Giro estremo. Vert esagerato all'inizio, poi semplicemente tossico in seguito.
Difficoltà tecniche elevatissime... e non lo dice un neofita.
E' richiesto un allenamento consistente per la durezza delle salite e per l'impegno fisico e psicologico delle discese che mai lasciano un minuto di tranquillità.
Indispensabili doti trialistiche e "scioltezza dh", tanto equilibrio, niente vertigini, bici con escursioni abbondanti e tanto tanto buon senso.
Il giro è da percorrere preferibilmente in estate, in particolari condizioni di secco. Tanto la salita è quasi tutta a nord, mentre la discesa è molto pericolosa se non ben asciutta.
___________________________________
L'itinerario previsto era questo.
L'itinerario effettuato ha evitato la seconda vetta, non salendo sul Monte Gambarogno, ma scendendo a nord dalla Corte di Neggia verso l'Alpe di Trecciura e Monti di Vira.
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Ci troviamo in quattro, alle 10 a Magadino, a pochi km da Locarno, primo paese sulla riva orientale del Lago Maggiore. Il tempo è soleggiato, con qualche nuvola: alcune impigliate nelle vette, altre sospese a bassa quota.
Siamo superturi, turbolince, Spa ed io. Saremmo dovuti essere molti di più, ma per un motivo o per l'altro alla fine i pacchi sono fioccati più che a Natale.
Fa freddino. C'è un'umidità penetrante che mi fa sentire il triplo dei miei anni.
Saliamo verso Orgnana su asfalto, con pendenze sostenute, poi più dolci, sperando di sfociare prima o dopo su uno sterrato (cosa che non succederà, dato che avranno asfaltato di recente questa stradina). Si scende a Quartino all'ombra evitando la strada cantonale, ma senza soddisfazioni. Diciamo che è stato un momento di socializzazione.
La prossima volta si eviterà questa variante, giungendo a Quartino direttamente sul fondovalle.
Prendiamo una strada che sale più o meno nella direzione giusta, e subito una mandria di enduristi svizzeri, che poco prima aveva sbagliato strada, ci passa.
L'asfalto presto lascia posto allo sterrato e poco dopo si imbocca un sentiero che sale ripido e viscido, costringendoci per lo più a spingere.
Presto però si incontra la strada lastricata romana che avremmo dovuto imboccare fin da sotto... :-P è un'acciottolato composto da saponette Dove, su cui perdere aderenza è la legge difficile da eludere. La pendenza che non molla mai è da mordere il manubrio. Ci vuole uno sforzo notevole per percorrerla in sella, tant'è che riprendiamo e sorpassiamo gli svizzeri, prendoci la rivincita (ho dato 6'50" in un paio di km al primo degli sfizeri!).
Salita davvero durissima, aggravata dal lastricato bagnato, già viscido per muschio e alghette, sotto le foglie di castagno.
Un saliscendi un po' sterrato e un po' asfaltato ci porta alla partenza della funivia a Rivera. C'è un sacco di gente.
18 chf = 12€ (resto in euro) una risalita con la bici.
una bici e un biker per cabina.
La salita in funivia al sole mette in risalto i fantastici colori delle faggete di quel versante.
Arrivati all'alpe Foppa ci gustiamo un po' di panorama, prima di rimetterci in marcia.
Subito le pendenze si impennano quasi da ribaltarsi e non scendere dalla sella è un'impresa.
Passato il limite della conca dell'alpe Foppa, si aggancia la sterrata che sale al Tamaro, con un ottimo fondo e pendenze sostenute (più di quanto mi aspettassi).
Si intravede in lontananza la piramide del Tamaro. E' quasi mezzogiorno e i aspettano ancora 500m di dislivello non proprio melliflui.
sale senza tregue
molto spettacolare, col sole che comincia a tingere d'oro i boschi oltre le creste, mentre noi rimaniamo all'ombra, col sudore che gela.
traforo pericolante... divieto di transito per i pedoni... ma per le bici... si può passare... tanto un macigno gigante che ha sfondato le reti di protezione... è già caduto...
