Non conosco le motivazioni del cai veneto ma conosco molto bene l'atteggiamento dell'ente in appennino. Mi sembra che dove non ci sia una forza economica e politica delle stazioni (vedi dolomiti, sellaronda etc) che si impongono sulla pratica di sport invernali, impianti e sport estivi, il CAI diventa il paladino dei "divieti ai non iscritti o amici". Spesso l'utile ed efficiente finalità dell'ente si distorce nel considerare i "camminatori delle montagne" una sorta di elite slow food che ha maggiori diritti di godimento rispetto alla plebaglia di sciatori e biker.
La suddetta distorsioni in molti parchi appenninici (GS su tutti) diventa una sorta di ostracismo e fanatismo dei divieti in modo che i pochi "eletti" si possano godere la montagna indisturbati, senza impianti, piste, bici etc..
Peccato che l'etica radical chic green filoanimalistambientalista si scontri poi con un esigenza obiettiva: il turismo e l'economia delle stazioni non può reggersi sul solo turista esperto di trekking. Soprattutto in contesti di grande presenza "mordi e fuggi" come quello appeninico (immagino simili le Prealpi) il camminatore magari viene da casa col panino e borraccia, si fa il giro e torna, alla stazione non lascia un euro se non qualche gas di scarico della sua vettura, e un sacchetto di rifiuti, speriamo smaltito regolarmente nel cestino. La stazione montana, esasperando il concetto, ha ricavi minimi o nulli su questo tipo di turismo. La situazione migliora lievemente con il coinvolgimento di impianti e rifugi, ma l'economia della stazione è ben altra cosa con lo sci in inverno, gli impianti aperti primavera-autunno per la mtb, che consentono di aumentare le entrate e ottimizzare gli ammortamenti degli investimenti.
Un altro aspetto importante è che come lo sci, la mtb è uno sport costoso e chi la affronta ha un certa propensione alla spesa, sicuramente diversa da chi investe in un paio di scarponcini e si porta il panino da casa. Il biker come lo sciatore è spesso un soggetto con buona propensione al consumo, spendendo 2-3-4-5000 euro tra bici attrezzature, costi di manutenzione , accessori non si tira certo indietro difronte al pagamento di un abbonamento giornaliero o settimanale, di un pranzo in rifugio, di una birra prima di andare via, di fare 1/2 notti invece che tornare in giornata.
Il cliente biker è una risorsa economica importante e l'economia del turismo montano, soprattutto in ottica di sviluppo futuro ha bisogno dei bikers come degli sciatori in inverno, chi prima lo ha capito sta gia avanti.
Questo non vuol dire trasformare le montagne in assembramenti di personaggi vestitti con colori sgargianti, urla, rutti con boccali di birra e distruggere boschi e pendii per farci passare le bici. Vuol dire investire anche nella tutela ambientale (senza soldi anche il parco diventa abbandonato), fare manutenzione, sicuramente farai qualche sentiero in più ma potresti piantare alberi, mettere in sicurezza pendii, pulire canali e scarichi per prevenire allagamenti, etc.. Ad esempio noto che ancora oggi non si vedono iniziative importanti di stazioni che investono quota dei ricavi in rimboschimento per sopperire ai danni di vai, le cui cicatrici sono evidenti in molti versanti.
E' sicuramente corretto auspicare che come in liguria e altri contesti la valorizzazione del turismo a due
ruote avvenga con la preparazione di percorsi dedicati, meglio per tutti sicuramente, ma non sempre e in tutti i contesti ciò sarà comunque possibile. Per cui invece che auspicare il divieto alla bici dove manchi un percorso dedicato l'approccio dovrebbe essere di educare e valorizzare la convivenza dove necessaria.
Da questo punto di vista la presenza di CAI con settore MTB non puo che essere positiva.