La massa di domani si chiama olimpica per una semplice vicinanza temporale. Poi mette in luce alcuni aspetti delle olimpiadi che danneggiano il mondo del ciclismo urbano come per esempio la chiusura dell'ufficio biciclette in comune per racimolare 800 miseri uri al mese. Oppure la creazione di svariati kilometri di corsie olimpiche mentre sulle piste cicliabili si trovano sempre parcheggiati degli stro.nzi perché quel genio che le ha progettate non ha pensato che se le si mettono di fianco ad una strada senza rialzi e senza uno straccio di divisione le auto le interpretano come un parcheggio.
Fino ad ora mi sono trattenuto dall'intervenire , in quanto chiaramente di parte , ma visto che , come ci ricorda Grillo , in fondo chi ci amministra e' un nostro dipendente, vi riporto la risposta fornita da un architetto del comune in merito alla questione:
<<<il problema che lei ha sollevato ci è assolutamente noto (oltrechè già considerato in fase di progetto) e stiamo studiando le più efficaci forma di comunicazione per porre in evidenza il fenomeno quale costume incivile e non rispettoso sia delle regole che degli altri utenti dello spazio pubblico. E' a questo proposito doveroso aggiungere che, nelle sedi a loro tempo previste per la comunicazione con la cittadinanza (sicuramente poco frequentate da chi ha scarso senso civico) in ambito circoscrizionale il possibile fenomeno fu già ampiamente segnalato per mettere in guardia una sorta di auto-vigilanza da parte di residenti e fruitori del rinnovato viale.
Detto ciò è necessario fare un passo indietro e ritornare alla fase di progetto.
Le linee guida per la riqualificazione dell'intero asse di corso Francia, sviluppate per conto dell'Amministrazione Comunale dal prof. arch. Giorgio De Ferrari, prevedevano una circolazione ciclistica lungo una ciclopista bidirezionale posta su di un solo lato del corso: a sud nel tratto Statuto/Bernini e a nord oltre piazza Bernini.
Se il tratto successivo, stante la sua sezione, predominante rispetto all'intero sviluppo del corso (è da tenere presente che il mantenimento degli alberi esistenti era da considerare quale vincolo ineludibile e che dopo piazza Bernini i due filari sono decentrati rispetto all'attuale sezione del corso verso il lato sud), aveva suggerito la proposta della tipologia a sede bidirezionale, nel tratto inziale del corso quella posizione non era mantenibile proprio a causa della diversa posizione degli alberi lungo quel tratto.
Ora è da ricordare anche che la scelta di lasciare parcheggiare le auto lungo la fascia di platani con disposizione a spina di pesce implicava di avere una dimensione utile di fuoriuscita dall'area di parcheggio di quattro metri e mezzo.
Fu allora scelto di proporre per quel tratto lo scorrimento della ciclopista bidirezionale sul lato sud. La verifica di progetto definitivo mise tuttavia in luce le conseguenze assai poco felici di quella scelta, che avrebbe comportato (stante l'esatto rilievo sviluppato in fase di progettazione) una sensibile riduzione del marciapiedi da quel lato - notoriamente più commerciale - soprattutto dalla parte di piazza Bernini, portandolo a una sezione media vicina ai due metri.
Uno dei presupposti dell'intervento sul viale di corso Francia era però una sensibile miglioria della fruibilità ciclopedonale, con la massima messa in valore possibile dell'insieme ambientale sostenuto sia dallo sviluppo delle chiome dei platani (per il tratto fino a piazza Massaua) che dalla qualità architettonica medialmente espressa soprattutto nel tratto iniziale. Ridurre i marciapiedi (cosa che si sarebbe rivelata necessaria con quella soluzione) rispetto alla sezione esistente sarebbe stato improponibile.
Fu allora valutata la possibilità di distribuire la ciclopista sui due lati, riducendo l'ingombro della sede ciclabile sul lato sud, ma bisognava tenere in conto anche la necessità - sopra richiamata - della sezione libera di quattro metri e mezzo dall'area di parcheggio veicolare per permettere l'uscita dei veicoli. La somma della ciclopista oltre a una carreggiata da quattro metri e mezzo (per un totale di sei metri per lato) non poteva essere contenuta dalle dimensioni pur sempre abbastanza limitate del corso.
Si escogitò quindi la soluzione in corso di realizzazione, che permetteva - in uno stato di civile rispetto delle regole - di salvare tutte le condizioni:
1) una corsia veicolare di non più di tre metri, per scoraggiare l'utilizzo della banchina di controviale da parte del traffico di percorrenza, permettendo comunque una facile accessibilità ai parcheggi, ai passi carrai e alla viabilità secondaria;
2) una ciclopista unidirezionale in sede propria (e non protetta) che favorisse la mobilità ciclabile lungo ambedue i lati del corso, compreso quello più commerciale;
3) una fascia libera sufficientemente profonda per favorire veloci inserimenti e disinserimenti degli autoveicoli dalla fascia di parcheggio.
La barriera vera e propria alle auto fu quindi individuata oltre la pista ciclabile, per proteggere dalla presenza veicolare almeno la porzione di marciapiede vero e proprio ponendo i dissuasori in ghisa a cinque metri dal limite dei parcheggi. Fu valutato che l'unidirezionalità della pista ciclabile avrebbe limitato i possibili conflitti in fase di manovra dei veicoli e che la sede ciclabile, per quanto attribuita alla percorrenza ciclabile potesse essere invasa momentaneamente - e con le dovute cautele - dai veicoli in manovra per il parcheggio, ottenendo di limitare anche il fenomeno della sosta abusiva che si sarebbe comunque presentato in maniera cronica se si fosse optato per la necessaria carreggiata veicolare di quattro metri e mezzo.
