Ore 8:30, esco di casa. Cielo Terso, freddo da paura. Sarà una grande giornata di mtb.
Io e Winterhawk abbiamo in programma l’ascesa al monte Taiano con la neve.
Arriviamo sotto al monte con aria interrogativa, nei prati circostanti solo qualche buona spruzzata di neve qua e la. Ci domandiamo se in cima ne troveremo un po di più. Il freddo è davvero pungente e la preparazione richiede più del dovuto. Non male come prima uscita dell’anno.
Iniziamo con calma la salita e con sorpresa notiamo che il fondo fangoso dei giorni scorsi si è solidificato e ghiacciato a dovere. Bene , la bici scorre tranquilla mentre attorno il bosco inizia a tingersi di bianco in maniera sempre più consistente. Col passare dei km la traccia diventa sempre più debole e la neve in mezzo al sentiero sempre più costante ed alta. Per fortuna la sterrata è stata battuta dai fuoristrada lasciando le due canalette relativamente libere dalla neve.
Il nostro quesito sulla quantità di neve viene piano piano risolto, la neve aumenta sempre più ai lati ed in mezzo al sentiero, ed anche le canalette iniziano a riempirsi di neve e ghiaccio, rendendo l’ascesa sempre più problematica, fino al punto in cui siamo costretti a scendere dalla bici perché la neve a fianco delle canalette è diventata troppo alta, e non permette ai pedali di girare. Da li in poi bisognerà procedere a piedi.
Lungo la salita iniziamo a trovare le tracce degli animali del bosco, finchè ci imbattiamo nelle minacciose impronte di un orso. Speriamo che l’animale sia passato nella notte precedente e proseguiamo. Purtroppo al paesaggio incantevole e selvaggio del monte imbiancato si aggiunge anche la presenza della bora, il temibile e gelido vento che nei tratti più esposti della salita soffia con un impeto difficilmente immaginabile alzando nuvoloni di neve.
Ad un certo punto il freddo si fa davvero inteso e decidiamo per una breve pausa, per vestirci ulteriormente. Addirittura ricorro alla mascherina Oakley da dh per pedalare in salita, che mi protegge gli occhi dal vento fortissimo. Verso il sesto km di salita non esistono più tracce, la neve fresca copre tutto ed anche le fronde degli alberi sono piene di neve. Procediamo a stento mentre il vento crea delle piccole dune di neve dalle improbabili forme. Per un attimo il vento si placa, la cosa mi fa ben sperare, forse si arriva in cima.
Al 7° km arriviamo al punto panoramico, ma qui tutte le speranze di arrivare in cima svaniscono. La bora inizia a soffiare in maniera impressionante rendendo quasi impossibile l’equilibrio, mentre la sterrata che conduce alla cima non esiste più , è tutta una distesa omogenea di neve bianca, dove gli unici punti di riferimento sono costituiti da qualche arbusto. Vediamo in lontananza la cima del Taiano sferzata da raffiche paurose che alzano nuvole di neve alte quanto l’intero rifugio. La temperatura è sicuramente sotto lo zero ma la bora contribuisce a rendere la sensazione sulla pelle ancora più glaciale.
Decidiamo di scendere lungo il solito singletrack segnato da un roccia proprio qui nel punto panoramico. Ci avventuriamo per un centinaio di metri nella neve ma del sentiero è persa ogni traccia. Mi accorgo che ormai con la gamba scendo nella neve fino al ginocchio e decido di abbandonare, dobbiamo risalire un po e tornare indietro da dove siamo venuti. Però mi accorgo di non farcela. Il mio peso più la bici a mano mi fanno affondare tantissimo nella neve e non riesco ad avanzare per riprendere la sterrata. So che la strada e li poco sopra, ma non riesco ad avanzare e la situazione climatica si fa brutta. Sento il cuore che inizia a battere forte e per la prima volta mi spavento e vengo colto dal panico. Vedo che Winterhawk si gira a vedere dove sono, mentre io sono bloccato nella neve. Mi fermo per un attimo a riprendere fiato ed a riflettere sul da farsi, e per mantenere il sangue freddo. Noto poco avanti a me dei cespugli che affiorano dalla coltre bianca: li la neve sarà meno alta. Con una fatica incredibile piano piano mi tolgo da quella situazione e riesco a trovare una via dove sprofondo poco….e piano piano raggiungo di nuovo la sterrata.
