Alluminio vs carbonio: la guerra dei materiali!

schiesa

Biker tremendus
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Colli Euganei
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E' corretto, anche se non credo che sia quello indicato da schiesa, infatti quello di mariposa lo vedo più come una specie di colla ed esiste pure il prodotto apposta per farlo sciogliere:

[url]http://www.componentsbike.com/index.php?main_page=product_info&cPath=81&products_id=493[/URL]

il vero grasso per carbonio, contiene delle microscopiche palline di materiale platico, che sotto carico tendono a deformarsi garantendo un serraggio sicuro.

se leggi la descrizione capisci che non è una colla...e che serve proprio x uello che ho sommariamente detto.
 

Ser pecora

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al di là di ogni considerazione Alluminio vs. Carbonio, dove è chiaro che ognuno la pensa ed è libero di pensarla come gli pare...

statisticamente mi piacerebbe sapere quanti telai da mtb si spaccano in un anno per qualsiasi causa (urto, difetto di fabbricazione, uso improprio etc)...

io non credo che siano poi così tanti... così come non credo che le cadute con conseguente bozzatura del telaio su una pietra siano percentualmente così elevate... certo può capitare che il telaio si spacchi e di cadere e sfrantecarlo su una pietra... ma nell'eventualità mi preoccuperebbe molto di più la sorte dei mei arti, della mia schiena e della mia capoccia...:paur:

Assolutamente d'accordo. Ogni anno si vendono milioni di bici in acciaio ed alu e centinaia di migliaia di bici e componenti in carbonio.
Da anni (ricordo che le prime bici in carbonio sono degli anni '70).
Senza contare tutto il carbonio non ciclistico.
La mia racchetta da tennis è viva e vegeta da anni nonostante le decine di volte che l'ho scagliata via :medita:

Sul carbonio si fa (da anni) un allarmismo molto "teorico" sulla sua presunta fragilità.
Tanto per fare un esempio verificabile sul forum bdc c'è il racconto di un moderatore che dopo aver spaccato un raggio in carbonio-kevlar della sua Lightweight (ruote in carbonio con raggi incollati da 1kg la coppia) anteriore (12 raggi) si è fatto la discesa del Kutai a 90km/h.
E' vivo e vegeto e modera ancora :-)
 

Gingig

Biker marathonensis
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Assolutamente d'accordo. Ogni anno si vendono milioni di bici in acciaio ed alu e centinaia di migliaia di bici e componenti in carbonio.
Da anni (ricordo che le prime bici in carbonio sono degli anni '70).
Senza contare tutto il carbonio non ciclistico.
La mia racchetta da tennis è viva e vegeta da anni nonostante le decine di volte che l'ho scagliata via :medita:

Sul carbonio si fa (da anni) un allarmismo molto "teorico" sulla sua presunta fragilità.
Tanto per fare un esempio verificabile sul forum bdc c'è il racconto di un moderatore che dopo aver spaccato un raggio in carbonio-kevlar della sua Lightweight (ruote in carbonio con raggi incollati da 1kg la coppia) anteriore (12 raggi) si è fatto la discesa del Kutai a 90km/h.
E' vivo e vegeto e modera ancora :-)


Si, anch'io ho usato per almeno 10 anni la stessa canna da pesca in carbonio. Sabbia che strisciava tra i vari elementi telescopici non faceva altro che farmi pensare che da un giorno all'altro, durante un lancio, avrei visto partire anche il cimino assieme al galleggiante in luna di miele.
Bene, dopo aver smesso la pesca, mio padre, che aveva fama di spaccacanne (quelle classiche in fibra di vetro), l' ha usata per tutto il tempo in qui è ne è stato capace.
La conservo tra i suoi ricordi... ancora oggi!!!
 

petrofilo

Biker superis
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un'ottima analisi...

credo però che sia abbastanza raro generare per semplici errori di guida/uso sollecitazioni tali da rompere un telaio di qualità per superamento dei limiti strutturali dello stesso...
ciò perchè le primarie case costruttrici possono contare su verifiche strutturali approfondite effettuate con programmi di calcolo ad elementi finiti e con prove di laboratorio con macchinari meccanici che riproducono i diversi cicli di sollecitazione propri della vita di un telaio, secondo me comunque progettato con ampi margini di sicurezza.

