Mi piace pensare che aspettasse me.

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Stexx

Biker serius
9/1/11
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Sentinum, AN.
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Spesso mi capita di incontrare persone anziane che camminano, mi mette sempre tristezza sfrecciare sui pedali di fianco a delle persone che guardano con sofferenza una lieve salita e non sono nemmeno sicuri di riuscire a finirla, l'ultimo l'altro giorno, un signore ricurvo su se stesso con un bastone marrone, gli passo di fianco, rallento un po', lo saluto e lui mi ricambia con un saluto felice ma sofferente, penso a quando sarò io anziano e non potrò fare più tutte le cose che riesco a fare adesso, questa cosa mi mette molta tristezza anche se cerco di godermi i miei tempi.
 
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Mi piaceva pensare che la vecchietta aspettasse me. Era spesso sulla grande terrazza dell’ultima casa prima del sentiero. Stava seduta su di una sedia con i braccioli, con i pizzi sul cuscino. E mi salutava allegra con la mano, quando mi vedeva passare veloce sulla bike, prima di scomparire risucchiato dal bosco. Mi piaceva pensare che aspettasse me, ed ogni volta, un attimo prima di impegnare il sentiero, la cercavo con lo sguardo e se c’era mi salutava contenta ed io rispondevo subito, più volte, contento. E se non c’era un po’ mi dispiaceva, un po’ mi mancava. La vidi ancora, ma sempre meno, e i suoi saluti erano più lenti, meno gioiosi e le sue spalle erano coperte dallo scialle e lei un po’ più vecchia un po’ più stanca. E poi non la vidi più. Ma la sedia con i braccioli restava sulla terrazza, come un presagio, e lentamente marciva sotto la pioggia ed i pizzi svolazzavano con il vento impietoso che in inverno scende dal sentiero e si infila tra le case e in quella casa silenziosa, vuota, angosciante. Che tristezza, piegato sui pedali spingevo in salita, quasi a voler cancellare con la fatica il pensiero della vecchietta giunta al suo ultimo inverno. E tutto intorno a me a ricordarmi le stagioni della vita e sperare inconsciamente di poter tutto esorcizzare correndo veloce sui sentieri silenziosi, nel fitto di un bosco stillante in un inverno malinconico. E lungamente quella sedia triste abbandonata, dimenticata, in un oblio doloroso, ed ogni volta un pensiero, una fitta di tristezza. Poi la casa riprese vita e colore e chiasso, lavori, operai e bambini, ma la sedia non c’era più, né i pizzi né lo scialle, in una nuova stagione della vita, sempre, inevitabile…….


Mi piace ancora pensare che la vecchietta aspettasse me.
Ho letto solo ora il tuo racconto e devo confessare che mi hai commosso davvero.
La tua descrizione, così meticolosa, mi ha fatto immaginare la scena di ciò che hai vissuto e mi ha riportato alla mente ricordi di quando ero piccola e andavo in bici e a piedi in un paesino della Puglia, in estate.
Il luogo si popolava di queste vecchiette, che vociavano al nostro passaggio.
E poi hai riportato la mia mente, anche, a ricordi del mio caro nonnino, morto tanti anni fa, ma il cui ricordo è sempre vivo nel mio cuore....
insomma mi hai fatto piangere....
Grazie per aver condiviso con noi tutto questo!:celopiùg:
 

stefano alinovi

Biker serius
4/10/08
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salsomaggiore terme (pr)
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commovente...
il passare del tempo e delle cose....
sarebbe stato bello che ci fosse stata un' altra persona più giovane a salutare il tuo passaggio...per dare continuità, non tanto al rito del saluto, ma alla casa, ai pizzi...alla vita quotidiana..

stefano
 

mattley lee

Biker serius
12/11/09
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Veneto e FVG
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commovente...
il passare del tempo e delle cose....
sarebbe stato bello che ci fosse stata un' altra persona più giovane a salutare il tuo passaggio...per dare continuità, non tanto al rito del saluto, ma alla casa, ai pizzi...alla vita quotidiana..

stefano

Ti ringrazio ... anche perchè credo tu abbia colto il senso di ciò che ho voluto raccontare ... un saluto
Mattley :i-want-t:
 

kevin46

Biker ciceronis
18/6/11
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LOMBARDIA
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Mi piaceva pensare che la vecchietta aspettasse me. Era spesso sulla grande terrazza dell’ultima casa prima del sentiero. Stava seduta su di una sedia con i braccioli, con i pizzi sul cuscino. E mi salutava allegra con la mano, quando mi vedeva passare veloce sulla bike, prima di scomparire risucchiato dal bosco. Mi piaceva pensare che aspettasse me, ed ogni volta, un attimo prima di impegnare il sentiero, la cercavo con lo sguardo e se c’era mi salutava contenta ed io rispondevo subito, più volte, contento. E se non c’era un po’ mi dispiaceva, un po’ mi mancava. La vidi ancora, ma sempre meno, e i suoi saluti erano più lenti, meno gioiosi e le sue spalle erano coperte dallo scialle e lei un po’ più vecchia un po’ più stanca. E poi non la vidi più. Ma la sedia con i braccioli restava sulla terrazza, come un presagio, e lentamente marciva sotto la pioggia ed i pizzi svolazzavano con il vento impietoso che in inverno scende dal sentiero e si infila tra le case e in quella casa silenziosa, vuota, angosciante. Che tristezza, piegato sui pedali spingevo in salita, quasi a voler cancellare con la fatica il pensiero della vecchietta giunta al suo ultimo inverno. E tutto intorno a me a ricordarmi le stagioni della vita e sperare inconsciamente di poter tutto esorcizzare correndo veloce sui sentieri silenziosi, nel fitto di un bosco stillante in un inverno malinconico. E lungamente quella sedia triste abbandonata, dimenticata, in un oblio doloroso, ed ogni volta un pensiero, una fitta di tristezza. Poi la casa riprese vita e colore e chiasso, lavori, operai e bambini, ma la sedia non c’era più, né i pizzi né lo scialle, in una nuova stagione della vita, sempre, inevitabile…….