Arrivati alle antenne, le rampe finalmente finiscono, lasciando spazio ad un bellissimo saliscendi in cresta fino alla Capanna Tamaro, oltre la quale il sentiero serpeggia su rocce bagnate e sconnesse, spesso costringendoci a portare prudentemente la bici per mano.
Ma le creste ci regalano scorci davvero stupendi:
Strapiombi. Raramente il sentiero è liscio e asciutto.
altra bocchetta
Arrivati alla base della piramide, non ci resta che prendere la bici in spalla e inerpicarci.
Superturi e Turbolince lasciano la bici lì alla base, salendo a piedi in vetta, per poi ridiscendere sui propri passi e in bici fare il diagonale che aggira la vetta, evitando il tratto ultra-vert.
Son 18,2kg di bici sulla schiena... porcazza...
Finalmente in cima!!!
Che bello! peccato per le nuvole che non ci permettono di avere un panorama a 360°, però bellissimo davvero!
Pranzo in vetta alle 14.
Mi pregusto una discesa estrema, davvero cazzuta su cui cimentarmi. I primi tornanti hanno un sapore del 102 di Limone...
Ma presto dovrò ricredermi... e oltre a cristare contro le mie pessime gomme, non potrò che ammettere che quella discesa è troppo difficile per me. Inoltre è tutta bagnata e fare passaggi S4 e S5... ma anche solo S3, con il vuoto da parte sulle rocce saponetta non è assolutamente consigliabile.
Una discesa da bestemmia. S4 costante, con brevi tratti S3 e punte S5, se non oltre. A differenza di tutti gli altri giri da me fatti e da quelli visti anche sui siti di vari pazzi furiosi, questo sentiero non dava MAI tregua. Non c'erano momenti in cui tirare il fiato, quindi, pensare di affrontare un S5, arrivando d un S3 e continuando per decine di metri di S4... beh... chapeau a chi ha il coraggio di tentare!
Una selva di pietre fisse e smosse, sempre molto ripido, esposto e viscidissimo. Con l'asciutto è il pane per chi ama il vertriding, ma "purtroppo" il livello richiesto è davvero superiore quello di tutti noi forumendoli. C'è da vedere se qualche vertrider vero e proprio o trailhunter è in grado di fare quei miracoli. Penso che qualcosa anche loro non riuscirebbero a fare.
Poi altri tratti erano molto difficili, ma fattibili con un bel DH16 davanti e un hiroller dietro... non con queste schifezze di gazzaloddi...
Incredibile poi la sequenza di una dozzina di tornantini chiusissimi a distanza di pochi metri uno dall'altro. Una serpentina vertiginosa che avrebbe allietato il pomeriggio a tutti i verter che si sarebbero cimentati. Io ho fatto pena, ma pazienza. Con quelle gomme, ho già fatto tanto.
Finalmente incrociamo il sentiero che hanno percorso gli altri compari. La mulattiera è larga ma molto dissestata e con le rocce bagnate è la fiera del jolly.
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Superturi e turbolince invece, ridiscesi a piedi lungo la stessa cresta, hanno aggirato la vetta su un sentiero che dev'essere stato davvero molto suggestivo.
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Subito non troviamo turi e gracielo, ma avendo impiegato molto tempo a percorrere questo maledetto sentiero oltrevert, decidiamo di proseguire. Così li riprendiamo alla fine dell'ultimo tratto di mulattiera dove regnavano mazzi di jolly. Con l'asciutto è uno spettacolo impagabile.
Difficile, bastarda, da interpretare. Al mio livello e, pur con poco grip, godo.
Sassi viscidi... sassi infingardi...
turi cade, si prende uno spavento da tremare ancora a lungo e picchia forte una mano. Il resto della discesa sarà ancora molto "spaventosa". Mi spiace un sacco...
Troppo bagnato... troppo sconnesso...
Le pietre non mancano.
Ma qui è bello giostrarsi anche in velocità, con un po' di DH, tra i tornantini trialistici.
Quando c'è un pezzo liscio, quasi non ci crediamo...