E' da ricordare che il tratto da lei osservato è ancora in fase di cantiere e solo provvisoriamente aperto alla pubblica fruibilità.
Alcuni elementi progettuali non sono ancora stati posti in opera (tra gli altri i cartelli segnalanti la ciclopista e i cosiddetti "occhi di gatto", piccole calotte vetrose in rilievo, poste lungo il cordolo separante la ciclopista dalla corsia veicolare vera e propria, con forte potere riflettente nelle ore serali e notturne.).
Le fasce trasversali in cubetti di sienite non sono ancora poste in opera lungo la corsia veicolare (mentre lo sono già sul marciapiede e la ciclopista) e la perdurante siccità così come le tracce polverose dell'attività di cantiere non hanno ancora messo in luce la chiara e incontrovertibile differente natura del rivestimento della ciclopista (lastre in calcestruzzo a effetto pietra di colore rossastro) rispetto alla corsia veicolare (asfalto colorato di ocra).
Senza considerare il cordolo longitudinale in granito bianco di Montorfano che costituisce un rialzo minimo - ma pur sempre percettibile nella guida di un'automobile - e che, grazie alla sua limitata altezza dalla sede dei veicoli a motore, non costituisce pericolo per i ciclisti ed è sempre valicabile dai disabili in sedia a rotella provenienti dalla fascia a parcheggio veicolare.
Progettare un rinnovo di un viale della natura di corso Francia, tenendo presenti tutte le esigenze, non è affare da poco: se si tira la coperta troppo forte da una parte si scopre inevitabilmente qualcosa che era abituato a essere coperto.
L'equilibrio tra le varie esigenze è esercizio assai arduo da ottenere. Se poi qualche cosa di estraneo all'esercizio si intromette - più che imprevedibilmente direi: arrogantemente - allora si rischia davvero la demolizione del disegno originario. Però veda: a ben guardare tutto è riconducibile a una questione di tendenze. Prima di tutto proporre qualche anno fa un tale progetto sarebbe stato improponibile ("ma come: mi levate il parcheggio da sotto casa?") mentre adesso, con nuove sensibilità e nuove attenzioni alla qualità ambientale ciò è stato possibile (i commenti dei residenti raccolti dall'impresa appaltatrice e dalla Direzione Lavori son tutti positivi; e dire che qualche disagio compensativo lo avranno pure loro).
Poi però è da osservare la capacità di presa che riesce ancora a esprimere il "partito degli automobilisti" (per quanto sia evidente che uno dei problemi centrali della città è la sosta dei veicoli, soprattutto residenziali, su spazio pubblico): un analogo progetto di riqualificazione ambientale riguardante corso Regio Parco è stato modificato a seguito di feroci polemiche locali (per quanto parziali), elidendo la prevista sede ciclabile in sede propria per far posto a più parcheggi e dovendo proporre una ciclopista in promiscuo con i pedoni in mezzo al viale, pur sapendo i limiti che una siffatta soluzione ha nella percorribilità ciclabile, soprattutto in esigue sezioni. C'è da sperare che col tempo - e progressivi contenimenti di posizioni eccessivamente di parte o, peggio ancora, demagogiche - si arrivi alla coscenza comune che la nostra città non è nata per l'automobile e che la sua adattabilità ha dei limiti evidenti in qualsiasi parte di essa sia messa sotto analisi progettuale.
Contribuisca, per cortesia, anche lei alla nascita di questo rinnovo delle coscenze civiche, magari portandosi appresso dei foglietti da apporre sotto la spazzola tergicristalli dei veicoli che lei trovassse in stazionamento abusivo e intralciante sulla ciclopista di corso Francia. Basterà forse ricordare ai loro proprietari che con quell'abuso, oltre che scomodità ai ciclisti essi producono ostacolo alle automobili che dovessero uscire dal parcheggio regolare o che dovessero accedervi (ah già, parcheggio che bisognerebbe pagare... "ma sì, mi fermo un attimo sulla ciclopista, tanto gli ausiliari GTT sono chiamati a mettere la multa solo all'interno delle strisce blu...").
Sono a disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento volesse ottenere o qualsiasi soluzione lei sapesse indicarci.
Cordiali saluti.
arch. Filippo ORSINI
Comune di Torino
Divisione Infrastrutture e Mobilità
Settore Riqualificazione Spazio Pubblico
piazza San Giovanni, 5
I-10122 Torino
tel: (0039)0114433383
fax: (0039)0114433384
cell: (0039)3487448619
e-mail:
filippo.orsini@comune.torino.it>>>>>>
Tutto molto bello , con l'eccezzione dell'invito a farsi giustizia da soli. Io non vedo proprio perche' quando vado sotto i portici con la bici debba venire multato , mentre i pedoni (o le automobili) sulle piste ciclabili no. Che pensino loro a mettere un cavolo di vigile che pattuglia le piste e "dissuade" gli irrispettosi.
La cosa sicura e' che in tasca non portero' bigliettini per il parabrezza , ma un attrezzino molto utile ai latticizzatori. W les degonfles!
Il mecca
P.s. scusate il post enorme!