Per una volta vorrei soffermarmi a sottolineare quello che la giornata di ieri ha significato, più che quello che ho provato durante la pedalata. Secondo me è stata l'esaltazione dello spirito vero e autentico di cosa è la mountain bike.
Perché è vero che i dettagli tecnici sono importanti, ci divertono, ci interessano e ci fanno giocare, ma i dibattiti tra full e front, perno passante e tipo di cerchio, escursioni e tipo di forcella, non devono distogliere l'attenzione da quello che questo mezzo è, alla sua vera natura.
E se è vero che tutto è partito, tanti anni fa, dall'idea di creare una bici in grado di raggiungere qualunque luogo (preferibilmente in altura), di percorrere qualunque sentiero men che meno agibile, di superare ogni ostacolo, e di vivere in definitiva nella natura in compagnia e nel divertimento più assoluto, tutto questo ieri è stato ricreato e vissuto dai partecipanti nella sua essenza più vera e piena.
Tutto è sembrato piegarsi a questo ritorno alle origini, dalla polizia che ci ha creato un cordone di sicurezza alla partenza (grazie ancora al supporto delle forze dell'ordine) al tempo, che ci ha graziato e scortato per tutto il giorno, salvo poi scoppiare in un pianto a di rotto, nel tardo pomeriggio, quando anche Giove pluvio si è reso conto che in collina non c'erano più i Botoli a solcare agili e leggiadri (e forse anche un po' alcolici) sentieri nascosti.
"Non è stato il destino a farci arrivare qui, siamo stati noi."
Grazie a tutti quelli che hanno resto possibile questa magia.
Già, poi c'è anche da sbrigare qualche piccola faccenda amministrativa che si diceva alla fine del giro.