Purtroppo le mie pessime gazzaloddi mi abbandonano con una bella pizzicatura al posteriore, nonstante le pressioni alte. La spalla è sottilissima, ma il cerchietto durissimo. Facile pizzicare, un dramma levare e rimettere la gomma.
Nel serrare i dadi del perno, spezzo anche la chiave del multitool. Ma che minkia di sfiga!
Perdiamo un bel po' di tempo e sul resto della discesa, rimango preoccupato di non aver serrato bene i dadi della ruota dré...
Eccole, le pendici del Tamaro alle nostre spalle.
Locarno, là giù in fondo...
E il Gambarogno lì di fronte, tra le nuvole.
____________________________________
Intanto turi e lince erano scesi alla Corte di Neggia. Quando li raggiungiamo, turi ci informa che la sua mano s'è gonfiata e non se la sente più di proseguire. Così scenderà con lince sull'asfalto. Povero...
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E' anche tardi. Sono le 16 e ci mancano 1200m di dislivello.
Io e Spa decidiamo di non salire al Gambarogno, ma di provare una discesa che parte direttamente dalla Corte di Neggia.
Dal Gambarogno avevo studiato più varianti e conoscevo qualcosa; da lì invece era tutto incognito.
Subito il sentiero non si mostra se non come un segno bianco-rosso qua e là sugli alberi, mentre la traccia è sommersa da un manto di foglie fradice: una trappola, un tappeto che nasonde pietre melmose e radici bagnate. Equilibrismi alla cieca. Pendenze e contropendenze da brivido.
Asciutto sarà una meraviglia! L'estate prossima si rifarà di sicuro!
gradoni su radici bagnate, non sempre si riescono a fare in sella.
Tanta tanta tanta tecnica richiesta.
Spesso si arriva su pendenze da brivido tra sassi e radici. Non è raro che siano entrambe le ruote a slittare. Spesso bisogna ollare o cmq far strane manovre, semplicemente ipotizzando cosa ci sia sotto. Ad esempio: passaggio in contropendenza vicino ad un albero... quasi sicuramente ci sono delle belle radici viscidissime che ti porterebbero a valle, e allora si olla in quel punto... anche se le radici sotto le foglie non si vedono.
Impegnativo è un eufemismo.
La concentrazione è altissima. Basta un niente per scivolar giù col sedere per XX metri.
Ancora oggi sono "stressato" da quella discesa. Più che la stanchezza fisica, oggi sento quella mentale.
guadi, attraversamenti viscidi e risalite spallate.
Ad un bivio, su cui c'è segnata solo la direzione da cui proveniamo e quella che risale a destra, noi optiamo per scendere a sx, nella parte non segnalata, ma pur sempre in discesa! non abbiamo più voglia di spingere!
Ma appena ci accorgiamo che quel sentiero va dalla parte sbagliata, ci tocca caricarci la bici in spalla e risalire fino al bivio e ancora più sù e sù e sù.
Dopo un pezzo a tornanti sempre con la bici in spalla, finalmente la salita rallenta e per il lungo diagonale si può spingere.
Solo la magia di un soffio di vento che fa nevicare foglie brune tra i grigi fusti di faggio, ci rallegra. Siamo proprio stufi. E' tutto bagnato, freddo, anche se sudiamo un casino. Inseguiamo il sole che si allontana sui crinali.
Finalmente arriviamo all'Alpe di Tracciura! si ricomincia a scendere.
La discesa è completamente differente dalla precedente: pendenze appena accennate, quel che basta per non pedalate e farsi portare sul letto di foglie, serpeggiando a mezza costa nelle faggete sulla sottile linea. Spesso si tratta di terrazzini stretti su burroni vertiginosi, su cui le foglie esigono rispetto e cautela.
Perdiamo pochissimo dislivello, macinando km in quota, sempre in lieve discesa. Una favola. Peccato l'ora tarda che richiede una certa sollecitudine.
Su questi ameni sottili sentierini arriviamo ai Monti di Vira, da cui si apre un panorama splendido, con una luce che ci allarga il cuore e ci ripaga di tutte queste ultime fatiche.
Che bello.. che bello!! una favola. Il prato è una moquette, il sole ci rasserena; sembra essere vicina la macchina. Ma ci sarà ancora tantima discesa!!!