Fa freddissimo ma sono tutto sudato per lo spavento. Decidiamo di scendere da dove siamo saliti. Per 5 minuti buoni non proferisco parola, sono molto agitato. Poi piano piano riprendo fiducia e mi godo la discesa in questo binario di neve. In un tratto di neve più alta mi si impunta la ruota davanti e volo oltre la bici. Per fortuna la neve attutisce l’impatto, ed io , anche se sono con la bici da xc, mi sono portato il casco integrale, sapendo delle condizioni difficili. Winterhawk invece con la sua full scende liscio e sicuro.
Poco più avanti, in mezzo al sentiero vedo una cosa che mi ghiaccia il sangue di botto: delle enormi tracce di orso. Grandi, continue e soprattutto fresche. Quando siamo saliti non c’erano, le avremo viste da tante sono e quante sono grandi. Ora che scendiamo ci sono. Sarà passata mezz’ora nel mezzo. Significa che poco dopo il nostro passaggio in salita l’orso è passato con direzione a valle. Guardo Winterhawk con terrore e vengo ricambiato dal suo sguardo altrettanto preoccupato. Lui fa una foto alle impronte. L’orso ci ha sicuramente visto mentre salivamo , dal bosco. Ha lasciato che passassimo per poi riprendere il suo cammino. La cosa mi mette addosso panico. Dobbiamo scendere, e veloci., l’orso sta anche lui scendendo, e se siamo sottovento non si accorgerà di noi, rischiando di trovarcelo in mezzo al sentiero.
Preso dalla paura, nonostante la bici da xc mollo i freni e inizio a tirare in discesa, incurante del ghiaccio e della neve, e prego che tutto fili liscio. Mi accorgo di aver staccato winterhawk, cosi mi fermo ad aspettarlo con in mente il pensiero fisso di questo orso che è li con noi su quel versante del monto. Hawk arriva e riprendo a scendere. Mi accorgo che sono impanicato e che sto guidando veramente male….ed in fatti poco dopo, ad alta velocità, perdo il controllo e volo a terra sulla terra ghiacciata mista a neve. Batto forte il gomito e la testa e scivolo per una buona decina di metri. Per fortuna l’integrale assorbe la botta., mentre il gomito mi fa male. Arriva Winterhawk e mi trova rovesciato a terra con la bici poco lontano a me. Sento male ma bisogna presto rimettersi in sella e scendere. Per fortuna non troveremo l’orso, ed arriviamo all’auto sani e salvi. Per tutto il viaggio di ritorno a casa mia penso se siamo stati fortunati o se era improbabile vedere questo orso che era li con noi…..il dubbio mi rimane….meglio cosi….sicuramente però questa avventura non me la dimenticherò facilmente.
Da qui in avanti lascio la parola per il commento delle foto al mio compagno di avventura Winterhawk che ha vissuto con me questa straordinaria avventura
cliccate sulle foto per ingrandirle. attenzione, sono molto grandi e pesanti in termini di K, ho messo le anteprime, le foto sono caricate su imageshack. lasciate caricare piano piano le anteprime, e poi cliccateci sopra per avere la foto ingrandita
Winterhawk racconta:
i preparativi di Lord panzer prima della partenza: siamo ancora nella fase "ci sembra che ci sia poca neve sul monte"
una prima immagine della salita: nei tratti in ombra i "binari" sono ghiacciati, ma si riesce a salire perchè la neve non è troppo alta...
Posa di Lord panzer, in stile scandinavian black metal, come l'atmosfera del bosco, molto selvaggia e solitaria. Per fortuna su questo versante il vento non arriva più di tanto...
Altra immagine della salita: la neve aumenta man mano, ma ancora le sorprese che incontreremo ignioriamo: stiamo dicendo: beh, potremmo organizzare il raduno, vero? Le ultime parole famose
incontriamo della impronte: sembrano quelle degli zoccoli di un cavallo, ma sappiamo che nel monte c'è un plantigrado che gira, quindi cominciamo a riflettere... Si decide di avanzare comunque.
