Il Pirata ci ha lasciato !!! riposi in pace

  • Siete di quelli che, quando comincia a fare freddo, mettono la bici in garage e vanno in letargo, sdivanandosi fino alla primavera? Quest’anno avrete un motivo in più per tenervi in forma, e cioè la nostra prima Winter Cup, che prende il via il 15 novembre 2024 e si conclude il 15 marzo 2025.
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Grazie Marco
per ogni istante di gloria e gioia che ci hai regalato.
Per ogni salita che avremmo voluto fare nella tua scia
per ogni volta che ti sei tolto la bandana ..e non perchè faceva caldo

Non ci saranno più le pause dal lavoro per vedere in diretta le tappe del giro e del tour, solo per cercare la tua pelata in mezzo al gruppo che, mani basse sul manubrio, lasciava tutti impietriti sui pedali....

Sei stato un piccolo grande uomo, un buono dal cuore enorme, forse un pò ingenuo per la fiducia che hai dato a chi non ti ha ripagato con la stessa moneta...
ma è stato facile volerti bene ed ammirarti.
Ti auguro la serenità che meritavi e che speravo ti riportasse in vetta al Mortirolo quest anno...ti aspetteremo comunque:::

oggi la tua bandana era con me in bici a farmi compagnia:::
Speriamo che le nuvole lassù abbiano il 20% di pendenza così ti possa ancora divertire::::

ADDIO CAMPIONE
 

l.j.silver

Biker delirius tremens
7/10/03
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mordor
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Bike
fatti miei
....non sono mai stato tifosodi nessuna squadra di calcio o di qualche ciclista...o di qualsiasi altro sport....neppure ho mai amato il ciclismo su strada.....poi arriva questo omino pelato....e per la prima volta in vita mia quando scattava in salita il mio cuore accellerava i battiti all'inverosimile e venivo sopraffatto da un emozione grande....
aveva un carisma che pochi altri hanno avuto...sapeva appassionare,quando staccava tutti in salita si vedeva un'energia..una forza....campioni cosi' sono piu' che rari.
un saluto...grazie!
 

Urca

Biker ultra
20/11/03
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Torino e Asti
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Di solito non partecipo alle condoglianze, preferisco, se devo parlare bene di una persona, parlarne quando è viva e non quando è morta, in quel caso sembra che siano tutti santi.
Ma in questo caso non riesco a farne a meno, Pantani è stato una persona eccezionale, dicono che era debole di carattere, dimenticando che nonostante tutti gli incidenti che ha subito è riuscito a rinascere e a vincere, come solo i grandi campioni di un tempo riuscivano a fare. Ricorderò per sempre le sue vittorie al giro e al tour, forse l'impresa sportiva più bella e coraggiosa che abbia mai visto in vita mia.
Sei stato un grande non solo per le tue vittorie ma per la tua forza di volontà e l'esempio che sei stato per tutti noi.
Addio per sempre Pantani per me sei stato il più grande assieme a Coppi, spero se esiste qualcosa dopo, vi troviate insieme a battagliare sulle salite del paradiso.
 

annaluisamaria

Biker novus
15/2/04
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Torino
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E' da ieri sera in seconda serata che Ti guardo in tv e non riesco a non piangere ... Cercavano qualcuno che pagasse per tutti ... Hanno deciso che saresti stato Tu .....
Ma è davvero grave e ridicolo che continuino con tutto questo clamore e stupore i "media". Le sostanze dopanti sono in largo uso nello sport Amatoriale. Figuriamoci nel Professionismo ..... Era il segreto di Pulcinella.
Basta guardare le medie/km, le prestazioni di questi sportivi, per capire.
E, se nello sport amatoriale è una scelta, nel Professionismo E' COSI'. Punto. Oppure sei tagliato fuori. Non c'è scelta. Ed ancora una volta la Vita ci fa capire che quando vai forte ed hai il "vento in poppa" tutti Ti stanno intorno, Ti fanno anche le feste. Sensazioni che anche Marco ha vissuto. Ma quando molli, quando intorno a te si fa buio, quando ti oscurano ... sei solo. E Marco se n'è andato da SOLO.
Ciao Marco.
Se alziamo gli occhi al cielo, lo possiamo vedere, in sella alla Sua bici, volare verso traguardi migliori. :-(
 

Pe

Biker velocissimus
30/10/02
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per adesso roma...
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a me pantani mi aveva entusiasmato quando con ancora qualche capello in testa scattò al giro davanti ad indurain mi pare l'anno dell'ultima accoppiata giro-tour.

...un sogno; stavo ancora a scuola e probabilmente è stato uno dei motivi che mi hanno portato ai pedali!
e per questo lo ringrazierò sempre!

poi ha avuto la sfortuna di essere un mito vero!
per milioni di motivi ha dovuto ricomnciare molte volte; ma evidentemente l'ultima caduta non gli ha permesso di ritornare a quel livello di mito.