Probabilmente le tecniche costruttive hanno colmato lacune che nell'utilizzo del carbonio c'erano. Fino a non molto tempo fa, se non sbaglio, i telai in carbonio per mtb erano sconsigliati per certi usi o per pesi del biker che superavano una certa soglia (Scott a parte, direi). Questo perchè le sollecitazioni di un biker di 80 kg sono certo maggiori di quelle che esercita uno di 60, a parità di impatto. Questo problema dovrebbe essere in buona parte superato, e lo dimostrano le scarse rotture di cui si sente parlare (a livello di quelle dell'alluminio?), soprattutto con le full in carbonio in cui parte delle sollecitazioni sono assorbite dalle sospensioni (con problemi maggiori però p.q.r. le zone di fissaggio delle stesse, che creano dicontinuità ne materiale composito del telaio).
Alcune domande, però:
Premesso che il materiale perfetto non esiste, come durata è potenzialmente maggiore quella del carbonio, visto che la soglia di rottura è ben marcata e definita? Ovvero, una volta fissata una soglia di rottura sufficientemente alta si è abbastanza al sicuro, sempre che non si voglia fare del trial con un telaio in carbonio da xc...
Se quindi dovessi comprare un telaio usato, senza sapere come è stato usato e a che sollecitazioni è stato sottoposto, dovrei stare più tranquillo col carbonio che con l'alluminio?
 

Ser pecora

Diretur Heiliger Geist
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Fino a non molto tempo fa, se non sbaglio, i telai in carbonio per mtb erano sconsigliati per certi usi o per pesi del biker che superavano una certa soglia (Scott a parte, direi).

Non mi pare. E ripeto che le prime bici di successo commerciale in carbonio sono del 1975.
Ancillotti nei primi anni '90 aveva fatto una bici da dh in carbonio.
Nei primi anni '90 c'erano un sacco di mtb di carbonio: Scott thermobrid, GT LTS, Trek Y33, l'italiana Fiocco, etc... tutte bici che dopo anni di uso sono ancora in giro in tanti casi.
Hanno fatto anche bici da trial in carbonio ovviamente (con cui è stato vinto un campionato nazionale):
dscn2158tk2.jpg


Se quindi dovessi comprare un telaio usato, senza sapere come è stato usato e a che sollecitazioni è stato sottoposto, dovrei stare più tranquillo col carbonio che con l'alluminio?

Un'ispezione visiva, in teoria, ti mette più al riparo con l'alu.
 

Fili86RaceFace

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ottomilainsu

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vorrei dare anch'io il mio contributo, vedo in ritardo la discussione e quindi scusatemi se ripeto cose già dette.
Riporto qui un mio intervento fatto in un'altra discussione, relativo alle leghe di alluminio.

E' un estratto da una dispensa che ho scritto per i miei allievi dell'ITIS, molto del contenuto è frutto della mia esperienza lavorativa presso una azienda che costruiva componenti per biciclette (Ofmega, che ha cessato l'attività circa 8 anni fa).
Io mi sono occupato, tra l'altro, della progettazione di pedivelle forgiate a freddo in lega 6082 T6.

________________________________________________________________

1.Designazione delle leghe di alluminio

Le norme UNI prevedono una designazione che tiene conto sia della composizione chimica sia dell’impiego.
La sigla è composta in questo modo:

  • un prefisso che indica l’impiego:
    • G per le leghe da fonderia;
    • P per le leghe da lavorazione plastica;
    • Eventualmente queste lettere sono precedute dalla lettera S per indicare le leghe secondarie ottenute da alluminio riciclato;
  • La sigla Al
  • Gli elementi aggiunti caratteristici della lega, ciascuno seguito da un numero che ne indica il contenuto in percentuale nella lega.
Esempi:
-P-AlSi1MgMn: lega da lavorazione plastica (P) con 1% di silicio e opportune quantità di magnesio e manganese (detta commercialmente “Anticorodal”)
-P-AlCu4,5MgMn: lega da lavorazione plastica (P) con 4,5% di rame e opportune quantità di magnesio e manganese (detta commercialmente “Duralluminio” o “Avional”)
-P-AlMg4,5: lega da lavorazione plastica (P) con il 4,5% di magnesio
-P-AlZn5,8MgCu: lega da lavorazione plastica (P) con il 5,8% di zinco e opportune quantità di magnesio e rame (detta commercialmente “Ergal”)
-G-AlSi13: lega da fonderia (G) con il 13% di silicio
-SG-AlSi7MgMn: lega secondaria (S) da fonderia (G) con il 7% di silicio e opportune quantità di magnesio e manganese
-G-AlSi21CuNiCo: lega da fonderia (G) con il 21% di silicio e opportune quantità di rame, nichel, cobalto (lega speciale per pistoni di motori a combustione interna)

