E' un sabato mattina di aprile e ho in programma una capatina sulla catena montuosa che delimita a sud, la conca ternana. Come mia abitudine, come porta di accesso verso questa, sfrutto quello che per me è il miglior compromesso tra rapidità nel raggiungerla e tipologia di strade, per cui, al fine di includerci in mezzo un po’ di sterrato, opto per la strada di Fiaiola (per chi la conosce, tanto fa lo stesso...).
La tappa di avvicinamento include il superamento di una bassa catena collinare verso il cui culmine, c’è il mio “nemico”; un grosso pastore maremmano, a guardia di un grande casolare, che si distingue dagli altri per la sua aggressività. È il cane che meglio conosco, visto che sono dieci anni che ci “frequentiamo”, passando da lui più volte ogni anno; le prime volte mi terrorizzava proprio, pur dietro il suo recinto: quando arrivavo all’altezza del casolare, lungo una discreta salita sterrata, sembrava indemoniato, pareva che volesse abbattere la recinzione. Abbaiava in una maniera selvaggia, in modo assordante ad un paio di metri da me, con la bava alla bocca, tanto che pensavo, se solo fosse potuto uscire mi avrebbe sbranato. A volte quasi avevo timore a passare lì, per il rischio, sempre possibile, che il padrone avesse lasciato aperto il cancello e passandogli vicino lo guardavo quasi con odio: “Ma che vuoi maledetto? Io che amo gli animali…”.
Siamo invecchiati insieme, in questi dieci anni. Dieci anni fa eravamo entrambi al massimo: lui era una belva con la sua possenza; e io con i miei 30 anni, nel massimo della mie capacità fisiche, che aggredivo quella salitella a tutta, con rapporti medi. Gli anni per me sono passati, ma per lui sono volati.
Io ora devo regolarmi e fare quella salita con un paio di rapporti più corti dei primi tempi, ma lui…
Questa mattina mi ha visto solo all’ultimo momento, quando ero all’altezza della sua cuccia, probabilmente anche i suoi sensi lo stanno abbandonando. Ha iniziato subito ad abbaiare, ma in maniera meno potente del solito; per istinto o abitudine si è alzato di scatto, ma uno scatto che non aveva nulla più a che vedere con quello che aveva fino allo scorso anno, tanto che lo sforzo lo ha fatto subito barcollare e ha avuto effetto anche sul suo abbaiare, che subito è divenuto stanco e asfittico. Mi sono girato verso lui, guardandolo negli occhi: erano occhi infiacchiti dalla vecchiaia. Provava a fare quello che sapeva fare, quello che aveva fatto ogni volta che passavo lì, ma non ne aveva più la capacità. Il suo abbaiare si faceva sempre più flebile e ne usciva più solo uno strano sibilo; con un’andatura stanca e svogliata si è portato, nella sua posizione, a ridosso della recinzione, cercando di seguirmi, man mano che mi allontanavo, più per “dovere” che per convinzione.
Il prossimo anno io ripasserò lì, facendo quella salita forse con ancora un rapporto in meno, ma forse da solo.
Chissà se tu ci sarai più ancora, a farmi compagnia in quella salita, a incitarmi e darmi forza e parte del tuo impeto, vecchio amico mio…
La tappa di avvicinamento include il superamento di una bassa catena collinare verso il cui culmine, c’è il mio “nemico”; un grosso pastore maremmano, a guardia di un grande casolare, che si distingue dagli altri per la sua aggressività. È il cane che meglio conosco, visto che sono dieci anni che ci “frequentiamo”, passando da lui più volte ogni anno; le prime volte mi terrorizzava proprio, pur dietro il suo recinto: quando arrivavo all’altezza del casolare, lungo una discreta salita sterrata, sembrava indemoniato, pareva che volesse abbattere la recinzione. Abbaiava in una maniera selvaggia, in modo assordante ad un paio di metri da me, con la bava alla bocca, tanto che pensavo, se solo fosse potuto uscire mi avrebbe sbranato. A volte quasi avevo timore a passare lì, per il rischio, sempre possibile, che il padrone avesse lasciato aperto il cancello e passandogli vicino lo guardavo quasi con odio: “Ma che vuoi maledetto? Io che amo gli animali…”.
Siamo invecchiati insieme, in questi dieci anni. Dieci anni fa eravamo entrambi al massimo: lui era una belva con la sua possenza; e io con i miei 30 anni, nel massimo della mie capacità fisiche, che aggredivo quella salitella a tutta, con rapporti medi. Gli anni per me sono passati, ma per lui sono volati.
Io ora devo regolarmi e fare quella salita con un paio di rapporti più corti dei primi tempi, ma lui…
Questa mattina mi ha visto solo all’ultimo momento, quando ero all’altezza della sua cuccia, probabilmente anche i suoi sensi lo stanno abbandonando. Ha iniziato subito ad abbaiare, ma in maniera meno potente del solito; per istinto o abitudine si è alzato di scatto, ma uno scatto che non aveva nulla più a che vedere con quello che aveva fino allo scorso anno, tanto che lo sforzo lo ha fatto subito barcollare e ha avuto effetto anche sul suo abbaiare, che subito è divenuto stanco e asfittico. Mi sono girato verso lui, guardandolo negli occhi: erano occhi infiacchiti dalla vecchiaia. Provava a fare quello che sapeva fare, quello che aveva fatto ogni volta che passavo lì, ma non ne aveva più la capacità. Il suo abbaiare si faceva sempre più flebile e ne usciva più solo uno strano sibilo; con un’andatura stanca e svogliata si è portato, nella sua posizione, a ridosso della recinzione, cercando di seguirmi, man mano che mi allontanavo, più per “dovere” che per convinzione.
Il prossimo anno io ripasserò lì, facendo quella salita forse con ancora un rapporto in meno, ma forse da solo.
Chissà se tu ci sarai più ancora, a farmi compagnia in quella salita, a incitarmi e darmi forza e parte del tuo impeto, vecchio amico mio…