Sono un capogita, quali sono le mie responsabilità civili in caso di incidente occorso ad un partecipante alla gita durante l'escursione?
Per rispondere a questa domanda è, innanzitutto, necessario distinguere la figura dell'accompagnatore escursionistico o capogita da colui che impropriamente viene chiamato capogita ma in realtà si limita a svolgere un ruolo meramente operativo (quale ad es., raccogliere le iscrizioni, prenotare il pullman, ecc...).
L'accompagnatore o capogita in senso proprio è invece colui che conosce il sentiero, che ha capacità tecniche superiori a quelle dei partecipanti e assume la direzione della gita; in sostanza, colui che fa da guida per il gruppo e a cui ci si appoggia per sopperire alla propria inesperienza e insufficienza di preparazione e a quella parte di rischio necessariamente connessa ad un'escursione che altrimenti non si assumerebbe su di sé.
Quando parliamo di capogita, quindi, dobbiamo fare esclusivo riferimento al capogita in senso proprio, intendendo più precisamente un volontario (es. capogita CAI), che può essere qualificato (es. accompagnatore di escursionismo, accompagnatore di alpinismo giovanile, istruttore di escursionismo) oppure non qualificato (es. un socio Cai più esperto), e che va tenuto ben distinto da quella figura professionale che è la guida alpina, la quale svolge la funzione di accompagnamento nell'ambito di un rapporto contrattuale percependo un corrispettivo, ed è anche unica autorizzata a percepirlo in quanto iscritta in apposito albo.
Al capogita non qualificato non si potranno ovviamente attribuire le medesime capacità e responsabilità di un accompagnatore qualificato, ma comunque si può profilare anche a suo carico un profilo di responsabilità civile e penale, nei limiti che seguono.
Infatti, contrariamente al comune sentire, essere volontari non significa essere esonerati dalla responsabilità, civile o penale, in quanto tale responsabilità è creata di per sé dall'affidamento che l'accompagnato fa sulla persona e sulle competenze dell'accompagnatore.
In sostanza, il capogita è colui che svolge di fatto determinate funzioni, in presenza di una differenza di capacità tecniche tale da creare affidamento nella persona che a lui si affida, ed assume su di sé una posizione di garanzia nei confronti dell'affidato e le relative responsabilità per la sua sicurezza.
Quindi, requisito fondamentale per determinare la sussistenza di profili di responsabilità civile è la presa in carico del soggetto accompagnato: in particolare è richiesto che vi sia l'accordo tra le parti - che può essere tacito o espresso, scritto o verbale - sull'affidamento; occorre, inoltre, che sussista un dovere di subordinazione dell'accompagnato nei confronti dell'accompagnatore.
In caso di accompagnamento di minori, peraltro, il principio dellaffidamento opera automaticamente e l'onere della prova grava sempre sullaccompagnatore.
E' chiaro, peraltro, che se vado in montagna con una persona che ha le mie stesse capacità tecniche non posso fare automaticamente affidamento su di lui come se fosse un capogita, perché questi non assume di per sé, salvo diverso accordo, una posizione di garanzia nei miei confronti, ma sarà eventualmente responsabile solo secondo le ordinarie norme della responsabilità civile ex art. 2043 cc.
Da quanto sopra, emerge il motivo per cui secondo i principi del nostro diritto, in caso di sinistro, il capogita potrà essere chiamato a rispondere, a livello di responsabilità extracontrattuale, per non aver tenuto un comportamento improntato alle capacità medie che sono attribuite ad una persona avente la sua qualifica, e a seconda della specifica qualifica assunta (es. istruttore CAI, accompagnatore escursionistico, accompagnatore di alpinismo giovanile, capogita non qualificato), ed essere dichiarato tenuto al risarcimento dei danni subiti dall'accompagnato, le cui conseguenze, da un punto di vista meramente patrimoniale possono essere attenuate o addirittura eliminate con la stipula di un'apposita polizza assicurativa della responsabilità civile.
Va precisato, infine, che l'accertamento della responsabilità in caso di incidente parte non dalla gita in sé bensì dal momento della sua preparazione: in particolare, chi organizza una gita deve prestare attenzione alla scelta del percorso (che può anche essere fatta a priori, ad es. mediante predisposizione di un calendario di uscite, con indicazione per ciascuna del livello di difficoltà, che sarà opportuno determinare in base al punto più difficile del percorso); occorrerà poi tenere d'occhio le condizioni metereologiche, anche al momento in cui ci si accinge ad iniziare la gita, così come le effettive e reali condizioni del percorso al momento stesso della gita; infine, particolarmente importante è valutare la capacità dei partecipanti alla gita, nonché lo stato d'uso dei loro materiali, valutando di volta in volta i singoli casi (ad es., se in una gita scialpinistica un partecipante ha dimenticato di portare con sé l'ARVA, il capogita dovrà escluderlo dalla gita stessa, se ha dimenticato il casco in una ferrata, dovrà parimenti essere escluso dalla gita, e così via...)