E’ opportuno citare la designazione secondo le norme della Aluminum Association (USA) in quanto tale designazione è spesso adoperata anche da noi per molte leghe commerciali per lavorazione plastica.
La sigla è data da un numero di 4 cifre, così codificate:
Il primo numero indica la famiglia, i tre seguenti la lega, senza una particolare correlazione con la composizione

1xxx alluminio commercialmente puro (Al 99% minimo) e il numero indica il grado di purezza;
2xxx leghe Al – rame
3xxx leghe Al - manganese
4xxx leghe Al - silicio
5xxx leghe Al – magnesio
6xxx leghe Al – magnesio – silicio
7xxx leghe Al – zinco – magnesio - rame

Esempi e corrispondenze:

designazione_al.jpg



2.Trattamenti termici delle leghe di alluminio

Alcune leghe si prestano ad essere trattate termicamente per ottenere un grande incremento delle caratteristiche meccaniche.
Le leghe adatte allo scopo sono:

2xxx leghe Al – rame
6xxx leghe Al – magnesio – silicio
7xxx leghe Al – zinco – magnesio - rame

I trattamenti termici applicabili sono:
-bonifica
-invecchiamento
-ricottura

Ci sono delle differenze rispetto ai trattamenti effettuabili sugli acciai.
La bonifica in particolare è l’insieme di due trattamenti successivi:
-tempra di solubilizzazione: riscaldamento in forno a temperatura accuratamente controllata e specifica per ciascuna lega (indicativamente tra i 500°C e i 540°C) e raffreddamento rapidissimo in acqua fredda;
-invecchiamento: trattamento in forno a temperatura controllata (tra i 150°C e i 180°C) per il tempo necessario a far avvenire la trasformazione strutturale, dovuto alla formazione di composti che “induriscono” la struttura della lega.

L’invecchiamento può anche avvenire a temperatura ambiente per alcuni tipi di leghe, in tal caso si parla di invecchiamento naturale; richiede però tempi molto lunghi (settimane) per cui solitamente si preferisce l’invecchiamento artificiale (poche ore in forno).
Una lega trattata termicamente può essere indicata con la sigla seguita dalla lettera T e da un’altra lettera indicante le condizioni: A invecchiamento artificiale, N invecchiamento naturale.
Secondo la designazione AA una lega bonificata è indicata dal suffisso T4 se l’invecchiamento è naturale, T6 se l’invecchiamento è artificiale; il suffisso F indica la lega allo stato naturale dopo la lavorazione plastica a caldo.
Esempio:
7075 T6 corrisponde a P-AlZn5,8MgCu-TA temprata e invecchiata artificialmente

La ricottura ha lo scopo di annullare eventuali trattamenti termici e favorire la lavorabilità per deformazione plastica delle leghe da trattamento termico.

Va detto che un riscaldamento a temperature superiori ai 200°C distrugge gli effetti della bonifica.

Per una ricottura completa è sufficiente un riscaldamento a temperature di 500-550°C seguito da raffreddamento lento.
La sigla è seguita dalla lettera R se la lega è fornita allo stato ricotto.
Inoltre va assolutamente evitato di surriscaldare queste leghe al di sopra dei 580°C per evitare la “bruciatura” ovvero il danneggiamento irreparabile della lega per la fusione parziale della struttura dovuta a riscaldamento prolungato.
Una lega “bruciata” è del tutto inservibile, fragile e di scarsissima resistenza, utile solo come rottame da riciclare in fonderia!


