Apro questo thread dedicato all’ultima versione della full da XC racing della casa elvetica, presentata nell’ultimo quadrimestre 2018 e commercializzata dalla stagione successiva. Nel catalogo 2020 presenta allestimenti parzialmente diversi e aggiornati (rispetto alle versioni 2019), ma sempre declinati in tre versioni, a seconda del montaggio (denominate semplicemente ONE, TWO, THREE). Comune per tutte il telaio full-carbon (compreso il link della sospensione), disponibile anche da solo.
Di seguito, una tabella riassuntiva dei tre differenti allestimenti:
I dati sono ripresi dal sito ufficiale (https://it-it.bmc-switzerland.com) e potrebbero contenere qualche imprecisione o discrepanza con gli allestimenti effettivamente importati nei vari mercati.
Di seguito, invece, riporto la tabella sintetica delle geometrie, comuni a tutte le versioni, suddivise per taglia telaio (dalla S alla XL):
Le immagini seguenti ritraggono i tre modelli con le rispettive grafiche 2020:
A parte la particolarità del reggisella telescopico integrato (RAD), saltano all’occhio alcune misure caratteristiche (angolo sella, tubo sterzo, reach, stem) che, all’epoca del lancio, apparivano fin’anche “estreme” e forse più consone ad una trail bike ma che, nella stagione corrente, sono state “pareggiate” da altri competitor, il che testimonia a chiare lettere quale sia la tendenza attuale anche nel mercato XC racing.
Tendenza che, peraltro, non mostra inversioni di nota solamente per i prezzi, visto che, per un montaggio adeguato, le cifre appaiono sempre più esorbitanti.
Una possibile exit-strategy è di trovare “a prezzo” un frame-kit e di trasferirvi la componentistica di cui eventualmente si dispone, rivendendo il vecchio telaio (ammesso e non concesso che gli standard non siano variati con conseguenti incompatibilità varie…).
Ad ogni buon conto, questa è la strada che ho seguito, riciclando tutta la componentistica presente sulla mia ex front. Si tratta di un montaggio per nulla esoterico nè finalizzato a particolari risparmi ponderali, ma attento più che altro alla funzionalità e alla robustezza, composto da:
Primo test effettuato su sentieri a me noti e abbastanza variegati (sottobosco con radici e drop, discese in rock-garden, qualche salita su sterrato easy a pendenza costante), senza aver ancora avuto modo di tarare adeguatamente il sag (operazione, peraltro, agevolata dalla presenza sul carro di indicatori del relativo settaggio).
Già ben conoscevo (per avere posseduto in passato una BMC Speedfox) l’efficienza dello schema sospensivo della casa elvetica - inquadrabile nello schema dual-link - in termini di capacità della sospensione di rimanere attiva anche sulle piccole asperità e di indifferenza del carro ad innescare fastidiose oscillazioni in pedalata, anche a prescindere dall’azionamento del blocco dell’ammo.
La cosa è stata puntualmente riconfermata anche con la Fourstroke, in cui le salite particolarmente scassate vengono digerite con una facilità ed una costanza di rendimento inarrivabili per qualsiasi front, specialmente con le sospensioni nella posizione intermedia, che assicurano adeguata capacità di filtrazione e nessun indesiderato fenomeno di bobbing.
Sullo sterrato più facile, invece, e pur diventando sostanzialmente rigida con il blocco attivato, ritengo che un’ottima front di pari livello ed equipaggiamento sia superiore, non fosse altro per il peso inferiore (in cui il delta, a spanne, sarà sempre di ca. 1,5kg).
Diciamo che la mia curiosità principale, nelle salite, era misurare l’efficienza del mezzo in raffronto alle particolari geometrie del telaio, ed in questo sono stato effettivamente sorpreso. Nonostante l’angolo di sterzo particolarmente disteso, la posizione in sella (grazie anche all’angolazione del tubo piantone) è molto confortevole e centrale e la percepibile rigidità del telaio aiuta a non disperdere watt mantenendo l’efficienza di pedalata.
Non sono del tutto convinto (ma potrebbe essere questione di abitudine) della lunghezza dello stem, da 50mm nella misura S del telaio da me utilizzato (essendo un “diversamente alto” di 1,68m). Forse un cm in più sarebbe l’optimum per tirare adeguatamente sul manubrio nelle pendenze più accentuate.