...e questo l'ha bruciato!

sono colpito!
 

gmt

Biker superis
15/9/03
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Lugano
www.gianmariatogni.ch
Ho pianto...non per il campione...non per l'uomo...non per l'ingiustizia.
Ho pianto perché mi sono sentito participe della tua solitudine, nessuna sofferenza é pari alla solitudine, la morte senza nessuno accanto é la maniera più triste di lasciare questo mondo.

Ti penserò, grazie MARCO !
 

Elborga

Biker ultra
11/2/03
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Arezzo
www.pbase.com
Il mio ricordo come tanti "Itagliani medi " nel vedere nascere il "Campione" Pantani è quello di un Omino brutto piccolo e consunto dalla fatica dei pedali aggredire con la forza di un leone avversari e salite in quella sua meravigliosa stagione agonistica.
Vedevo in lui il riscatto dell'uomo "normale"...nn bello e patinato e pure( per me antipatico ) di un Cipollini o dell'uomo bionico Amstrong.
Ci ha fatto sognare l'Omino........mi ha fatto sognare.....
Ma i sogni se da una parte ci aiutano a vivere meglio e a perseguirne e crearne dei propri....dall'altra ci rendino ciechi di vedere la spesso cruda realtà che questi sogni nascondono e i sacrifici che richiedono.
Ho incontrato Pantani un giorno in autostrada in un autogrill a pranzo.
Una persona semplice ed educata....un po' introverso....delicato..quasi.
Imbarazzato + lui che io, che stavo richiedendogli un autografo, con lo sguardo schivo ,....un sorriso timido.
Oltre che un "Campione" poteva essere l'amico di chiunque della porta accanto.
Io nn sono un fans sfegatato di nessuno.
Ne lo ero neanche di Pantani , ma come nn emozionarsi x quell'Omino così ....
L' emozione poi finì quando crudamente degli esami clinici ci riaprirono gli occhi su quello che in realtà c'è dietro spesso dietro ogni favola.
Certo lui è colpevole,.....ma lo sono di più le oscure figure che contornano il mondo dello sport(?) e lucrano su sacrifici umani.
Lo siamo tutti !....come il buon Maradona ha detto....(ma nn nel senso che forse intendeva Lui...)...con la nostra ipocrisia e mancanza di etica al quale il mondo di oggi ci educa e fa crescere le nuove generazioni , costringendoci(?) nel nome del Diodenaro a simili aberrazioni.
Nn celebriamo il campione.....perchè nn c'è campione.
Io piangerò x un Omino delicato e timido , fragile , che noi con il nostro silenzio e indifferenza abbiamo ucciso.
 

annaluisamaria

Biker novus
15/2/04
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Torino
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Un articolo di Vittorio Zucconi sulla morte di Pantani. Io l'ho trovato
bello, se avete tempo e voglia, leggetelo.
Ciao

La droga
Non è il doping, non è la solitudine, non è l'eritropoietina, non sono stati
gli antidepressivi o che altro ci fosse nei flaconi che aveva con sè
nell'ultima stanza della sua vita, a uccidere Marco Pantani. Siamo stati
noi, i tifosi, gli appassionati, i lettori di giornali e i consumatori di
telefinzioni, che costruiamo idoli più grandi della vita e poi li
scarichiamo come simulacri vuoti di gesso dimenticando che essi non sono
ciclisti, centravanti, pugili ma esseri umani spesso fragilissimi, a
ucciderlo.

Su tutti coloro che lavorano in pubblico, che siano ballerine o tenori,
sportivi professionisti o giornalista, politicanti o comici, pesa l'incubo
della oscurità, della morte civile, della vecchiaia. Ma su nessuno, come su
un campione dello sport, il raggio di luce è più effimero, la vita
professionale è più breve, il futuro più vuoto. Infanzie e adolescenze
consumate nell'impadronirsi di tecniche complesse ma completamente inutili,
il controllo della palla, il colpo di pedale, le tattiche, il jab destro o
sinistro, la corretta esecuzione di un tiro libero, si bruciano in pochi
anni, al massimo in un decennio per i più fortunati. E alla metà dei
trent'anni, quando la vita per una donna o un uomo qualsiasi è appena
cominciata e resta statisticamente un mezzo secolo da vivere, si trovano - a
volte - con le tasche piene e il cuore vuoto. Un cantante può trascinare la
propria carriera gigioneggiando oltre i sessant'anni, come un Pavarotti, un
giornalista può scrivere fino a novant'anni, come i Montanelli, i Biagi o
gli Scalfari. Ma Ronaldo a sessant'anni non giocherà più e nessuno vincerà
un Tour a cinquant'anni, neppure il miracoloso Armstrong.
La ghigliottina del tempo e dell'oscurità è tanto più terribile quando più
sontuoso è stato il piedistallo costruito dallo "sport business" sotto i
piedi della vittima e soprattutto in sport individuali come il ciclismo. E
il palco non è mai stato enorme come lo è oggi, quando l'adorazione popolare
per il campione del momento si fa industria colossale attorno a lui o lei.

