A mio avviso non è una questione di "cervelli", ma di opportunità che da il sistema produttivo di un determinato paese.
Ormai il 90% della produzione mondiale è fatta in Oriente, e persino i cosidetti "medio-piccoli d'elite" se non si sono già convertiti alla produzione delocalizzata, lo stanno per fare o cmq si servono di terzisti asiatici.
Il famoso "R&D" delle tali aziende è più altro l'ufficio marketing.
Nei vari servizi su riviste estere che visitano le grandi aziende si può notare come (soprattutto negli states) questi "reparti" siano popolati da gente (sicuramente capace), ma che non sembra uscita dalla Nasa... e molti progetti sono "proposti" direttamente da chi produce (il che mi sembra abbia anche un senso, visto che i progetti sono vincolati dai mezzi produttivi e non il contrario, a meno di investimenti ingenti).
A livello "nazionale" restano solo i piccoli imprenditori semiartigianali, e non solo in Italia, ma dappertutto.
Tanto per fare un es. in Francia i marchi che tirano di più sono Commençal e Lapierre. Commençal non è nemmeno francese, ma ha sede legale ad Andorra (evidentemente per motivi fiscali, come
Scott i Svizzera) e produce a taiwan. Lapierre produce a taiwan e pur avendo sede in Francia fa parte di un enorme gruppo Olandese.
Sul fatto che in Italia "la bicicletta sia la bdc" non ne sarei tanto sicuro, almeno viste le statistiche di produzione:
http://www.ancma.it/common/file/articolo_144sezione_15.pdf
Forse, più che altro, essendo l'immagine dell'italia legata anche all'estero alla bdc, i grossi gruppi investono in questo settore (l'unico grosso gruppo che ha investito in Italia lo ha fatto nella bdc infatti: cyclingeurope)
Quindi in generale mi pare che più che altro in Italia manchino le possibilità per sviluppare "progetti in grande" nel mondo mtb soprattutto per la ricerca di capitalizzare il patrimonio tradizionale della bdc. Insomma per ragioni "culturali" come diceva Muldox.