Un po' di tornantini in nosepress, poi ancora lunghi pezzi in falsopiano in discesa, su balconate da pelle d'oca, poi di nuovo tornantini.
Si attraversano vari alpeggi perfetti
E ancora tornantini, tratti guidati, fortunatamente con meno foglie sul sentiero, rendendo un minimo prevedibile la traiettoria.
Nosepress e nosepress...
giochi su sassi e radici... poi tornantini...
mi diverto un porcaio... c'è davvero da metterci tutta la tecnica in possesso.
Fino a toccare l'apice su una scalinata di pietra melmosa, ripidissima, con curva a 90° fronte precipizio su cui ci chiediamo se a piedi si riesce a fare... e la chiudo tutta in sella, senza mettere già il piede, facendo due ritocchi in nosepress seduto sulla ruota dietro (che è tutto dire).
Che fikooooo!
Poi ancora tornanti, tratti scorrevoli, e tornanti... fino ad arrivare ad una sterrata sopra Orgnana/Magadino.
Il pendio è troppo ripido (placche di roccia a picco sulla strada) per fare tagli freeride, così arriviamo a Orgnana su sterrata, comunque completamente sazi e soddisfatti per la discesa precedente.
A Orgnana prendiamo una mulattiera lastricata bene, acciottolata "liscia" e ci facciamo gli ultimi 120m di dislivello a fionda su queste gradonate infinite, facendo danzare ammo e forca ritmicamente.
E dopo 8 ore dalla partenza, rieccoci alle auto.
Che gioranta!
Grazie a tutti!
PUNTUALIZZAZIONI
http://www.mtb-forum.it/community/forum/showpost.php?p=2468569&postcount=48
Difficoltà tecniche elevatissime... e non lo dice un neofita.
E' richiesto un allenamento consistente per la durezza delle salite e per l'impegno fisico e psicologico delle discese che mai lasciano un minuto di tranquillità.
Indispensabili doti trialistiche e "scioltezza dh", tanto equilibrio, niente vertigini, bici con escursioni abbondanti e tanto tanto buon senso.
Il giro è da percorrere preferibilmente in estate, in particolari condizioni di secco. Tanto la salita è quasi tutta a nord, mentre la discesa è molto pericolosa se non ben asciutta.
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L'itinerario previsto era questo.
L'itinerario effettuato ha evitato la seconda vetta, non salendo sul Monte Gambarogno, ma scendendo a nord dalla Corte di Neggia verso l'Alpe di Trecciura e Monti di Vira.
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Ci troviamo in quattro, alle 10 a Magadino, a pochi km da Locarno, primo paese sulla riva orientale del Lago Maggiore. Il tempo è soleggiato, con qualche nuvola: alcune impigliate nelle vette, altre sospese a bassa quota.
Siamo superturi, turbolince, Spa ed io. Saremmo dovuti essere molti di più, ma per un motivo o per l'altro alla fine i pacchi sono fioccati più che a Natale.
Fa freddino. C'è un'umidità penetrante che mi fa sentire il triplo dei miei anni.
Saliamo verso Orgnana su asfalto, con pendenze sostenute, poi più dolci, sperando di sfociare prima o dopo su uno sterrato (cosa che non succederà, dato che avranno asfaltato di recente questa stradina). Si scende a Quartino all'ombra evitando la strada cantonale, ma senza soddisfazioni. Diciamo che è stato un momento di socializzazione.
La prossima volta si eviterà questa variante, giungendo a Quartino direttamente sul fondovalle.
Prendiamo una strada che sale più o meno nella direzione giusta, e subito una mandria di enduristi svizzeri, che poco prima aveva sbagliato strada, ci passa.
L'asfalto presto lascia posto allo sterrato e poco dopo si imbocca un sentiero che sale ripido e viscido, costringendoci per lo più a spingere.
Presto però si incontra la strada lastricata romana che avremmo dovuto imboccare fin da sotto... :-P è un'acciottolato composto da saponette Dove, su cui perdere aderenza è la legge difficile da eludere. La pendenza che non molla mai è da mordere il manubrio. Ci vuole uno sforzo notevole per percorrerla in sella, tant'è che riprendiamo e sorpassiamo gli svizzeri, prendoci la rivincita (ho dato 6'50" in un paio di km al primo degli sfizeri!).