Un'altra immagine della salita: la neve aumenta sempre più: ancora non incontriamo i pini innevati
Ecco panzer che fa segno di vittoria, sotto i ciuffi innevati dei Pinus nigra carsici: stiamo per uscire allo scoperto, nel versante ventoso: l'avventura si fa sempre più audace...
miiiii, quanta neve: cominciamo a preoccuparci: "in cima non ci arriviamo mi sa"... "beh, proseguiamo"...
Sto pedalando con il windstopper indosso, come non faccio mai, ma il vento gelido non lascia scelta: facciamo una breve sosta per terminare la vestizione, perchè non vogliamo farla in alto, esposti alle raffiche impietose
ecco un'immagine delle strane sculture modellate dal vento: sembrano dune di neve, spazzate da una furia cieca
notare quanta neve c'è sul percorso: siamo oramai certi che, una volta giunti al punto panoramico, scenderemo subito! Ancora non sappiamo però come troveremo (se lo troveremo) il sentiero
ecco i pini innevati: qui vicino, al ritorno, noteremo le orme dell'orso: questo tratto di mulattiera era praticamente illibato: le nostre orme lo hanno segnato per prime ieri, ma a breve sarebbero state seguite da altre...
finalmente arriviamo, dopo un brevissimo tratto in leggera discesa, nella radura da cui osserviamo la cime del monte spazzata da raffiche che sollevano intere nubi di neve.
Non è una MC dice panzer! La mia MDE non vuole saperne di stare in piedi sulla neve: poi, dopo alcuni tentativi, riesco a sistemarla accanto al MOHO STS
da qui la vista è molto bella: la quiete assoluta è spezzata solo dal rumore prodotto dal vento gelido
ora arrivano i primi guai: siamo in corrispondenza del punto panoramico al settimo km, quello da dove parte il sentiero: cerchiamo un pò di riparo per completare i prepartativi prima di iniziare l'improbabile e disastroso tentativo di discesa. Stiamo dicendo: è impossibile arrivare in cima oggi. Purtroppo questo si rivelerà vero, ma non sarà il solo elemento ostile che dovremo fronteggiare. A breve ci troveremo a sprofondare nella neve, scendendo alla ricercva di una traccia che non c'è più...
sosta di riflessione (breve però, il vento non lascia spazio agli indugi)...
il panorama della radura interna, prossima al punto panoramico
un'altra immagine scattata dall'interno della radura
ci rechiamo sul versante che da al mare, quello esposto alle raffiche: ecco cosa troviamo al posto del sentiero: decidiamo di scendere ancora di qualche metro nella speranza (vana) di trovare la traccia
prima di lanciarci alla ricerca della traccia, scatto le ultime foto con la visuale sull'Istria e sull'Adriatico
ecco le ultime immagini: ringrazio Luca, che è un compagno d'uscite fantastico, e vi lascio in compagnia delle orme dell'orso. Ma non dovrebbero essere in letargo in questa stagione? Eppure... Ok, non dormono sempre, ogni tanto si svegliano e vagano per i boschi anche in inverno, per una qualche ragione che ignoro; dopo aver superato la risalita del pendio innevato durante la quale ho notato panzer in difficoltà (ero prossimo ad andargli incontro per aiutarlo: infatti io riuscivo a non affondare ad ogni passo, ma con il vestiario e lo zaino arriverò a 70 Kg scarsi, mentre lui non riusciva ad avanzare se non a fatica) però fortunatamente mi sono poi accorto che stava comunque risalendo, senza invocare il mio intervento.
Quando siamo ripartiti, dopo aver fatto un breve tratto in discesa, abbiamo visto le orme fresche del plantigrado, in un punto in cui eravamo sicuri che prima non vi si trovassero. Erano rivolte in direzione della discesa, cioè proprio ove avemmo dovuto andare noi. Panzer, per qualche minuto, ha superato ogni recordo di velocità: preso da una comprensibile preoccupazione si è lanciato in discesa, mente io meditato, seguendolo con più calma, se era il caso di correre tanto, rischiando di incontrare davvero l'orso o se era meglio andare invece più piano, nella speranza di dargli il tempo di allontanarsi da noi. Quel che è certo è che l'animale si è accorto di noi mentre salivamo; ha aspettato che ci allontanassimo ed è sbucato sulla mulattiera per avviarsi in direzione opposta alla nostra.
