Ore 8 suona la sveglia, mi preparo, caffè veloce, carico la bici in auto fino a Massa.
Scarico la bici, sistemo lo
zaino e parto.
Sono solo, è strano perchè il lunedì di pasqua è sempre stato giorni di bici, da sempre.
Quando correvo su strada c'erano le gare, e anche in mtb spesso mi trovavo a correre in giro.
Passato il periodo delle gare per tutti il lunedì di Pasqua era il giorno di "spurgo" dall'abbuffata della Domenica.
Ora non è più così. Ed è un peccato.
Me la prendo con calma, a San Carlo mangio mezza barretta, e riprendo a salire tranquillo.
Arrivo al primo singletrack e decido di sgonfiare un pò le gomme, e qui si corre il primo rischio: si svita tutti la valvola della badella e ci metto 20 minuti per sistemare di nuovo la cosa in modo che funzioni tutto come deve funzionare.
Riparto, guardo l'ora e faccio due conti: ho appuntamento al cottage dell'architetto triste alle 12,30, ho tutto il tempo per provare due discesine ripulite tempo fa in zona Cafaggio.
Alle fine le discese portano via a testa 2 minuti, ben più mi ci vuole a risalire, inoltre scelgo la sterrata larga che a tratti ha pendenze che poco piaciono alle mie gambe allenate ZERO.
Percorro metà del Viottolo Betolli, un tratto di asfalto e altra sterrata a salire.
Sarà la vetta così vicina ma ritrovo un pizzico di forza e salgo ad una velocità decente, dimostro insomma una certa dignità.
In cima è fresco assai, ci sono tantissime auto, gente a piede vestita in ogni foggia possibile ed immaginabile.
Lentamente mi infilo smanicato e
ginocchiere per godermi lo spettacolo.
Del resto sono anche in anticipo sulla tabella di marcia.
Primo brevissimo singletrack e arrivo alla Chiesetta del Pasquilio, metà obbligata della Pasquetta Massese.
Da qui inizia il mio tuffo indietro nel passato, lungo un sentiero che avevo percorso solo 2 volte quando da pochissimo andavo in mountainbike.
Saranno passati 15 anni credo: ancora conservo nella mente le immagini nitide di quel percorso, reso ancora più mitico dal senso della scoperta e di avventura che esso aveva rappresentato...soprattutto la prima volta che lo percorsi.
Oggi quel sentiero quasi non esiste più, giace ferito nel bosco, quasi dimenticato, senza rispetto per il lavoro ed il sudore che chissà quante persone hanno donato per costruirlo.
Un abbandono che trasmette il senso di scarso amore per la montagna, eppure è da lì che la nostra gente viene, è lungo sentieri simili a questo che abbiamo coltivato e protetto la nostra libertà.
E' questo che mi fa veramente provare dolore.
Non mi vergogno a dire che quasi mi viene da piangere. Mollerei tutto e vorrei potermi prendere
cura di queste OPERE e delle storie che hanno visto e che possono raccontare...lo farei subito, senza aspettare domani.
Ma forse questo abbandono è la metafora di un impoverimento culturale che si palesa giorno dopo giorno.
Ma sono sicuro che un giorno tornerò a percorrere quel sentiero col sorriso e la soddisfazione di aver di nuovo scoperto qualcosa, perchè certi sentieri sono una scoperta ogni volta che li percorri.