Dunque, ecco il resoconto.
Si parte dalla Cavallera, l'antica strada napoleonica che tolse il Cadore dall'isolamento.
Il primo scorcio è su Perarolo e sulla valle del Boite, alla confluenza con il Piave.
Giù, in fondo, passa la ferrovia, costantemente minacciata dalla frana del maledetto monte Zucco, un panettone di friabile gesso che si sbriciola inesorabilmente.
Ecco Perarolo di Cadore, un tempo importantissimo centro per lo smistamento del legname che per fluitazione scendeva dal Cadore e dall'ampezzano e unico punto di passaggio per il Cadore.
La costruzione della ferrovia decretò la scomparsa della fluitazione dopo la Prima Guerra Mondiale, la costruzione della variante alla SS51 tagliò fuori il paese dai flussi di traffico, condannandolo ad un isolamento che anche per li viaggiatore occasionale è ben percepibile.
Una foto di cent'anni fa avrebbe mostrato almeno il doppio di case, quelle superstiti sono in limitata parte abitate, molte sono cadenti.
In un secolo la popolazione si è ridotta di circa 10 volte, oggi il comune conta poco più di 300 abitanti.
Nonostante ciò un giro turistico è interessante, le poche testimonianze del passato meritano un po' di considerazione.
Ecco la valle, noi al termine del giro scenderemo da quel costone a destra.
Il facile sentiero, l'antica Via Regia di origine romana, taglia tutto il monte Zucco e prosegue sotto Valle di Cadore.
Si scende un po', sempre per un sentiero, si attraversa il Boite in corrispondenza alla diga, su un antico ponte.
In questo punto la valle è assai stretta e profonda, i fianchi sono assai dirupati.
Qui termina la pacchia e comincia la salita.
Dapprima asfaltata, poi cementata, infine sterrata ma abbastanza compatta.
Si sale inesorabilmente con rampe al 30% e oltre, alternate a brevi tratti che sembrano pianeggianti ma sono al 10%...
In alcuni punti il
Garmin segna pendenze oltre il 40% anzi, da quota 1000 in su la salita è semplicemente terribile: 9,9 km a quota 1000, 11,7 km a quota 1500, è quanto segna.
Fate voi, io ho stimato un valore medio del 27%.
Non c'è rapporto che tenga, qui tocca spingere.
Tra l'altro in sella il cardiofrequenzimetro segna che sto andando fuorigiri, sfioro i 180 battiti al minuto, meglio mollare sennò si potrebbe mettere male.
(
Le foto forse non rendono l'idea, ci abbiamo provato, giudicate voi.
Giuro che la fotocamera è stata tenuta il più possibile in orizzontale.
Non c'è verso, si arranca a piedi e si stenta pure a far presa con le
scarpe, il fondo pur compatto presenta un brecciolino che fa scivolare facilmente.
Forza, ancora poco...
Una radura offre lo spettacolo della vista su Pelmo, Antelao, valle del Boite su verso Cortina.
Eccoci alla "casa del Conte" o casera Gregorini, sul colle Duoghe.
Prima facciamo riposare le bighe...
Poi autoscatto, siamo a 1500 metri di quota.
Da qui si raggiunge facilmente la casera da l'Aga poco sopra i 1400 di quota, il panorama volge a est sul gruppo del Duranno.
Altro autoscatto...
Poi giù a precipizio, la mappa qui è assai imprecisa.
Credo che tutto nasca dallo stato di abbandono di questi luoghi, ci sono moltissime tracce che si perdono, alcune sono imboschite quindi invisibili.
Scendiamo quindi per una specie di pista che corrisponde più o meno a quella segnata in rosso sulla carta (*), solo che più che essere una strada o un sentiero è un rovinoso ghiaione pieno di voragini e solchi, qui veramente i 150 mm di escursione della Force si fanno apprezzare.
EDIT: non è nemmeno quella rossa lungo il Pra de Duogo, sembra più quella tratteggiata che si stacca da un tornante poco sotto dei ruderi e segue un rio per un certo tratto, come abbiamo notato di sfuggita impegnati come eravamo giù per quel macello.
Gaspa83 deve scendere più lentamente, al suo posto io con una front mi sarei sicuramente piantato e cappottato più volte.