Mentre scendavamo, prima della caduta rovinosa di panzer, ho rimembrato alcuni consigli suggeriti in certi documentari visti in passato in caso di incontri con gli orsi: non guardateli negli occhi, non fischiate (potrebbero innervosirsi), non mostrate loro i denti e non ridete o parlate; restate immobili perchè non appena iniziate a correre siete spacciati; questi animali, che sembrano goffi e impacciati, sono in grado di raggiungere un downhiller senza problemi in breve tempo e dilaniarlo. In più fuggendo si può dar l'impressione all'animale di essere una preda, il che lo invoglierebbe a gettarsi all'inseguimento. Rifugiarsi su un albero è inutile, dal momento che gli orsi sono buoni arrampicatori. Solo il sangue freddo può, forse, salvare la vita in casi del genere.
Dopo la prima fuga in discesa, l'andatura nostra si è uniformata: scendavamo stando in contatto visivo (il che era più saggio, dato che l'unione fa la forza) ma a breve sarebbe successo l'ultimo imprevisto: ero diatro a panzer di una decina o quindicina di metri e l'ho visto sparire dietro ad una curva sinistrorsa situata nella parte bassa, quella con poca (e dura) neve: ho avuto appena il tempo di svoltare che ho visto la fase finale del suo ruzzolone: la bici ancora si stava muovendo e andava addosso al corpo che ancora ruzzolava: ho frenato più che potevo con il posteriore (il ghiaccio non consentiva l'uso dell'anteriore, se non raramente e in modo molto prudente) prima di ritrovarmi fermo a pochi centimetri dal panzerone disteso che cercava si spostare il suo MOHO, anch'esso a terra, e di constatare se c0erano danni o meno... Quesdta è stata l'ultima nota che ha movimentato quest'uscita incredibile: però ci siamo divertiti un modo, nonostante qualche leggerezza commessa che poi ci ha dato di che pensare.
ultima vista panoramica in alto
ecco le famigerate impronte, fresche_ sta per iniziare la fuga avventata
l'immagine parla da sola. Il nostro giro "meet the bear"come avevamo detto scherzando, rischia di divenire una realtà
Io e Winterhawk abbiamo in programma l’ascesa al monte Taiano con la neve.
Arriviamo sotto al monte con aria interrogativa, nei prati circostanti solo qualche buona spruzzata di neve qua e la. Ci domandiamo se in cima ne troveremo un po di più. Il freddo è davvero pungente e la preparazione richiede più del dovuto. Non male come prima uscita dell’anno.
Iniziamo con calma la salita e con sorpresa notiamo che il fondo fangoso dei giorni scorsi si è solidificato e ghiacciato a dovere. Bene , la bici scorre tranquilla mentre attorno il bosco inizia a tingersi di bianco in maniera sempre più consistente. Col passare dei km la traccia diventa sempre più debole e la neve in mezzo al sentiero sempre più costante ed alta. Per fortuna la sterrata è stata battuta dai fuoristrada lasciando le due canalette relativamente libere dalla neve.
Il nostro quesito sulla quantità di neve viene piano piano risolto, la neve aumenta sempre più ai lati ed in mezzo al sentiero, ed anche le canalette iniziano a riempirsi di neve e ghiaccio, rendendo l’ascesa sempre più problematica, fino al punto in cui siamo costretti a scendere dalla bici perché la neve a fianco delle canalette è diventata troppo alta, e non permette ai pedali di girare. Da li in poi bisognerà procedere a piedi.
Lungo la salita iniziamo a trovare le tracce degli animali del bosco, finchè ci imbattiamo nelle minacciose impronte di un orso. Speriamo che l’animale sia passato nella notte precedente e proseguiamo. Purtroppo al paesaggio incantevole e selvaggio del monte imbiancato si aggiunge anche la presenza della bora, il temibile e gelido vento che nei tratti più esposti della salita soffia con un impeto difficilmente immaginabile alzando nuvoloni di neve.