Alcune leghe e loro caratteristiche meccaniche

leghe_al.jpg


3.Altre proprietà e applicazioni

Resistenza alla corrosione
La resistenza alla corrosione delle leghe di alluminio è molto varialbile, è generalmente peggiore di quella dell’alluminio puro:
leghe Al-Si: cattiva più è elevato il contenuto di silicio, all’aperto in presenza di acqua si corrodono rapidamente producendo una efflorescenza biancastra;
leghe Al-Mg-Si: ottima, sono dette per l’appunto “anticorodal”
leghe Al-Mg: eccellente anche in ambiente marino, dove è migliore di quella dell’alluminio puro;
leghe Al-Cu e Al-Zn-Mg-Cu: cattiva o pessima, vanno protette dalla corrosione che può avere conseguenze disastrose, sotto forma di rotture fragili senza preavviso (corrosione a lama di coltello, corrosione intergranulare) specie su particolari soggetti a sollecitazioni elevate o di fatica.
Lavorabilità alla macchina utensile
Al contrario degli acciai, le leghe di alluminio dure (temprate e invecchiate) sono meglio lavorabili alla macchina utensile perchè il truciolo si spezza oppure fluisce senza aderire all’utensile.
Le leghe allo stato ricotto e l’alluminio puro sono difficilmente truciolabili perchè tendono ad “impastare” l’utensile. Sono necessari utensili opportuni, affilati con estrema cura e si devono impiegare lubro-refrigeranti speciali.
La velocità di taglio può superare senza problemi i 1000 m/min.
Le leghe contenenti silicio, come quelle per pistoni in cui il silicio supera il 20%, sono difficilmente lavorabili perchè il silicio forma dei cristalli molto duri che consumano rapidamente gli utensili e la finitura superficiale che si ottiene è spesso pessima.
In questo caso si ottengono eccellenti risultati con utensili aventi il tagliente in diamante policristallino, dal costo elevatissimo ma in grado di resistere perfettamente all’azione abrasiva del silicio.
Servono macchine adatte, potenti e molto stabili per garantire le elevatissime velocità di taglio richieste da questi utensili.

Saldabilità
La saldatura delle leghe di alluminio non sempre è possibile e richiede procedimenti appositi.
Sono saldabili facilmente le leghe Al-Mg, Al-Mn, Al-Mg-Si, Al-Zn-Mg a patto che non contengano rame se non in piccolissima quantità.
I procedimenti più adatti sono TIG, saldatura con elettrodi in tungsteno sotto gas protettivo inerte (argon) e MIG a filo con gas inerte (argon), mentre la saldatura con elettrodo rivestito è adatta solo per applicazioni di scarsa importanza.
Le leghe Al-Si e Al-Cu non sono saldabili perchè si ottiene un giunto di resistenza meccanica non soddisfacente e soprattutto con pessima resistenza alla corrosione che è drastica e deleteria nella zona saldata.

Anodizzazione
L’ossidazione anodica della superficie dei manufatti in lega di alluminio è una tecnica molto adatta per creare un rivestimento resistente alla corrosione, all’usura e decorativo.
Viene eseguita in apposite celle elettrolitiche, in bagni acidi mediante l’azione della corrente elettrica.
Se lo spessore è limitato (pochi millesimi di millimetro) si parla di anodizzazione decorativa, eventualmente colorabile mediante procedimenti particolari.
Spessori elevati (0,05 – 0,1 mm) sono adatti dove è richiesta una grande resistenza all’usura, ad esempio per gli steli delle forcelle di biciclette e moto.
Le leghe più adatte sono le Al-Mg-Si.
Tra le leghe dure, l’Ergal non dà sempre buoni risultati estetici con l’anodizzazione, l’Avional è inadatto in quanto il rame lo rende facilmente corrodibile.

Bibliografia:
D. Altenpohl, Uno sguardo all'interno dell'alluminio, Tecnomedia Milano
D. Veschi, L'alluminio e le leghe leggere, Hoepli, Milano
_______________________________________________________________

Solitamente per i telai vengono impiegati tre tipi di lega leggera:

5083: usata per telai di bassa gamma, facilmente saldabile ma non trattabile termicamente;

6061 (P-AlMg1SiCuCr): simile alla 6082, trattabile termicamente ma richiede tempra e invecchiamento artificiale per raggiungere le migliori caratteristiche

7020 (P-AlZn4,5Mg1,2MnCr) : lega Al-Zn-Mg trattabile termicamente, il giunto saldato è "autotemprante" ma la zona termicamente alterata perde comunque le sue proprietà, difatti molte rostture avvengono proprio nel metallo base in prossimità del cordone di saldatura.