Si arriva dunque al Piano di Dubiea, pascolo romito dove vive uno strano personaggio, in una casa di tronchi in compagnia di un cane, gatti, cavalli, bovini che sembrano tanto dei bufali.
L'unico accesso è costituito dalla pista che abbiamo percorso, qui sbarrata in alcuni punti da alberi abbattuti di recente.
Un po' inquietante invero...
Alle nostre spalle giunge anche una teleferica, retaggio di un periodo in cui si pensava ad un certo sviluppo della zona, oggi dall'aria abbandonata ma forse ancora in uso.
Lo scenario è indubbiamente bello, l'aria è quella di luoghi esotici che rievocano film d'avventura ambientati nelle sperdute foreste montane del Canada o dell'Alaska, solo le antenne del monte Zucco ricordano che la modernità è appena poco più in basso.
La "strada" è quella roba sulla destra, fango e buche, immaginatevela su una pendenza del 30 - 40%!
Per scendere dobbiamo per forza passare davanti alla casa, il padrone di casa è sul retro e ci viene incontro con un grosso machete in mano, lo conficca in un ceppo (per fortuna!) e ci salutiamo.
Nel frattempo il grosso cane ci ispeziona con
cura, per non irritarlo decidiamo che è il caso di allontanarci lentamente a piedi, le bici lo spaventano.
Così si imbocca il sentiero che scende a Perarolo, all'inizio è bello e veloce, poi la faccenda si fa più scorbutica.
Qui serve un po' di pelo sullo stomaco, specialmente perchè il fondo è scivoloso.
Macigni ingombrano il sentiero, in alcuni punti non c'è verso, ci si incastra, come lì in fondo, si passa a sinistra di quel sasso ma il passaggio è largo 20 centimetri, troppo poco per far passare le pedivelle.
Comunque la ciclabilità è quasi totale, con un po' di esperienza si fa tutto, gradoni da mezzo metro compresi.
In fondo al sentiero si passa la ferrovia e poco sotto si arriva a Perarolo.
Ancora qualche tratto di sentiero e si arriva in paese.
Si passa proprio dietro al Palazzo Lazzaris, residenza di una antica famiglia che commerciava in legname con la Serenissima, oggi sede del comune e di un museo.
Qui soggiornò la regina Margherita, quando Perarolo era
caput mundi...
Ultimo autoscatto (scusate, ma io stavo guardando un po' in su pensando alla discesa appena fatta... comunque sono assai poco fotoigienico)
In fondo siamo scesi per la costa che sovrasta Perarolo, mica per l'A27!
Insomma, fine del giro.
Il resto del percorso si chiude sulla antica Cavallera, strada progettata da un ingegnere al seguito di Napoleone e fatta costruire dagli austriaci.
Oggi è deserta, dopo due decenni di abbandono è stata ripristinata con ingente spesa, verrà ceduta alla provincia di Belluno e usata come strada di interesse locale.
Fa parte dell'itinerario ciclabile dal Cadore a Venezia.
Fa impressione percorrerla ora che è stata sistemata, sembra uno stradone ma io ricordo ancora come fosse maledetta da tutti per i suoi strettissimi tornanti che provocavano interminabili code.
La pendenza è del 6-7%, rispetto a quanto fatto sinora è ridicola, anche la rampa che fu realizzata per aggirare un tornante franato sembra piana rispetto a quello che abbiamo affrontato all'andata.
Alla fine la distanza percorsa risulta di 23,5 km e il dislivello complessivo è di 1200 m.
Non è molto, ma lo abbiamo fatto quasi tutto in un colpo solo e in pochissimi km.
Un ultimo consiglio: se decidete di provare questo giro, se passate dalle parti dell'eremita, salutatelo, penso gradisca molto.
E state attenti al cane, passate a distanza dai bufali, animali pacifici ma dalla mole impressionante.
Soprattutto, occhio alle discese, sono roba tosta.
Devo anche preparare la traccia che ho registrato con il Garmin, sono un po' ingolfato di impegni, abbiate un attimo di pazienza.
Mi spiace solo che il meteo non sia stato poi tanto favorevole, il cielo nuvoloso e la foschia hanno mortificato un po' un paesaggio comunque splendido, le foto sono quel che sono e qualcuna è pure un po' sfocata.
Devo ancora ringraziare Gaspa83 per la preziosa compagnia e le informazioni, tra l'altro ho scoperto che il mondo è piccolissimo...