Ad un certo punto il freddo si fa davvero inteso e decidiamo per una breve pausa, per vestirci ulteriormente. Addirittura ricorro alla mascherina Oakley da dh per pedalare in salita, che mi protegge gli occhi dal vento fortissimo. Verso il sesto km di salita non esistono più tracce, la neve fresca copre tutto ed anche le fronde degli alberi sono piene di neve. Procediamo a stento mentre il vento crea delle piccole dune di neve dalle improbabili forme. Per un attimo il vento si placa, la cosa mi fa ben sperare, forse si arriva in cima.
Al 7° km arriviamo al punto panoramico, ma qui tutte le speranze di arrivare in cima svaniscono. La bora inizia a soffiare in maniera impressionante rendendo quasi impossibile l’equilibrio, mentre la sterrata che conduce alla cima non esiste più , è tutta una distesa omogenea di neve bianca, dove gli unici punti di riferimento sono costituiti da qualche arbusto. Vediamo in lontananza la cima del Taiano sferzata da raffiche paurose che alzano nuvole di neve alte quanto l’intero rifugio. La temperatura è sicuramente sotto lo zero ma la bora contribuisce a rendere la sensazione sulla pelle ancora più glaciale.
Decidiamo di scendere lungo il solito singletrack segnato da un roccia proprio qui nel punto panoramico. Ci avventuriamo per un centinaio di metri nella neve ma del sentiero è persa ogni traccia. Mi accorgo che ormai con la gamba scendo nella neve fino al ginocchio e decido di abbandonare, dobbiamo risalire un po e tornare indietro da dove siamo venuti. Però mi accorgo di non farcela. Il mio peso più la bici a mano mi fanno affondare tantissimo nella neve e non riesco ad avanzare per riprendere la sterrata. So che la strada e li poco sopra, ma non riesco ad avanzare e la situazione climatica si fa brutta. Sento il cuore che inizia a battere forte e per la prima volta mi spavento e vengo colto dal panico. Vedo che Winterhawk si gira a vedere dove sono, mentre io sono bloccato nella neve. Mi fermo per un attimo a riprendere fiato ed a riflettere sul da farsi, e per mantenere il sangue freddo. Noto poco avanti a me dei cespugli che affiorano dalla coltre bianca: li la neve sarà meno alta. Con una fatica incredibile piano piano mi tolgo da quella situazione e riesco a trovare una via dove sprofondo poco….e piano piano raggiungo di nuovo la sterrata.
Fa freddissimo ma sono tutto sudato per lo spavento. Decidiamo di scendere da dove siamo saliti. Per 5 minuti buoni non proferisco parola, sono molto agitato. Poi piano piano riprendo fiducia e mi godo la discesa in questo binario di neve. In un tratto di neve più alta mi si impunta la ruota davanti e volo oltre la bici. Per fortuna la neve attutisce l’impatto, ed io , anche se sono con la bici da xc, mi sono portato il casco integrale, sapendo delle condizioni difficili. Winterhawk invece con la sua full scende liscio e sicuro.
Poco più avanti, in mezzo al sentiero vedo una cosa che mi ghiaccia il sangue di botto: delle enormi tracce di orso. Grandi, continue e soprattutto fresche. Quando siamo saliti non c’erano, le avremo viste da tante sono e quante sono grandi. Ora che scendiamo ci sono. Sarà passata mezz’ora nel mezzo. Significa che poco dopo il nostro passaggio in salita l’orso è passato con direzione a valle. Guardo Winterhawk con terrore e vengo ricambiato dal suo sguardo altrettanto preoccupato. Lui fa una foto alle impronte. L’orso ci ha sicuramente visto mentre salivamo , dal bosco. Ha lasciato che passassimo per poi riprendere il suo cammino. La cosa mi mette addosso panico. Dobbiamo scendere, e veloci., l’orso sta anche lui scendendo, e se siamo sottovento non si accorgerà di noi, rischiando di trovarcelo in mezzo al sentiero.