In Ofmega tutti i particolari in lega leggera (pedivelle, mozzi, corone) erano trattati termicamente dopo le operazioni di formatura (stampaggio o pressocolata) e prima delle lavorazioni meccaniche.
Le corone venivano ricavate per lavorazione meccanica da lastra di 2014 T6 per quelle pregiate, mentre per quelle economiche usvamo 5083 H50 (nastro incrudito a freddo) con durezza HB2,5/62,5 > 100.
Per le pedivelle in 6082 T6 il trattamento termico era un passaggio molto critico tanto che i lotti di prova, trattati da un trattamentista del bresciano, non erano soddisfacenti al punto che dovemmo ricorrere ad un trattamentista del bolognese per avere la necessaria garanzia di costanza e quindi di rispondenza alle specifiche di progetto e d'uso.


Ho studiato e lavorato sulle problematiche della rottura a fatica che rappresenta una delle cause più ricorrenti di cedimento di un telaio di bicicletta.
Questo può avvenire dopo un periodo più o meno lungo in ragione delle caratteristiche del telaio (forma e dimensionamento) e dell'uso.

Per quanto riguarda i materiali compositi vi sono delle problematiche del tutto diverse, ma su questo magari tornerò in seguito.

Tornando alla questione della fatica nei materiali metallici (e non solo) intendo sottolineare questi concetti:

- la rottura per fatica è tipica dei conponenti soggetti a sollecitazioni cicliche o casuali ripetute nel tempo;
- i materiali hanno un comportamento a fatica caratteristico per ogni lega;
- le leghe ferrose (acciai) presentano un cosiddetto "limite di fatica" al di sotto del quale non si manifestano rotture per fatica;
- le leghe leggere al contrario non presentano limite di fatica, la rottura si manifesterà in un tempo più o meno lungo in ragione del carico applicato;
- vi sono fattori geometrici che influenzano limite e durata a fatica;
- vi sono fattori ambientali che influenzano limite e durata a fatica;

Un'altra cosa: leggendo la discussione, in verità un po' frettolosamente, mi sono accorto che non è molto chiaro il concetto di rigidezza di una struttura.
La rigidezza (relazione carichi/deformazioni in campo elastico) dipende dai seguenti fattori:
- geometria della struttura (momento d'inerzia)
- materiale (modulo di elasticità)
Poi c'è un terzo fattore, meolto diffficile da valutare, che è lo smorzamento delle vibrazioni, più elevato nell'acciaio e minimo nell'alluminio, mentre nei compositi può essere ottimizzato con una opportuna scelta delle fibre e della matrice plastica che le ingloba.

Non è detto che una struttura in alluminio sia più rigida o più elastica di una in acciaio, o che un telaio in composito sia più elastico di uno in alluminio e così via, questo dipende dalla combinazione di moti fattori.
Ovvero dipende dal progetto:
- se prendo un telaio in acciaio di vecchio tipo, con tubazioni di piccolo diametro e lo realizzo in alluminio con tubazioni dello stesso diametro ma di spessore diverso per avere la stessa resistenza a rottura (ma in sostanza un momento d'inerzia delle sezioni pressochè simile), otterrò una struttura dalla rigidezza pessima tanto da far rimpiangere il caro vecchio acciaio;
- se invece progetto la struttura per una rigidezza simile dovrò usare delle tubazioni in alluminio di diametro maggiore;
- se progetto la struttura confidando nella libertà concessa dalle tecniche di formatura dell'alluminio potrò ottimizzare la rigidezza tanto che un telaio in acciaio sembrerà una molla...

