
Paola Cane
L’esperienza pratica ci mostra spesso come alcune
circolari Ministeriali accanto a parti di carattere meramente ricognitivo della normativa in materia, ne hanno altre con indubbia portata precettiva, che travalicano i limiti imposti dalla legge, arrivando a:
- modificare il tenore di norme cogenti;
- imporre ad aziende e cittadini prescrizioni che nessuna norma ha previsto;
- estendere in maniera indiscriminata prescrizioni ad ambiti soggettivi di applicazione diversi da quelli previsti dalle leggi.
Eppure la
Cassazione [1], il
Consiglio di Stato [2] e addirittura la
Corte Costituzionale [3] hanno più volte chiarito che le circolari dell’Amministrazione non vincolano cittadini e aziende, né il giudice, non costituendo fonte di diritto e dovrebbero limitarsi a fornire indicazioni utili agli uffici preposti sul territorio all’attuazione delle norme stesse.
Il paradosso è che, in alcuni casi, ovvero quando le circolari intervengono in merito a decreti ministeriali, quelle stesse norme che abbisognano di successivi chiarimenti siano state scritte in realtà dai medesimi tecnici che vanno a illustrarle o a modificarne la portata attraverso le summenzionate menzionate circolari.
Ma che valore hanno suddette norme o circolari?
Innanzitutto vale la pena di ricordare che il diritto è governato dal principio di “
Gerarchia delle Fonti”, che ordina le varie norme a partire da quelle fondamentali, ovvero le fonti costituzionali (per noi la Costituzione Italiana), dalle quali discendono poi le fonti primarie (i regolamenti comunitari, le leggi ordinarie, gli statuti regionali, le leggi regionali e i decreti), seguite dalle fonti secondarie (i regolamenti governativi e quelli degli enti locali) e infine le consuetudini e gli usi normativi.
Il criterio gerarchico è semplice: ciascuna delle fonti deve attenersi ai principi indicati nelle fonti di livello superiore da cui derivano. Le circolari e le note ministeriali non fanno parte delle fonti del diritto.
Esse, infatti, “
costituiscono atti interni, diretti agli organi ed agli uffici periferici, al fine di disciplinarne l'attività e vincolano, conseguentemente, i comportamenti degli organi operativi sottordinati, ma non i soggetti destinatari estranei all'Amministrazione, che non hanno neppure l'onere dell'impugnativa, potendo direttamente contestare la legittimità dei provvedimenti applicativi” (Consiglio di Stato, sez. IV, 12 giugno 2012 n. 3457);
Inoltre,
laddove le circolari contengano interpretazioni di una norma di legge la cui applicazione non è rimessa all’autorità che l'ha emanata, ma all’autorità giudiziaria penale, esse sono da considerarsi del tutto illegittime. Non è una banalità, ma spesso viene meno il principio basilare della ripartizione dei poteri, che è costato fiumi di sangue, ma che dai tempi della Rivoluzione Francese regola i nostri ordinamenti.
Oltretutto, “
la circolare ministeriale, interpretativa di una disposizione di legge, è, in linea di principio, un atto interno finalizzato ad indirizzare uniformemente l'azione degli organi amministrativi, privo di effetti esterni"(Consiglio di Stato, sez. III, 26 ottobre 2016 n. 4478). Tali atti, quindi non possono essere considerati presupposti di provvedimenti lesivi dei diritti di cittadini e aziende, ma addirittura gli ufficiali della P.A. che si limitano a riproporre il contenuto precettivo di atti normativi in vigore, possono tranquillamente disattenderne l'interpretazione senza che ciò comporti l'illegittimità dei loro atti per violazione di legge (Consiglio di Stato, sez. III, 26 ottobre 2016 n. 4478d).
Infine,
non costituendo fonte di diritto, e avendo la natura di meri atti amministrativi non provvedimentali, si esclude che esse possano fondare posizioni di diritto soggettivo in capo a soggetti esterni all'Amministrazione stessa. Pertanto le circolari non vincolano le aziende, i cittadini né il giudice penale e possono essere disapplicate dal giudice amministrativo (“le circolari, al pari dei regolamenti, possono essere disapplicate anche d'ufficio dal g.a. ove risultino contrastanti con fonti normative di rango primario”, Consiglio di Stato, sez. IV, 08 gennaio 2016 n. 30).
In sintesi, qualora non ci si adegui al disposto di una circolare ministrare dei tipi specificati in premessa, (alquanto frequenti nel settore alimentare e mangimistico...), nessun giudice potrebbe mai condannare un cittadino o un'azienda “colpevoli” di non essersi attenuto a quanto scritto in una “circolare”.
A fortiori, non essendo fonti di diritto, ma mere disposizioni di indirizzo interno uniforme all'Amministrazione da cui promanano, la violazione di circolari ministeriali non può costituire motivo di ricorso per cassazione poiché esse non contengono norme di diritto.
Tutto ciò cosa vuol dire? Che siano del tutto inutili? Beh, adeguarvisi può essere un gesto di zelo, in pieno spirito di collaborazione con le autorità amministrative competenti, segno di attenzione, ma è un atto volontario, poichè il mancato adeguamento a circolari che modificano il tenore di norme cogenti, impongono prescrizioni che nessuna norma ha previsto, estendono in maniera indiscriminata prescrizioni ad ambiti soggettivi di applicazione diversi da quelli previsti dalle leggi non è assolutamente dovuto.
[1] Cass. n. 11931 del 1995; Cass. n. 14619 del 2000; Cass 21154 del
2008; Cass. 5137 del 2014; Cass n. 6185 del 2017
[2] Consiglio di Stato, sez. IV, 12 giugno 2012 n. 3457, Consiglio di Stato sent. n. 567 del 2017
[3] Recentissima la Sentenza Corte Costituzionale 33/2019