Altra piacevole sorpresa è stata l’agilità: pur con le ruote grandi e misure “trailistiche”, non si avverte il minimo impaccio nei single-track più claustrofobici e la bici gira in un fazzoletto.
Ma è in discesa che si avvertono i maggiori benefici del pacchetto telaio-geometrie-sospensioni-reggisella. Lontana anni-luce dalle saltellanti XC vecchio stile, la Fourstroke non appare mai nervosa o inadeguata, a prescindere dalle caratteristiche del pendio in cui la si conduce. Questo non significa che si possa scendere a tutta per la via più diretta come con una enduro, ovviamente: le sospensioni sono ben meno rigide e con tutt’altra escursione, ragion per cui si tratterà sempre di scegliere la linea più adeguata, solo con più sicurezza e meno patemi d’animo.
In tutto questo, un aiuto impagabile arriva dal reggisella telescopico integrato, che potrà fare storcere il naso agli integralisti ed a chi è attento a risparmiare ogni grammo ma che, nelle discese toste, è quasi impossibile non apprezzare, senza necessità di assumere posizioni funamboliche con il sellino davanti alla bocca. Il funzionamento è meccanico e, pur non essendo smooth quanto un Reverb, non ha dato adito a critiche (a parte forse il comando, dall'aspetto un po' dimesso). La corsa è di 80mm: non certo esuberante in ambito trail-all mountain, ma adeguata al contesto di impiego di questa bici.
Concludendo, direi per ora soddisfatto. Si tratta di una prima presa di contatto, ma le premesse sembrano incoraggianti.
Non si tratta, certamente, del mezzo migliore per affrontare lunghe marathon molto pedalate e poco tecniche (in cui una buona front avrà sempre qualche punto in più, a parte il confort), ma di sicuro è una validissima performer in un ambito a 360° e laddove si voglia aggiungere quel pizzico (o anche più) di sicurezza nei percorsi più variegati e nei passaggi più tecnici, senza evidenti contropartite in termini di guida e di pedalabilità (fatti salvi, naturalmente, i maggiori oneri di manutenzione derivanti dalla presenza di una sospensione posteriore).
Di seguito, una tabella riassuntiva dei tre differenti allestimenti:
I dati sono ripresi dal sito ufficiale (https://it-it.bmc-switzerland.com) e potrebbero contenere qualche imprecisione o discrepanza con gli allestimenti effettivamente importati nei vari mercati.
Di seguito, invece, riporto la tabella sintetica delle geometrie, comuni a tutte le versioni, suddivise per taglia telaio (dalla S alla XL):
Le immagini seguenti ritraggono i tre modelli con le rispettive grafiche 2020:
A parte la particolarità del reggisella telescopico integrato (RAD), saltano all’occhio alcune misure caratteristiche (angolo sella, tubo sterzo, reach, stem) che, all’epoca del lancio, apparivano fin’anche “estreme” e forse più consone ad una trail bike ma che, nella stagione corrente, sono state “pareggiate” da altri competitor, il che testimonia a chiare lettere quale sia la tendenza attuale anche nel mercato XC racing.
Tendenza che, peraltro, non mostra inversioni di nota solamente per i prezzi, visto che, per un montaggio adeguato, le cifre appaiono sempre più esorbitanti.
Una possibile exit-strategy è di trovare “a prezzo” un frame-kit e di trasferirvi la componentistica di cui eventualmente si dispone, rivendendo il vecchio telaio (ammesso e non concesso che gli standard non siano variati con conseguenti incompatibilità varie…).
Ad ogni buon conto, questa è la strada che ho seguito, riciclando tutta la componentistica presente sulla mia ex front. Si tratta di un montaggio per nulla esoterico nè finalizzato a particolari risparmi ponderali, ma attento più che altro alla funzionalità e alla robustezza, composto da:
- ruote carbon DT Swiss XMC 1200, mozzi DT Swiss 240s;
- trasmissione completa SRAM Eagle XX1;
- forcella Fox SC Factory;
- freni Shimano XT;
- manubrio Bontrager carbon Line Pro 720;
- sella Bontrager Montrose Pro carbon;
- pneumatici Schwalbe Racing Ray (ant) + Racing Ralph (post);
- pedali Raceface Atlas.