Salita davvero durissima, aggravata dal lastricato bagnato, già viscido per muschio e alghette, sotto le foglie di castagno.
Un saliscendi un po' sterrato e un po' asfaltato ci porta alla partenza della funivia a Rivera. C'è un sacco di gente.
18 chf = 12€ (resto in euro) una risalita con la bici.
una bici e un biker per cabina.
La salita in funivia al sole mette in risalto i fantastici colori delle faggete di quel versante.
Arrivati all'alpe Foppa ci gustiamo un po' di panorama, prima di rimetterci in marcia.
Subito le pendenze si impennano quasi da ribaltarsi e non scendere dalla sella è un'impresa.
Passato il limite della conca dell'alpe Foppa, si aggancia la sterrata che sale al Tamaro, con un ottimo fondo e pendenze sostenute (più di quanto mi aspettassi).
Si intravede in lontananza la piramide del Tamaro. E' quasi mezzogiorno e i aspettano ancora 500m di dislivello non proprio melliflui.
sale senza tregue
molto spettacolare, col sole che comincia a tingere d'oro i boschi oltre le creste, mentre noi rimaniamo all'ombra, col sudore che gela.
traforo pericolante... divieto di transito per i pedoni... ma per le bici... si può passare... tanto un macigno gigante che ha sfondato le reti di protezione... è già caduto...
Arrivati alle antenne, le rampe finalmente finiscono, lasciando spazio ad un bellissimo saliscendi in cresta fino alla Capanna Tamaro, oltre la quale il sentiero serpeggia su rocce bagnate e sconnesse, spesso costringendoci a portare prudentemente la bici per mano.
Ma le creste ci regalano scorci davvero stupendi:
Strapiombi. Raramente il sentiero è liscio e asciutto.
altra bocchetta
Arrivati alla base della piramide, non ci resta che prendere la bici in spalla e inerpicarci.
Superturi e Turbolince lasciano la bici lì alla base, salendo a piedi in vetta, per poi ridiscendere sui propri passi e in bici fare il diagonale che aggira la vetta, evitando il tratto ultra-vert.
Son 18,2kg di bici sulla schiena... porcazza...
Finalmente in cima!!!
Che bello! peccato per le nuvole che non ci permettono di avere un panorama a 360°, però bellissimo davvero!
Pranzo in vetta alle 14.
Mi pregusto una discesa estrema, davvero cazzuta su cui cimentarmi. I primi tornanti hanno un sapore del 102 di Limone...
Ma presto dovrò ricredermi... e oltre a cristare contro le mie pessime gomme, non potrò che ammettere che quella discesa è troppo difficile per me. Inoltre è tutta bagnata e fare passaggi S4 e S5... ma anche solo S3, con il vuoto da parte sulle rocce saponetta non è assolutamente consigliabile.
Una discesa da bestemmia. S4 costante, con brevi tratti S3 e punte S5, se non oltre. A differenza di tutti gli altri giri da me fatti e da quelli visti anche sui siti di vari pazzi furiosi, questo sentiero non dava MAI tregua. Non c'erano momenti in cui tirare il fiato, quindi, pensare di affrontare un S5, arrivando d un S3 e continuando per decine di metri di S4... beh... chapeau a chi ha il coraggio di tentare!
Una selva di pietre fisse e smosse, sempre molto ripido, esposto e viscidissimo. Con l'asciutto è il pane per chi ama il vertriding, ma "purtroppo" il livello richiesto è davvero superiore quello di tutti noi forumendoli. C'è da vedere se qualche vertrider vero e proprio o trailhunter è in grado di fare quei miracoli. Penso che qualcosa anche loro non riuscirebbero a fare.
Poi altri tratti erano molto difficili, ma fattibili con un bel DH16 davanti e un hiroller dietro... non con queste schifezze di gazzaloddi...