Il problema, ripeto, è di uso intelligente dei materiali.
Per parlarne a fondo dovrei scrivere un trattato (non credo di esserne in grado) e comunque non basterebbe certo lo spazio qui a disposizione.
 

mikku

Biker urlandum
Questo video non lo trovo del tutto inutile, seppur abbastanza distante dalle dinamiche di una reale caduta, conferma per quel che mi riguarda le vostre delucidazioni sull'argomento: l'dea che mi son fatto, da profano, è che il carbonio è effettivamente più resistente dell'alluminio (un colpo basta a segnare gravemente l'alluminio, forse l'elasticità del carbonio aiuta inizialmente ad attuttire il colpo); che i danni strutturali sul carbonio sono praticamente invisibili, non si sa quanto possa sopportare un evento traumatico, e sono guai. Con l'allumino poi, se il danno non è esagerato (telaio tranciato), è più probabile fare ritorno a casa.

Ripeto: quel telaio in alluminio non è mica spaccato :mrgreen:

Comunque questi test lasciano il tempo che trovano perchè:

- le mazzate non sono della stessa entità. Si vede che sull'alluminio ci va giù subito pesante, mentre sul carbonio all'inizio è molto più leggero.

- la mazzetta piatta non è assolutamente assimilabile ad una pietra. Bisognerebbe utilizzare un punteruolo perchè una sollecitazione distribuita su una superficie ampia è diversa da una sollecitazione su una superficie ridotta.

Bisognerebbe poi vedere dopo la prima mazzata come si comporta il telaio se sollecitato. Come detto il carbonio può essere esternamente perfetto, ma lesionato internamente.
Capita spesso di cadere, prendere una botta in un determinato punto e non notare alcun danno. Poi dopo qualche uscita il telaio si spacca proprio dove ha preso la botta perchè danneggiato internamente.

Questo video comunque non fa altro che confermare quanto detto in precedenza: l'alluminio se si danneggia si vede, il carbonio no.
 

Fili86RaceFace

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Con l'allumino poi, se il danno non è esagerato (telaio tranciato), è più probabile fare ritorno a casa.
Anche qualche telaio in acciaio, una mia amica e ha pedalato per ore con un forcellino rotto, si era staccato un fodero basso

parlo di questo tipo di bici, una vecchia Bianchi

2637514997_7e3dc8d865.jpg

(la foto da solo un'esempio)
 

ribazzi

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Verona
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Sapete cosa vi dico?
A me francamente importa molto poco se i telai in carbonio siano o no "migliori" di quelli in alluminio. Ho la mia Giant in alluminio lega 6 mila e rotti, cotto o crudo non lo so, ma so che finora non si è mai rotto :-)
Quello che invece è importante è essere iscritti ad un forum come questo, dove, a gratis, ci si può anche fare un mini corso di tecnologie dei materiali.
Siamo belli dentro :-)
 
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Danybiker88

Redazione
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Questo video non lo trovo del tutto inutile, seppur abbastanza distante dalle dinamiche di una reale caduta, conferma per quel che mi riguarda le vostre delucidazioni sull'argomento: l'dea che mi son fatto, da profano, è che il carbonio è effettivamente più resistente dell'alluminio (un colpo basta a segnare gravemente l'alluminio, forse l'elasticità del carbonio aiuta inizialmente ad attuttire il colpo); che i danni strutturali sul carbonio sono praticamente invisibili, non si sa quanto possa sopportare un evento traumatico, e sono guai. Con l'allumino poi, se il danno non è esagerato (telaio tranciato), è più probabile fare ritorno a casa.

Ritengo molto più interessanti i video postati da Fili86RaceFace poco più in alto (post 92). Quelli sono test attendibili e che possono essere spunto di riflessione.
La modalità di esecuzione del test (punzone triangolare) simula abbastanza bene l'impatto con una pietra. Questi test simulano l'impatto di una pietra di 150g che colpisce il telaio a 61km/h, quindi non un macigno ne tanto meno un possibile impatto del telaio contro una pietra aguzza.

In particolare il primo (telaio Trek in fibra di carbonio rinforzata) e l'ultimo (telaio in alluminio) evidenziano molto bene il differente comportamento dei due materiali.

Aggiungerei poi per completezza anche questo video. Solito test eseguito su un tubo in fibra di carbonio "tradizionale" (non ci è dato sapere il modello purtroppo):
Impact vid with standard carbon lay up. on Vimeo
 

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