Bene, questo non è proprio nei dintorni della Campania, ma inserisco lo stesso qui questo percorso:
Località: Martina Franca - PIANELLE (TA)
Trail: Discese del Fragneto – Sentiero del Carpino – Albero del Capitano
Stato del percorso: buono anche se non manutenuto costantemente (autunno 2019)
Il tipo di tracciato prevede difficoltà modeste se affrontato a bassa velocità, ma è un eccellente terreno per provare tricks come Manual e Holly senza timore di distruggersi in caso di caduta. Il sentiero parte inizialmente con uno sterrato, si accede poi sulla sinistra al bosco vero e proprio attraverso il sentiero del Fragneto. Il tipo di tracciato è pensato per essere attraversato a piedi, come tutti i sentieri dei questa zona, ma le curve e gli ostacoli permettono comunque un attraversamento in Mountain Bike a patto di sapere di aver a che fare con un tracciato non espressamente pensato per questa disciplina. Nella fattispecie questo trail non è molto battuto da pedoni, statisticamente è più facile trovare qualcuno Nelle domeniche con bel tempo, ma solitamente è deserto.
Da quotai 530 mslm si discende in un primo tratto molto facile, con poche difficoltà ed asperità del terreno, piccole curve senza sponda, un paio di linee da scegliere su un terreno compatto, sino a giungere ad un bivio dal quale il sentiero si diparte in due: da un lato si scende verso il sentiero del Carpino e dall’altro, tramite il sentiero della podolica, torna sulla strada asfaltata… anche se di asfalto ne è rimasto ben poco. Siamo a 480 metri circa, il dislivello come si intuisce non è molto, del resto parliamo di Murge. Da questo momento sono necessari un pò rilanci per riprendere velocità, su terreni pietrosi dove la roccia emerge parecchio, occorre prestar attenzione per chi ha un movimento centrale più basso poiché è facile toccare con le pedivelle. Si passa quindi ad un terreno più sassoso, dove il manto erboso cede il passo ad una sassaiola composta da ciottoli medio grandi che rendono il terreno sdrucciolevole e sfaldabile. Spesso un fitto strato di foglie secche di quercia, specie in autunno, nasconde gli ostacoli ed occorre prestare molta attenzione gestendo bene la propria velocità.
Si costeggia così una gravinella protetta da un muro a secco e ci si rifionda nel fitto del bosco, dove la vegetazione di querce è talmente intricata superiormente da non permettere una buona visuale per coloro che usano lenti polarizzate. Da qui torna il manto erboso, compatto e denso, ma se c’è pioggia (o c’è stata da poco) alcuni di questi tratti nascondono insidie fangose. In questo punto ci si trova in un’area in cui raramente c’è presenza umana, e chi vuol mettersi al sicuro da incontri con la fauna locale deve farsi sentire scampanellando o comunque facendo rumore. Più volte mi sono imbattuto in cinghiali sorpresi dal mio passaggio, e m’è andata bene perché son qui a raccontarlo. Da che uso il campanello bloccabile, che suona con le vibrazioni trasmesse al manubrio, non ho più avuto di queste sorprese. La cosa difficile in questo tratto è evitare i grossi sassi (“Chiangoni”, per usare un termine autoctono) che si staccano per via dell’erosione dilavante e si piazzano nel bel mezzo del trail; ad ogni uscita il percorso cambia pertanto conviene scendere piano almeno una volta, per controllarne lo stato, le volte successive uno può così darci dentro. Qui, evitando le rocce, ci sono una serie di gobbe pronunciate che possono essere interpretate come piccoli kick per chi vuol fare del dirt. Un Drop naturale, da provare un po' di volte prima di lanciarcisi dentro, ci informa che il sentiero sta finendo e che da li a breve saremo sulla tratta di asfalto. In realtà, come scrivevo prima, di asfalto ne è rimasto davvero poco, tuttavia a partire da questo spezzone di sentiero il fondo è abbastanza regolare e permette di viaggiare a velocità elevate, pur mantenendo un assetto da offroad. Il giro si conclude raggiungendo “l’albero del capitano”, una maestosa quercia che fa da snodo ad altri sentieri. Si arriva così alla quota di 442 metri e da qui si può ripartire per risalire in cima e ricominciare la discesa. La risalita non presenta alcuna difficoltà poiché si muove su una vecchia strada curata dalla forestale, parzialmente asfaltata ma nella quale la vegetazione sta riprendendosi il suo spazio. E’ una salitella dolce, con piccolissimi tratti in cui pedalare duro, e che termina con una parte esposta al sole e ghiaiosa. Tutto il giro è di circa 4,5 km ad anello, e può essere fatto più volte. Tra salita e discesa ci vuole meno di un ora.
Il percorso si presta a diverse interpretazioni, può essere fatto anche al contrario per chi predilige la salita, e nello stile che più gli pare. in ore crepuscolari è più facile imbattersi in piccole volpi e sporadicamente in qualche cinghiale. Attenzione giusto alla connettività, qui nessun cellulare riesce ad aver campo,meglio avvisare qualcuno dove si è in caso di uscite in solitaria.