Mi piace ancora pensare che la vecchietta aspettasse me.



toccante!!
 

maverik84mLo

Biker superis
11/5/11
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Scott Scale 770 "Iron" Cancello
Mi piaceva pensare che la vecchietta aspettasse me. Era spesso sulla grande terrazza dell’ultima casa prima del sentiero. Stava seduta su di una sedia con i braccioli, con i pizzi sul cuscino. E mi salutava allegra con la mano, quando mi vedeva passare veloce sulla bike, prima di scomparire risucchiato dal bosco. Mi piaceva pensare che aspettasse me, ed ogni volta, un attimo prima di impegnare il sentiero, la cercavo con lo sguardo e se c’era mi salutava contenta ed io rispondevo subito, più volte, contento. E se non c’era un po’ mi dispiaceva, un po’ mi mancava. La vidi ancora, ma sempre meno, e i suoi saluti erano più lenti, meno gioiosi e le sue spalle erano coperte dallo scialle e lei un po’ più vecchia un po’ più stanca. E poi non la vidi più. Ma la sedia con i braccioli restava sulla terrazza, come un presagio, e lentamente marciva sotto la pioggia ed i pizzi svolazzavano con il vento impietoso che in inverno scende dal sentiero e si infila tra le case e in quella casa silenziosa, vuota, angosciante. Che tristezza, piegato sui pedali spingevo in salita, quasi a voler cancellare con la fatica il pensiero della vecchietta giunta al suo ultimo inverno. E tutto intorno a me a ricordarmi le stagioni della vita e sperare inconsciamente di poter tutto esorcizzare correndo veloce sui sentieri silenziosi, nel fitto di un bosco stillante in un inverno malinconico. E lungamente quella sedia triste abbandonata, dimenticata, in un oblio doloroso, ed ogni volta un pensiero, una fitta di tristezza. Poi la casa riprese vita e colore e chiasso, lavori, operai e bambini, ma la sedia non c’era più, né i pizzi né lo scialle, in una nuova stagione della vita, sempre, inevitabile…….


Mi piace ancora pensare che la vecchietta aspettasse me.



Bella questa riflessione , sei riuscito a trasmettere , quello che vedevi ogni giorno, fino all'"ultimo"
ciao
 

lelluswallas

Biker serius
14/2/12
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somma lombardo
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Mi piaceva pensare che la vecchietta aspettasse me. Era spesso sulla grande terrazza dell’ultima casa prima del sentiero. Stava seduta su di una sedia con i braccioli, con i pizzi sul cuscino. E mi salutava allegra con la mano, quando mi vedeva passare veloce sulla bike, prima di scomparire risucchiato dal bosco. Mi piaceva pensare che aspettasse me, ed ogni volta, un attimo prima di impegnare il sentiero, la cercavo con lo sguardo e se c’era mi salutava contenta ed io rispondevo subito, più volte, contento. E se non c’era un po’ mi dispiaceva, un po’ mi mancava. La vidi ancora, ma sempre meno, e i suoi saluti erano più lenti, meno gioiosi e le sue spalle erano coperte dallo scialle e lei un po’ più vecchia un po’ più stanca. E poi non la vidi più. Ma la sedia con i braccioli restava sulla terrazza, come un presagio, e lentamente marciva sotto la pioggia ed i pizzi svolazzavano con il vento impietoso che in inverno scende dal sentiero e si infila tra le case e in quella casa silenziosa, vuota, angosciante. Che tristezza, piegato sui pedali spingevo in salita, quasi a voler cancellare con la fatica il pensiero della vecchietta giunta al suo ultimo inverno. E tutto intorno a me a ricordarmi le stagioni della vita e sperare inconsciamente di poter tutto esorcizzare correndo veloce sui sentieri silenziosi, nel fitto di un bosco stillante in un inverno malinconico. E lungamente quella sedia triste abbandonata, dimenticata, in un oblio doloroso, ed ogni volta un pensiero, una fitta di tristezza. Poi la casa riprese vita e colore e chiasso, lavori, operai e bambini, ma la sedia non c’era più, né i pizzi né lo scialle, in una nuova stagione della vita, sempre, inevitabile…….


Mi piace ancora pensare che la vecchietta aspettasse me.



ciao mattley lee.
come già detto da tantissimi forumendoli non posso che esprimerti gratitudine per la delicatezza con cui hai raccontato un dolore. A distanza di anni, a me piace pensare che quel dolore sia stato lenito dal balsamo della consapevolezza di averlo condiviso intimamente con tutti quanti noi.
un sorriso.
 

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