Preso dalla paura, nonostante la bici da xc mollo i freni e inizio a tirare in discesa, incurante del ghiaccio e della neve, e prego che tutto fili liscio. Mi accorgo di aver staccato winterhawk, cosi mi fermo ad aspettarlo con in mente il pensiero fisso di questo orso che è li con noi su quel versante del monto. Hawk arriva e riprendo a scendere. Mi accorgo che sono impanicato e che sto guidando veramente male….ed in fatti poco dopo, ad alta velocità, perdo il controllo e volo a terra sulla terra ghiacciata mista a neve. Batto forte il gomito e la testa e scivolo per una buona decina di metri. Per fortuna l’integrale assorbe la botta., mentre il gomito mi fa male. Arriva Winterhawk e mi trova rovesciato a terra con la bici poco lontano a me. Sento male ma bisogna presto rimettersi in sella e scendere. Per fortuna non troveremo l’orso, ed arriviamo all’auto sani e salvi. Per tutto il viaggio di ritorno a casa mia penso se siamo stati fortunati o se era improbabile vedere questo orso che era li con noi…..il dubbio mi rimane….meglio cosi….sicuramente però questa avventura non me la dimenticherò facilmente.
Da qui in avanti lascio la parola per il commento delle foto al mio compagno di avventura Winterhawk che ha vissuto con me questa straordinaria avventura
cliccate sulle foto per ingrandirle. attenzione, sono molto grandi e pesanti in termini di K, ho messo le anteprime, le foto sono caricate su imageshack. lasciate caricare piano piano le anteprime, e poi cliccateci sopra per avere la foto ingrandita
Winterhawk racconta:
i preparativi di Lord panzer prima della partenza: siamo ancora nella fase "ci sembra che ci sia poca neve sul monte"
una prima immagine della salita: nei tratti in ombra i "binari" sono ghiacciati, ma si riesce a salire perchè la neve non è troppo alta...
Posa di Lord panzer, in stile scandinavian black metal, come l'atmosfera del bosco, molto selvaggia e solitaria. Per fortuna su questo versante il vento non arriva più di tanto...
Altra immagine della salita: la neve aumenta man mano, ma ancora le sorprese che incontreremo ignioriamo: stiamo dicendo: beh, potremmo organizzare il raduno, vero? Le ultime parole famose
incontriamo della impronte: sembrano quelle degli zoccoli di un cavallo, ma sappiamo che nel monte c'è un plantigrado che gira, quindi cominciamo a riflettere... Si decide di avanzare comunque.
Un'altra immagine della salita: la neve aumenta sempre più: ancora non incontriamo i pini innevati
Ecco panzer che fa segno di vittoria, sotto i ciuffi innevati dei Pinus nigra carsici: stiamo per uscire allo scoperto, nel versante ventoso: l'avventura si fa sempre più audace...
miiiii, quanta neve: cominciamo a preoccuparci: "in cima non ci arriviamo mi sa"... "beh, proseguiamo"...
Sto pedalando con il windstopper indosso, come non faccio mai, ma il vento gelido non lascia scelta: facciamo una breve sosta per terminare la vestizione, perchè non vogliamo farla in alto, esposti alle raffiche impietose
ecco un'immagine delle strane sculture modellate dal vento: sembrano dune di neve, spazzate da una furia cieca
notare quanta neve c'è sul percorso: siamo oramai certi che, una volta giunti al punto panoramico, scenderemo subito! Ancora non sappiamo però come troveremo (se lo troveremo) il sentiero
ecco i pini innevati: qui vicino, al ritorno, noteremo le orme dell'orso: questo tratto di mulattiera era praticamente illibato: le nostre orme lo hanno segnato per prime ieri, ma a breve sarebbero state seguite da altre...
finalmente arriviamo, dopo un brevissimo tratto in leggera discesa, nella radura da cui osserviamo la cime del monte spazzata da raffiche che sollevano intere nubi di neve.
Non è una MC dice panzer! La mia MDE non vuole saperne di stare in piedi sulla neve: poi, dopo alcuni tentativi, riesco a sistemarla accanto al MOHO STS
da qui la vista è molto bella: la quiete assoluta è spezzata solo dal rumore prodotto dal vento gelido
ora arrivano i primi guai: siamo in corrispondenza del punto panoramico al settimo km, quello da dove parte il sentiero: cerchiamo un pò di riparo per completare i prepartativi prima di iniziare l'improbabile e disastroso tentativo di discesa. Stiamo dicendo: è impossibile arrivare in cima oggi. Purtroppo questo si rivelerà vero, ma non sarà il solo elemento ostile che dovremo fronteggiare. A breve ci troveremo a sprofondare nella neve, scendendo alla ricercva di una traccia che non c'è più...