Incredibile poi la sequenza di una dozzina di tornantini chiusissimi a distanza di pochi metri uno dall'altro. Una serpentina vertiginosa che avrebbe allietato il pomeriggio a tutti i verter che si sarebbero cimentati. Io ho fatto pena, ma pazienza. Con quelle gomme, ho già fatto tanto.
Finalmente incrociamo il sentiero che hanno percorso gli altri compari. La mulattiera è larga ma molto dissestata e con le rocce bagnate è la fiera del jolly.
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Superturi e turbolince invece, ridiscesi a piedi lungo la stessa cresta, hanno aggirato la vetta su un sentiero che dev'essere stato davvero molto suggestivo.
state all'occhio, ragazzi...Turbolince 21-10-08 ha scritto:Mi giunge notizia che nel tratto che aggira la punta, quello che abbiamo fatto io e tury, 2 tedeschi sono stati recuperati da un elicottero l'anno scorso..erano finiti di sotto !!!
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Subito non troviamo turi e gracielo, ma avendo impiegato molto tempo a percorrere questo maledetto sentiero oltrevert, decidiamo di proseguire. Così li riprendiamo alla fine dell'ultimo tratto di mulattiera dove regnavano mazzi di jolly. Con l'asciutto è uno spettacolo impagabile.
Difficile, bastarda, da interpretare. Al mio livello e, pur con poco grip, godo.
Sassi viscidi... sassi infingardi...
turi cade, si prende uno spavento da tremare ancora a lungo e picchia forte una mano. Il resto della discesa sarà ancora molto "spaventosa". Mi spiace un sacco...
Troppo bagnato... troppo sconnesso...
Le pietre non mancano.
Ma qui è bello giostrarsi anche in velocità, con un po' di DH, tra i tornantini trialistici.
Quando c'è un pezzo liscio, quasi non ci crediamo...
Purtroppo le mie pessime gazzaloddi mi abbandonano con una bella pizzicatura al posteriore, nonstante le pressioni alte. La spalla è sottilissima, ma il cerchietto durissimo. Facile pizzicare, un dramma levare e rimettere la gomma.
Nel serrare i dadi del perno, spezzo anche la chiave del multitool. Ma che minkia di sfiga!
Perdiamo un bel po' di tempo e sul resto della discesa, rimango preoccupato di non aver serrato bene i dadi della ruota dré...
Eccole, le pendici del Tamaro alle nostre spalle.
Il momento più particolare è stato quando io e Super Fucking Tury abbiamo perso Hk e Spa e ci siamo fermati a riflettere in un punto della montagna che è un anfiteatro naturale sulla parete del tamaro.
Niente da fare li abbiamo persi...nel silenzio ovattato ecco un suono di zoccoli sulle rocce come lo stambecco che taglia una pietraia ... ma poi un punto bianco ..scende verticale sulla pietraia...poi un'altro... sono loro come 2 animali selvatici scendono nell'impossibile
Locarno, là giù in fondo...
E il Gambarogno lì di fronte, tra le nuvole.
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Intanto turi e lince erano scesi alla Corte di Neggia. Quando li raggiungiamo, turi ci informa che la sua mano s'è gonfiata e non se la sente più di proseguire. Così scenderà con lince sull'asfalto. Povero...
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E' anche tardi. Sono le 16 e ci mancano 1200m di dislivello.
Io e Spa decidiamo di non salire al Gambarogno, ma di provare una discesa che parte direttamente dalla Corte di Neggia.
Dal Gambarogno avevo studiato più varianti e conoscevo qualcosa; da lì invece era tutto incognito.
Subito il sentiero non si mostra se non come un segno bianco-rosso qua e là sugli alberi, mentre la traccia è sommersa da un manto di foglie fradice: una trappola, un tappeto che nasonde pietre melmose e radici bagnate. Equilibrismi alla cieca. Pendenze e contropendenze da brivido.
Asciutto sarà una meraviglia! L'estate prossima si rifarà di sicuro!
gradoni su radici bagnate, non sempre si riescono a fare in sella.
Tanta tanta tanta tecnica richiesta.
