Sono figlio degli anni 50, ed i ricordi ahimè!- non mancano, è sufficiente richiamarli al rango della memoria primaria ed essi riaffiorano, inevitabilmente, come i cadaveri dagli oceani
Primi anni 60, lItalia nel pieno boom economico scopre il benessere, o, quantomeno, quello pseudo modello di benessere pateticamente mutuato da quei marziani che albergano, oltreoceano, le terre scoperte da un navigatore genovese.
Andrea è ancora piccolo allepoca, frequenta le scuole elementari, è convenzionalmente educato, ma non gli difetta certo la curiosità e lo spirito critico.
Il mondo intorno a quellinfante inizia a cambiare, le campagne iniziano a spopolarsi, la gente corre a lavorare nelle fabbriche: tutti vogliono affrancarsi dalle fatiche dei campi, tutti vogliono un salario certo e non minato dalle avversità atmosferiche o dai capricci delle stagione, tutti vogliono pensionare la vecchia bicicletta, i più fortunati la Lambretta, tutti vogliono il frigorifero, la televisione, la macchina! tutti vogliono tutto.
Leconomia impazzita lancia il volano dello sviluppo a velocità impensabili prima dora, la politica cavalca la tigre del progresso e dellemancipazione sociale, la gente inizia ad inebetirsi stordendosi al canto delle sirene del lusso, ad asservirsi alla logica del io sono ciò che possiedo, ad occuparsi solo di ciò che è superfluo, a snobbare e sprecare il necessario.
Nasce un fantasma. Il sistema atto a replicare sogni e bisogni, da tutti indistintamente, fortissimamente voluto ed alimentato, partorisce la sua aberrazione, lespressione massima del proprio minimo : lhomo economicus.
Questo stereotipo di entità umana è principalmente amorale, disattende ogni valore sociale o vi si sottopone solo per calcolo o per proprio tornaconto, è razionale e persegue uno scopo univoco: massimizzare il proprio benessere.
Curiosamente, tutto ciò si proietta al di là del bene e del male, ovvero senza alcun distinguo sulla natura del bisogno generato: qualunque esso sia, non vè alcuna differenza, limportante è soddisfare lurgenza generata dal bisogno stesso, anchessa fosse la cosa più inutile mai immaginata dalla mente di un uomo.
In questo regime, luomo perde di vista i confini tra il reale e limmaginale, tra il sogno (o lincubo) ed il vissuto cosciente.
Lalienazione, quindi, diventa lunico prodotto possibile di una realtà insostenibile.
Andrea è cresciuto ormai, si è fatto grande, è un adulto che attende alle regole del gioco, ma continua ad osservare il mondo che lo circonda con la curiosità di sempre. E scopre (in sé) lerrore, quello fatale.
Lhomo economicus si è evoluto, replicandosi come un virus in chicchessia.
Nessuno è immune.
Nessuno riconosce più la diversità, siamo tutti identici, maschere indistinguibili alla Veglia della Vanità.
Ogni cosa inizia a perdere valore, sia materiale che affettivo, sostituito esclusivamente dalla necessità di soddisfare lurgenza dellavere, e così allinfinito.
Ciò spiegherebbe il motivo per il quale oggi le aziende non investono nel prodotto, e, tantomeno, nella qualità! E perché mai dovrebbero? Investono, semmai, nel marketing strategico, nella promozione commerciale, nella reclame: il valore di un prodotto è direttamente proporzionale alla bramosia stessa del possederlo, non alla sua qualità intrinseca!
Se sarò particolarmente bravo, potrò riuscire nella realizzazione del paradosso per eccellenza: vendere a caro prezzo un oggetto inesistente, ma del quale ho saputo creare attesa, ergo, il bisogno!
Lhomo economicus ha i giorni contati, e con lui tutti noi. Finalmente.
Andrea
Primi anni 60, lItalia nel pieno boom economico scopre il benessere, o, quantomeno, quello pseudo modello di benessere pateticamente mutuato da quei marziani che albergano, oltreoceano, le terre scoperte da un navigatore genovese.
Andrea è ancora piccolo allepoca, frequenta le scuole elementari, è convenzionalmente educato, ma non gli difetta certo la curiosità e lo spirito critico.
Il mondo intorno a quellinfante inizia a cambiare, le campagne iniziano a spopolarsi, la gente corre a lavorare nelle fabbriche: tutti vogliono affrancarsi dalle fatiche dei campi, tutti vogliono un salario certo e non minato dalle avversità atmosferiche o dai capricci delle stagione, tutti vogliono pensionare la vecchia bicicletta, i più fortunati la Lambretta, tutti vogliono il frigorifero, la televisione, la macchina! tutti vogliono tutto.
Leconomia impazzita lancia il volano dello sviluppo a velocità impensabili prima dora, la politica cavalca la tigre del progresso e dellemancipazione sociale, la gente inizia ad inebetirsi stordendosi al canto delle sirene del lusso, ad asservirsi alla logica del io sono ciò che possiedo, ad occuparsi solo di ciò che è superfluo, a snobbare e sprecare il necessario.
Nasce un fantasma. Il sistema atto a replicare sogni e bisogni, da tutti indistintamente, fortissimamente voluto ed alimentato, partorisce la sua aberrazione, lespressione massima del proprio minimo : lhomo economicus.
Questo stereotipo di entità umana è principalmente amorale, disattende ogni valore sociale o vi si sottopone solo per calcolo o per proprio tornaconto, è razionale e persegue uno scopo univoco: massimizzare il proprio benessere.
Curiosamente, tutto ciò si proietta al di là del bene e del male, ovvero senza alcun distinguo sulla natura del bisogno generato: qualunque esso sia, non vè alcuna differenza, limportante è soddisfare lurgenza generata dal bisogno stesso, anchessa fosse la cosa più inutile mai immaginata dalla mente di un uomo.
In questo regime, luomo perde di vista i confini tra il reale e limmaginale, tra il sogno (o lincubo) ed il vissuto cosciente.
Lalienazione, quindi, diventa lunico prodotto possibile di una realtà insostenibile.
Andrea è cresciuto ormai, si è fatto grande, è un adulto che attende alle regole del gioco, ma continua ad osservare il mondo che lo circonda con la curiosità di sempre. E scopre (in sé) lerrore, quello fatale.
Lhomo economicus si è evoluto, replicandosi come un virus in chicchessia.
Nessuno è immune.
Nessuno riconosce più la diversità, siamo tutti identici, maschere indistinguibili alla Veglia della Vanità.
Ogni cosa inizia a perdere valore, sia materiale che affettivo, sostituito esclusivamente dalla necessità di soddisfare lurgenza dellavere, e così allinfinito.
Ciò spiegherebbe il motivo per il quale oggi le aziende non investono nel prodotto, e, tantomeno, nella qualità! E perché mai dovrebbero? Investono, semmai, nel marketing strategico, nella promozione commerciale, nella reclame: il valore di un prodotto è direttamente proporzionale alla bramosia stessa del possederlo, non alla sua qualità intrinseca!
Se sarò particolarmente bravo, potrò riuscire nella realizzazione del paradosso per eccellenza: vendere a caro prezzo un oggetto inesistente, ma del quale ho saputo creare attesa, ergo, il bisogno!
Lhomo economicus ha i giorni contati, e con lui tutti noi. Finalmente.
Andrea