.Ora, dal momento che è ormai riconosciuto che i danni derivanti da incidenti tra ciclisti sono irrisori se confrontati ai danni derivanti da incidenti tra ciclisti e terze parti (motorizzate), la prima vera operazione di sicurezza è la differenziazione del traffico sulla viabilità ordinaria (sicurezza sia per i ciclisti che per gli utenti motorizzati che non vengono distratti dal "traffico lento").
Per quei tratti percorsi dai ciclisti al di fuori della viabilità ordinaria (cioè su sentieri, strade forestali, a maggior ragione su strade non asfaltate) la velocità è modesta. Va ricordato che l'energia è proporzionale al quadrato della velocità e quindi a velocità modeste corrispondono energie in gioco modeste, quindi basse probabilità di incidenti rilevanti.
In pratica, difficilmente un escursionista mantiene a lungo velocità superiori ai 30 km/h. Questa è una velocità del tutto simile a quella raggiunta da coloro che corrono a piedi...
Obbligo di casco per i ciclisti, quindi, equivarrebbe a spingere verso un obbligo legislativo sull'utilizzo del casco anche per i pedoni. Se si arrivasse anche ad obbligare il casco ai pedoni, forse, avremmo rasentato il ridicolo
Ci sono poi altri aspetti da non sottovalutare:
1) l'entrata in vigore di un obbligo legislativo porterebbe sicuramente parte dei ciclisti a smettere nell'utilizzo di questo mezzo per passare (specie negli spostamenti urbani) a mezzi motorizzati. A parte gli incalcolabili danni ambientali, questo genererebbe maggiori portate veicolari a parità di viabilità con conseguente crescita del numero di incidenti nel traffico motorizzato (incidenti che avvengono a velocità più alte, quindi con energie molto più alte in gioco
).
2) Come già si è visto in alcuni paesi esteri, l'influenza sulla percentuale di utilizzo del casco di una buona campagna promozionale può portare a risultati dello stesso ordine di grandezza di un'imposizione legislativa, ma con il grosso vantaggio di avere utenti che indosseranno il casco per convinzione e non per costrizione.
3) L'utilizzo del casco tra gli utenti della MTB in Italia è già attualmente molto diffuso e tale da raggiungere (ed in molti casi superare) le percentuali citate negli articoli precedentemente citati. E questo senza che via sia stato obbligo legislativo e nemmeno campagne promozionali.
4) Credo sia venuto il momento di sostituire all'idea di protezione personale del ciclista il concetto di protezione generale del ciclista. E' sicuramente utile, cioè indossare un casco, così come lo sarebbe indossare
ginocchiere, paragomiti, un casco integrale con mentoniera, paracolpi per la colonna vertebrale, magari un cardiofrequenzimetro,
(gli incidenti non capitano solo alla testa e non è detto che gli incidenti alla testa siano più "gravi" di quelli, ad esempio, alla colonna vertebrale, come ben sanno coloro che frequentano il mondo delle downhill). Ma questo tipo di protezione non sarà mai sufficiente ad eliminare ogni rischio in una pratica sportiva, se non procediamo a dotarci di una protezione "passiva" realizzata attraverso interventi strutturali sulla viabilità ordinaria: chiedere con più forza la differenziazione e la moderazione del traffico, sia urbano che extra-urbano. Nel futuro, forse, raggiunto almeno l'attuale livello olandese nella differenziazione del traffico, altre misure risulteranno di maggiore efficacia.