Il tunnel del Tremalzo in versione Ice Age
Tremalzo, un simbolo per chi va in mountain bike, sia per chi lo conquista con la faticosa salita partendo 2000 metri di dislivello più in basso sul Garda, sia per chi lo percorre solo in discesa, salendo con uno shuttle. Migliaia di biker transitano ogni anno sulla splendida strada militare che scollina in una galleria buia, prima di scendere in direzione Valli Giudicarie. Ben due gare ci transitano, la Rampiledro ad inizio stagione, la Bikextreme ad ottobre, quando l'autunno chiude il sipario delle danze per questo classico itinerario. La prima neve arriva spesso a novembre, rendendo la strada intransitabile. O almeno, così pensavo fino a stamattina. Due giorni fa è nevicato copiosamente in quota ed ero convinto che il Tremalzo non fosse fattibile, ma per un fotoshooting mi trovavo in zona e così ho deciso di provare l'avventura nella neve dell'Alto Garda, visto il meravigioso meteo. Con me due ragazzi e una ragazza tedesca.
La perfetta quantità di neve per pedalare
La strada asfaltata che porta al Rifugio Garda viene pulita dallo spazzaneve proprio poco prima del nostro passaggio in furgone. Ebbene si, la salita ce la siamo fatta così. L'aria della mattina è pungente. Ci prepariamo ai primi raggi del sole che si alzano da dietro la cengia del Tremalzo e che subito ci riscaldano. Partiamo di buona lena, le gomme scricchiolano nella neve fresca e i nostri corpi arrivano presto alla giusta temperatura, dato che la strada è in salita. Il morale è alle stelle dato che la neve non è troppa e il cielo così blu che più blu non si può.
Enter night! Ci addentriamo nell'ombrosa salita dal lato ovest dopo essere stati trasportati in furgone fino al Rifugio Garda
Vediamo la strada che si inerpica verso la galleria del Tremalzo. Saranno circa 250 metri di dislivello, niente di speciale. Quando entriamo nella zona d'ombra della montagna la quantità di neve aumenta e ci costringe a scendere di sella, senza però sprofondare più di tanto con i piedi nella neve. Il panorama spazia fino al Brenta e all'Adamello, per non parlare delle centinaia di montagne che vediamo ma a cui non riusciamo a dare un nome.
The north face non si smentisce mai e ci constringe a scendere dalla sella.
Così deve essere un inverno che si rispetti!
Arriviamo alla galleria, l'attraversiamo facendo attenzione alle lastre di ghiaccio dovute alle infiltrazioni d'acqua e usciamo sul lato est del Tremalzo. Sole. Lago. Discesa infinita davanti a noi.
Le ruote non erano chiodate, il grip però era perfetto
Quante serpentine ha la strada del Tremalzo? Boh, tante. Come un serpentone arrotolato su se stesso si snoda questo sterrata verso il Passo Nota. Curva dopo curva ci sentiamo sempre più a nostro agio con il fondo nevoso, derapiamo e ci divertiamo come dei bambini.
Julian Motes in azione
Arriviamo ad un'altra lunga galleria. Buio. Freddo. Ghiaccio.
Usciamo: estate! La neve sulla strada è sparita, lasciando il posto al temuto ghiaino del Garda. La temperatura è primaverile, la vicinanza del lago si fa sentire. Lasciamo correre le bici, tentando di non guardare troppo il panorama spaziale che si apre davanti a noi. È visibile l'intero Garda, perfino le cime degli Appennini si possono scorgere all'orizzonte.
A manetta verso il Passo Nota
Gunda si concede una pausa meditativa
Ci godiamo la discesa come dei re nel loro territorio di caccia privato. Oggi non c'è in giro nessuno a parte noi. Arriviamo al Passo Nota, deserto anche lui. Qualche strappettino ci fa sudare nelle nostre giacche, per poi ripagarci con il lungo traverso che porta verso il passo Rocchetta. Il lago è sempre più vicino, ma non perdiamo quota. Siamo ancora sui 1150 metri di altitudine, in alto sopra la Valle del Singol che si butta su Limone. Passiamo la Baita Segala e poi la strada diventa un sentiero in leggera discesa, perfetto per lasciar correre le bici. Con noi sopra....
Un tratto della strada del Tremalzo
Al sole la temperatura sale a livelli primaverili, ci togliamo le giacche e ci godiamo la nostra solitudine e la libertà che la mountain bike ci concede. Qualche volta mi chiedo cosa farei in questi momenti se non avessi una bici sotto il sedere. Sarei a casa di fronte al computer? O in ufficio a sognare guardando fuori dalla finestra? Ogni tanto bisogna ricordarsi di vivere, io mi ricordo che sto vivendo quando sono fuori nella natura, oggi è uno di quei giorni.
Presso il passo Rocchetta
Dal Passo Rocchetta comincia la goduria vera e propria: un sentiero rincorre l'altro, curva dopo curva, pezzo fluido dopo pezzo fluido. Se la mountain bike è stata inventata per qualche cosa, allora per questa discesa. Gli scorci sul lago sono imbattibili, l'adrenalina pompa nelle vene, la neve è dimenticata così come le magagne della vita di tutti i giorni.
Non mi stancherò mai di fotografare il Garda...
Transitiamo per Pregasina e imbocchiamo la strada del Ponale. Siamo quasi arrivati in fondo quando, aspettando Gunda, non la vediamo arrivare ma sentiamo un orribile rumore di qualcosa che cade e striscia sull'asfalto. "Gunda?" Urla Julian. "Gunda tutto ok?". "No!", dice lei. La risposta mi fa drizzare i capelli in testa, corriamo in salita per raggiungerla e la troviamo distesa per terra che si tiene il gomito, con la faccia coperta da una maschera di dolore. Già penso come portarla giù, dato che le ambulanze qui non arriverebbero, pian piano lei però si rialza, si risiede in bici e scende lentamente con la mano sana sul manubrio. Anche questa è mountain bike...
È amore?
È sera, siamo tutti a tavola a mangiare degli strangolapreti deliziosi. Gunda ha fatto le radiografie e fortunatamente non si è rotta niente. Il gomito è gonfio ma a parte qualche sbucciatura è sano. Sorride quando la prendiamo in giro per il volo su un pezzo dritto di asfalto dopo tutta la discesa tecnica che si era fatta alla grande poco prima. Cose che capitano.
Domani si ricomincia e lei non vede l'ora di risalire in sella, come noi tutti.
Così era cominciata la giornata