...e solo qualche ora fa c'era chi si indignava per il termine utilizzato nel titolo.
Questo è di due anni fa:
L'IDIOTA IN CHIEF-IL RE E' PAZZO
di VITTORIO ZUCCONI
L’Imperatore non è nudo, è “un idiota”.
Nel castello di Re Donald, i cortigiani tremano: si sono ormai tutti convinti che il sovrano lo sia, “un idiota”. Si deve ricorrere al dizionario dei sinonimi per seguire le variazioni sul tema alle quali i personaggi citati dall’autore del libro che sta sconvolgendo la corte ricorrono per battere sullo stesso concetto, che Trump sia intellettualmente “unfit”, un “semialfabeta” (sic) senile incapace di comprendere ed esercitare la massima funzione istituzionale prevista dalla Costituzione americana che lui “non capisce”. La persona incaricata di illustrargliela racconta: «Arrivati al quarto articolo (la Costituzione americana ne conta sette, più i 27, fondamentali Emendamenti) il presidente perse la concentrazione».
L’insegnante, disperata, rinunciò a proseguire la lezione su quel documento che il capo dello Stato aveva giurato, con la mano sulla Bibbia della madre, di “sostenere e difendere” da tutti i nemici.
Era stato Rupert Murdoch, il miliardario australiano proprietario di Sky TV e della Fox, quello che Trump aveva freneticamente corteggiato per averne l’approvazione, il primo a concludere, dopo una telefonata, che il presidente era un “fottuto imbecille”.
Dopo Murdoch lo “squalo” era stato Rex Tillerson, già presidente della Exxon sorprendentemente chiamato a un incarico di segretario di Stato che non voleva («fu mia moglie a spingermi», confesserà poi) a raggiungere la stessa convinzione: «Trump is a moron», è uno scemo. Gary Cohn, finanziere nominato capo dei consiglieri economici, lo caratterizzò come un escremento, «è una merda». H.R. McMaster, direttore del Consiglio per la sicurezza nazionale, il massimo organismo di consulenza in materia di pace e guerra, lo giudica più garbatamente un “dope”, un fessacchiotto, come “Dopey”, il Cucciolo babbeo dei Sette Nani. E il segretario al Tesoro, Mnuchin è d’accordo con l’ex capo gabinetto della Casa Bianca, Reince Priebus, nel definire Trump “un idiota”. Il cento per cento di chi è a contatto quotidianamente con lui, conclude il libro, concorda.
Nessuno dei personaggi citati nei poco lusinghieri giudizi sull’intelletto dell’uomo dal “Grande Bottone” che controlla più di seimila testate nucleari ha finora smentito di avere utilizzato il dizionario del sinonimi di “idiota”, senza neppure le attenuanti letterarie dostoevskijane. Il sospetto che Trump non giochi con un «mazzo completo di carte», come ha detto l’ex amico e deputato repubbblicano Joe Scarborough dopo un incontro privato alla Casa Bianca si sta estendendo: «Gli chiesi che cosa leggesse e dopo una lunga esitazione mi rispose: la Bibbia, ogni tanto». Nel duello quotidiano coi giornalisti, ormai si chiede apertamente alla portavoce di Trump se il presidente aggiungerà al check-up fisico in questo gennaio anche un esame psichiatrico. I costituzionalisti si chiedono se le condizioni mentali possano, come le infermità fisiche, giustificare la deposizione di un presidente in base al 25esimo emendamento, uno di quelli ai quali mai Trump arrivò nella lezione.
Era dagli anni ’70, quando Gerald Ford divenne il successore di emergenza di Nixon con la sua fama di goffo, non geniale deputato, che non si mettevano in dubbio le facoltà mentali di un presidente. Ronald Reagan, negli ultimi anni del suo mandato, aveva dato i segni di quell’Alzheimer che lo avrebbe poi devastato e ucciso, ma la dedizione totale della moglie Nancy, la fedeltà assoluta del suo staff e l’adorazionne di milioni di americani che pure lo avevano inizialmente osteggiato avevano coperto il suo appannamento, spiegato anche con i quasi 80 anni.
Nessuno, per ora, di fronte alla grandinata di giudizi sferzanti venuti dalla sacrestia del potere, si è alzato a proteggerlo. L’avanzare dei sintomi è notato e sempre più visibile. Trump rifiuta conferenze stampa tradizionali, troppo rischiose, preferendo quei rapidi, telegrafici scambi di battute al volo con giornalisti mentre s’incamminna verso l’elicottero presidenziale.
Ricorre maniacalmente a Twitter perchè limita a pochi caratteri la incapacità di esprimere concetti ragionati e complessi. Nelle sue conversazioni private, sempre più brevi, i collaboratori notano come tenda a ripetere gli stessi aneddoti o le stesse formule verbali ogni pochi minuti, altro segno inquietante.
Se questi grandi sacrestani, ministri, collaboratori, consiglieri che hanno raggiunto la certezza unanime che il loro Capo sia un cretino resistono è precisamente perché lo giudicano tale, perchè si sentono l’ultima linea di difesa prima del precipizio, votati a limitare i danni. Svegliandosi ogni mattina, se sono riusciti a dormire, correndo a vedere che altro abbia twittato nel cuore della notte “l’Idiota in Chief”.