sosta di riflessione (breve però, il vento non lascia spazio agli indugi)...
il panorama della radura interna, prossima al punto panoramico
un'altra immagine scattata dall'interno della radura
ci rechiamo sul versante che da al mare, quello esposto alle raffiche: ecco cosa troviamo al posto del sentiero: decidiamo di scendere ancora di qualche metro nella speranza (vana) di trovare la traccia
prima di lanciarci alla ricerca della traccia, scatto le ultime foto con la visuale sull'Istria e sull'Adriatico
ecco le ultime immagini: ringrazio Luca, che è un compagno d'uscite fantastico, e vi lascio in compagnia delle orme dell'orso. Ma non dovrebbero essere in letargo in questa stagione? Eppure... Ok, non dormono sempre, ogni tanto si svegliano e vagano per i boschi anche in inverno, per una qualche ragione che ignoro; dopo aver superato la risalita del pendio innevato durante la quale ho notato panzer in difficoltà (ero prossimo ad andargli incontro per aiutarlo: infatti io riuscivo a non affondare ad ogni passo, ma con il vestiario e lo zaino arriverò a 70 Kg scarsi, mentre lui non riusciva ad avanzare se non a fatica) però fortunatamente mi sono poi accorto che stava comunque risalendo, senza invocare il mio intervento.
Quando siamo ripartiti, dopo aver fatto un breve tratto in discesa, abbiamo visto le orme fresche del plantigrado, in un punto in cui eravamo sicuri che prima non vi si trovassero. Erano rivolte in direzione della discesa, cioè proprio ove avemmo dovuto andare noi. Panzer, per qualche minuto, ha superato ogni recordo di velocità: preso da una comprensibile preoccupazione si è lanciato in discesa, mente io meditato, seguendolo con più calma, se era il caso di correre tanto, rischiando di incontrare davvero l'orso o se era meglio andare invece più piano, nella speranza di dargli il tempo di allontanarsi da noi. Quel che è certo è che l'animale si è accorto di noi mentre salivamo; ha aspettato che ci allontanassimo ed è sbucato sulla mulattiera per avviarsi in direzione opposta alla nostra.
Mentre scendavamo, prima della caduta rovinosa di panzer, ho rimembrato alcuni consigli suggeriti in certi documentari visti in passato in caso di incontri con gli orsi: non guardateli negli occhi, non fischiate (potrebbero innervosirsi), non mostrate loro i denti e non ridete o parlate; restate immobili perchè non appena iniziate a correre siete spacciati; questi animali, che sembrano goffi e impacciati, sono in grado di raggiungere un downhiller senza problemi in breve tempo e dilaniarlo. In più fuggendo si può dar l'impressione all'animale di essere una preda, il che lo invoglierebbe a gettarsi all'inseguimento. Rifugiarsi su un albero è inutile, dal momento che gli orsi sono buoni arrampicatori. Solo il sangue freddo può, forse, salvare la vita in casi del genere.
Dopo la prima fuga in discesa, l'andatura nostra si è uniformata: scendavamo stando in contatto visivo (il che era più saggio, dato che l'unione fa la forza) ma a breve sarebbe successo l'ultimo imprevisto: ero diatro a panzer di una decina o quindicina di metri e l'ho visto sparire dietro ad una curva sinistrorsa situata nella parte bassa, quella con poca (e dura) neve: ho avuto appena il tempo di svoltare che ho visto la fase finale del suo ruzzolone: la bici ancora si stava muovendo e andava addosso al corpo che ancora ruzzolava: ho frenato più che potevo con il posteriore (il ghiaccio non consentiva l'uso dell'anteriore, se non raramente e in modo molto prudente) prima di ritrovarmi fermo a pochi centimetri dal panzerone disteso che cercava si spostare il suo MOHO, anch'esso a terra, e di constatare se c0erano danni o meno... Quesdta è stata l'ultima nota che ha movimentato quest'uscita incredibile: però ci siamo divertiti un modo, nonostante qualche leggerezza commessa che poi ci ha dato di che pensare.
ultima vista panoramica in alto
ecco le famigerate impronte, fresche_ sta per iniziare la fuga avventata
l'immagine parla da sola. Il nostro giro "meet the bear"come avevamo detto scherzando, rischia di divenire una realtà