Spesso si arriva su pendenze da brivido tra sassi e radici. Non è raro che siano entrambe le ruote a slittare. Spesso bisogna ollare o cmq far strane manovre, semplicemente ipotizzando cosa ci sia sotto. Ad esempio: passaggio in contropendenza vicino ad un albero... quasi sicuramente ci sono delle belle radici viscidissime che ti porterebbero a valle, e allora si olla in quel punto... anche se le radici sotto le foglie non si vedono.
Impegnativo è un eufemismo.
La concentrazione è altissima. Basta un niente per scivolar giù col sedere per XX metri.
Ancora oggi sono "stressato" da quella discesa. Più che la stanchezza fisica, oggi sento quella mentale.
guadi, attraversamenti viscidi e risalite spallate.
Ad un bivio, su cui c'è segnata solo la direzione da cui proveniamo e quella che risale a destra, noi optiamo per scendere a sx, nella parte non segnalata, ma pur sempre in discesa! non abbiamo più voglia di spingere!
Ma appena ci accorgiamo che quel sentiero va dalla parte sbagliata, ci tocca caricarci la bici in spalla e risalire fino al bivio e ancora più sù e sù e sù.
Dopo un pezzo a tornanti sempre con la bici in spalla, finalmente la salita rallenta e per il lungo diagonale si può spingere.
Solo la magia di un soffio di vento che fa nevicare foglie brune tra i grigi fusti di faggio, ci rallegra. Siamo proprio stufi. E' tutto bagnato, freddo, anche se sudiamo un casino. Inseguiamo il sole che si allontana sui crinali.
Finalmente arriviamo all'Alpe di Tracciura! si ricomincia a scendere.
La discesa è completamente differente dalla precedente: pendenze appena accennate, quel che basta per non pedalate e farsi portare sul letto di foglie, serpeggiando a mezza costa nelle faggete sulla sottile linea. Spesso si tratta di terrazzini stretti su burroni vertiginosi, su cui le foglie esigono rispetto e cautela.
Perdiamo pochissimo dislivello, macinando km in quota, sempre in lieve discesa. Una favola. Peccato l'ora tarda che richiede una certa sollecitudine.
Su questi ameni sottili sentierini arriviamo ai Monti di Vira, da cui si apre un panorama splendido, con una luce che ci allarga il cuore e ci ripaga di tutte queste ultime fatiche.
Che bello.. che bello!! una favola. Il prato è una moquette, il sole ci rasserena; sembra essere vicina la macchina. Ma ci sarà ancora tantima discesa!!!
Un po' di tornantini in nosepress, poi ancora lunghi pezzi in falsopiano in discesa, su balconate da pelle d'oca, poi di nuovo tornantini.
Si attraversano vari alpeggi perfetti
E ancora tornantini, tratti guidati, fortunatamente con meno foglie sul sentiero, rendendo un minimo prevedibile la traiettoria.
Nosepress e nosepress...
giochi su sassi e radici... poi tornantini...
mi diverto un porcaio... c'è davvero da metterci tutta la tecnica in possesso.
Fino a toccare l'apice su una scalinata di pietra melmosa, ripidissima, con curva a 90° fronte precipizio su cui ci chiediamo se a piedi si riesce a fare... e la chiudo tutta in sella, senza mettere già il piede, facendo due ritocchi in nosepress seduto sulla ruota dietro (che è tutto dire).
Che fikooooo!
Poi ancora tornanti, tratti scorrevoli, e tornanti... fino ad arrivare ad una sterrata sopra Orgnana/Magadino.
Il pendio è troppo ripido (placche di roccia a picco sulla strada) per fare tagli freeride, così arriviamo a Orgnana su sterrata, comunque completamente sazi e soddisfatti per la discesa precedente.
A Orgnana prendiamo una mulattiera lastricata bene, acciottolata "liscia" e ci facciamo gli ultimi 120m di dislivello a fionda su queste gradonate infinite, facendo danzare ammo e forca ritmicamente.
E dopo 8 ore dalla partenza, rieccoci alle auto.
Che gioranta!
Grazie a tutti!
PUNTUALIZZAZIONI
http://www.mtb-forum.it/community/forum/showpost.php?p=2468569&postcount=48