Investimenti da media industria sono fatti attorno ai legamenti, agli
adduttori, ai polpacci, alle ossa, alle mani, ma quasi mai attorno al
cervello e all'anima, di uno sportivo, che in cambio deve produrre, perché
nessuno regala nulla. Il "prodotto" deve giocare anche quando non è in
forma, anche se non ne ha voglia, perché costa un sacco di soldi, perché la
chirurgia e l'ortopedia e la medicina oggi sono in grado di riparare
organismi che ancora pochi anni or sono avrebbero ceduto.

Il doping, qualunque cosa questa parola troppo generica significhi
(un'infiltrazione di cortisone e novocaina per far giocare chi non sarebbe
altrimenti in grado di farlo è doping?) non è la causa, è l'effetto di una
situazione nella quale ragazzi quasi sempre profondamente immaturi, mal
consigliati, circondati da sicofanti e leccapiedi interessati che gli
congelano lo sviluppo psicologico per trasformarli in eterni bambini, si
trovano davanti alla pillola o alla siringa che può fare la differenza tra
una vita al banco di un bar o l'apoteosi sui Pirenei. Si può chiedere a un
ragazzo africano un po' gracilino la scelta eroica di restare pulito in
Nigeria o in Sierra Leone a pascolare le capre, anziché pomparsi per
diventare appetibile al Manchester, al Chelsea, al Milan, alla Juve o anche
soltanto al Perugia?

Con quali paraocchi possiamo, noi cannibali del tifo che danziamo attorno al
pentolone dove bolle la vittima, chiedere a calciatori di fare 80 partite
all'anno, a ciclisti di fare tappe di montagna a medie che sarebbero
difficili da tenere guidando una buona automobile e stancherebbero il
guidatore, bevendo l'acqua dell'uccellino di Del Piero o le aranciate con un
pizzico di sale dentro? Ma chi prendiamo per il sedere, noi stessi o loro?
Quanto sarebbe stato grande, il "Pirata", se avesse avuto la forza di andare
in tv, quel giorno orrendo della squalifica, e dirci, ma state zitti, branco
di ipocriti sanguinari che pur di provare il brivido surrogato della
vittoria attraverso di noi sareste pronti a imbottirci di tritolo, altro che
eritropoietina, ma preoccupatevi dei vostri figli, ma aprite gli occhi, ma
non lo sapete che qui si pompano tutti, se vogliono vincere?

Non lo ha fatto perché aveva sperato ancora di tenere lontano da sè la fine
della propria vita, cioe il ciclismo, che era la sua vita. La lunga discesa
verso l'oscurità che attende il 99,9 di coloro che oggi sono "i nostri eroi"
è terribile per tutti, e può essere mortale per chi, come Marco Pantani, non
scende, ma precipita di schianto nella trappola spalancata sotto i piedi. La
decompressione dell'idolo può essere mortale, come per un sommozzatore, se
la risalita è troppo violenta. La scoperta di essere soltanto pezzi di una
macchina che saranno sostituiti e dimenticati, come il pistone o lo
scappamento, se non funzionano più bene, ha effetti micidiali, se il "pezzo"
non ha sempre avuto la coscienza di essere, appunto, soltanto questo, un
attore in in show che altri possono recitare. Ma chi riesce a mantenere la
prospettiva della realtà, quando ogni minuto della vita è circondato da
cortigiani e agitatori di flabelli?
Quei minuti di silenzio, quella retorica in scatola e quei bracciali a lutto
sono maquillage autogiustificatorio di chi sa di avere code di paglia lunghe
come i tapponi pirenaici. Non possono nascondere la ferocia cannibalistica
di un mondo dello "sport business" che mastica e sputa i bocconi, quando
perdono il sugo e il sapore. Non ci saranno mai leggi o alambicchi che
possano riconoscere e combattere il "doping" mentale che avvelena lo sport e
del quale il "doping" farmacologico è soltanto l'effetto secondario. Per
questo, come per tutti i vizi, la cosa più difficile non è cominciare, ma
smettere. Marco Pantani è morto da "tossicodipendente" dello sport al quale
è stata tolta la droga che noi, i suoi adoratori e carnefici, gli avevamo
venduto. Il resto è retorica.

PS: Niente commenti alle - per lo più squallide - partite della giornata. La
morte di Pantani toglie ogni desiderio di fare battute, persino sull'Inter.
 

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