Primo test effettuato su sentieri a me noti e abbastanza variegati (sottobosco con radici e drop, discese in rock-garden, qualche salita su sterrato easy a pendenza costante), senza aver ancora avuto modo di tarare adeguatamente il sag (operazione, peraltro, agevolata dalla presenza sul carro di indicatori del relativo settaggio).
Già ben conoscevo (per avere posseduto in passato una BMC Speedfox) l’efficienza dello schema sospensivo della casa elvetica - inquadrabile nello schema dual-link - in termini di capacità della sospensione di rimanere attiva anche sulle piccole asperità e di indifferenza del carro ad innescare fastidiose oscillazioni in pedalata, anche a prescindere dall’azionamento del blocco dell’ammo.
La cosa è stata puntualmente riconfermata anche con la Fourstroke, in cui le salite particolarmente scassate vengono digerite con una facilità ed una costanza di rendimento inarrivabili per qualsiasi front, specialmente con le sospensioni nella posizione intermedia, che assicurano adeguata capacità di filtrazione e nessun indesiderato fenomeno di bobbing.
Sullo sterrato più facile, invece, e pur diventando sostanzialmente rigida con il blocco attivato, ritengo che un’ottima front di pari livello ed equipaggiamento sia superiore, non fosse altro per il peso inferiore (in cui il delta, a spanne, sarà sempre di ca. 1,5kg).
Diciamo che la mia curiosità principale, nelle salite, era misurare l’efficienza del mezzo in raffronto alle particolari geometrie del telaio, ed in questo sono stato effettivamente sorpreso. Nonostante l’angolo di sterzo particolarmente disteso, la posizione in sella (grazie anche all’angolazione del tubo piantone) è molto confortevole e centrale e la percepibile rigidità del telaio aiuta a non disperdere watt mantenendo l’efficienza di pedalata.
Non sono del tutto convinto (ma potrebbe essere questione di abitudine) della lunghezza dello stem, da 50mm nella misura S del telaio da me utilizzato (essendo un “diversamente alto” di 1,68m). Forse un cm in più sarebbe l’optimum per tirare adeguatamente sul manubrio nelle pendenze più accentuate.
Altra piacevole sorpresa è stata l’agilità: pur con le ruote grandi e misure “trailistiche”, non si avverte il minimo impaccio nei single-track più claustrofobici e la bici gira in un fazzoletto.
Ma è in discesa che si avvertono i maggiori benefici del pacchetto telaio-geometrie-sospensioni-reggisella. Lontana anni-luce dalle saltellanti XC vecchio stile, la Fourstroke non appare mai nervosa o inadeguata, a prescindere dalle caratteristiche del pendio in cui la si conduce. Questo non significa che si possa scendere a tutta per la via più diretta come con una enduro, ovviamente: le sospensioni sono ben meno rigide e con tutt’altra escursione, ragion per cui si tratterà sempre di scegliere la linea più adeguata, solo con più sicurezza e meno patemi d’animo.
In tutto questo, un aiuto impagabile arriva dal reggisella telescopico integrato, che potrà fare storcere il naso agli integralisti ed a chi è attento a risparmiare ogni grammo ma che, nelle discese toste, è quasi impossibile non apprezzare, senza necessità di assumere posizioni funamboliche con il sellino davanti alla bocca. Il funzionamento è meccanico e, pur non essendo smooth quanto un Reverb, non ha dato adito a critiche (a parte forse il comando, dall'aspetto un po' dimesso). La corsa è di 80mm: non certo esuberante in ambito trail-all mountain, ma adeguata al contesto di impiego di questa bici.
Concludendo, direi per ora soddisfatto. Si tratta di una prima presa di contatto, ma le premesse sembrano incoraggianti.
Non si tratta, certamente, del mezzo migliore per affrontare lunghe marathon molto pedalate e poco tecniche (in cui una buona front avrà sempre qualche punto in più, a parte il confort), ma di sicuro è una validissima performer in un ambito a 360° e laddove si voglia aggiungere quel pizzico (o anche più) di sicurezza nei percorsi più variegati e nei passaggi più tecnici, senza evidenti contropartite in termini di guida e di pedalabilità (fatti salvi, naturalmente, i maggiori oneri di manutenzione derivanti dalla presenza di una sospensione posteriore).