Giro estivo 2006
Da Limone Piemonte a Saluzzo sui sentieri della GTA
Il giro estivo 2006 ha preso la propria origine in seguito alla consapevolezza di non poter affrontare integralmente la famigerata Transalp, proprio la necessità di dover reperire un percorso più abbordabile e maggiormente rapportato alle nostre possibilità ci ha spinto a riprendere in mano una vecchia rivista del settore nella quale era descritta una parte di questo giro, a ciò si è aggiunto il richiamo delle valli cuneesi che si è fatto sentire in tutto la sua potenza durante la meravigliosa gita al Passo del Duca.
Con queste premesse io e il moderatore santenese ci siamo ritrovati a scrutare cartine e leggere descrizioni di itinerari, ormai consapevoli che la malattia del biker ci aveva irrimediabilmente contagiati.
Dopo accurati preparativi mettiamo on line sul nostro punto di incontro virtuale (
www.mtb-forum.it) il programma che prevede la partenza da Torino il giorno 26 luglio e il ritorno dopo cinque giorni di passione, natura e godimento il giorno 31.
Iniziano subito le adesioni. Il primo è il buon Livio che, memore dellesperienza dellanno precedente durante il Tour del Monte Bianco, immediatamente risponde presente, con lui al nostro seguito sappiamo fin da subito di poter contare su di un sincero e silenzioso compagno di pedale, capace di rimanere in sella nelle salite più ardue e nelle discese più tecniche.
Il secondo è Luca ex Leecougan ora Luca Giant, tipo tosto dalla gamba tonica capace di stroncare un bitumaro in salita a forza di togliere denti dal pignone posteriore.
Ed infine gradita sorpresa si unisce anche ilGatto, ovvero Matteo da Como, conosciuto pochi mesi prima in occasione di un week end pedalatorio durante il quale ci aveva calorosamente ospitati nel giardino della sua casa.
Il gruppo è così al completo. Si fanno le prenotazioni del caso, si preparano gli zaini, si divide il materiale trai partecipanti e si parte.
Linizio non è dei migliori, dopo pochi chilometri dalla partenza la macchina di Livio si guasta irrimediabilmente, guarnizione della testa da sostituire, e il gruppo, al momento composto solo da tre elementi, io, Savio e Livio, è costretto a ritornare a Torino per recuperare unaltra autovettura da utilizzare per il ritorno.
Infatti poiché il giro non è ad anello si rende necessario lasciare unautovettura a Saluzzo da utilizzarsi allarrivo e procedere verso la partenza con laltra.
Comunque linconveniente meccanico non lascia strascichi particolari nel gruppo che procede unito verso la prima notte trascorsa in un albergo rimediato allultimo momento lungo la statale che porta al Colle di Tenda.
Al mattino successivo veniamo raggiunti dal Gatto che in barba al codice della strada trasporta la propria bici smontata sulla propria moto e così tutti assieme ci avviamo verso la partenza situata al Colle di Tenda a quota 1812 m.
Sarà per leuforia della partenza sarà per la compagnia allegra e festaiola, ma proprio in questo momento commetto un grave errore che ci costerà due ore di inutile attesa al nostro arrivo alla fine del giro; dimentico infatti le chiavi della mia macchina, lasciata parcheggiata a Saluzzo con lo scopo di permetterci di tornare a recuperare le altre vetture e la moto del Gatto, nel bagaglio della macchina di Savio, è la dimostrazione che il neurone intelligente non ha trovato spazio sopraffatto dal neurone giocherellone.
Prima tappa
La partenza avviene su bella strada militare che dal Colle di Tenda si stacca sulla destra, la salita è molto agevole, si transita dal Forte de la Marguerie e si continua fino a quando non si incontra dopo 8 km dalla partenza a quota 1994 m la deviazione a destra in ripida salita inerbita per il Colle del Sabbione, in corrispondenza della palina segnavia n. 376.
Dopo un breve tratto molto pendente il sentiero spiana e con un lungo traverso a tratti non pedalabile ci si porta fino al Colle del Sabbione a quota 2230 m dopo 13km dalla partenza.
Sarà per la fatica fatta, sarà per la mancanza di ossigeno al cervello ma perdiamo quasi mezzora per trovare il sentiero che ci porterà al Col del Vej del Bouc, chiediamo anche informazioni ad una coppia di escursionisti francesi senza successo; poi come per caso ci accorgiamo che il sentiero parte esattamente a pochi metri da dove ci siamo fermati.
Inizia così una lunga salita a spinta su di un sentiero militare spesso molto rovinato e mai pedalabile.
La fatica viene però ripagata da un panorama fantastico, siamo nella parte sommitale della Valle del Sabbione nei pressi del Ricovero Vernasca quota 2536 m, siamo circondati da camosci e stambecchi che ci osservano incuriositi, siamo lunica presenza umana nel raggio di molti chilometri e ci sentiamo davvero fortunati a poter godere di questo ambiente.
La salita termina al Col del Vej del Bouc a quota 2627 m al km 15,32, nei cui pressi sorge un vecchio ricovero militare oggi residenza di camosci che sfrattiamo per poter mangiare il nostro meritato panino allasciutto, infatti da quasi unora piove e nubi minacciose e gonfie ci avvolgono, in tutto abbiamo spinto per oltre 2 ore e mezza, dato che abbiamo sbagliato strada allaltezza del ricovero Vernasca perdendo così quasi unora.
Terminato il meritato panino iniziamo la discesa verso il Lago del Vej del Bouc che ci attende 600 metri più a valle al km 18,07, la discesa è inizialmente su stretti tornanti con fondo di pietre smosse. Dopo alcuni tornanti Savio forse a causa del fondo bagnato, forse a causa del peso dello
zaino cade malamente con lo sgancio rapido del pedale sinistro che non si apre, torcendogli la caviglia.
Sperando che non sia nulla di grave continuiamo a scendere, sempre con la pioggia ad accompagnarci fino a quando non incontriamo la strada sterrata a quota 1430 m al km 23,36, che ci conduce rapidamente fino alla strada asfaltata che incontriamo a quota 1245 m. al km 28,56, in corrispondenza della Casa di caccia, dove cessa di piovere e dove veniamo avvolti nella canicola estiva.
La discesa continua veloce su asfalto fino allaltezza di Ponte Murato passando per il Lago della Piastra a quota 957 m e percorrendo tutta la Valle Gesso di Entracque.
A questo punto continuiamo in discesa fino allincrocio con la statale al km 36,60 a quota 806 m, ivi giunti svoltiamo a sinistra ed iniziamo lultima ascesa della giornata verso il nostro punto tappa situato alle Terme di Valdieri a quota 1358 m.
La salita tutta su asfalto è lunga ed impegnativa, almeno per il sottoscritto, che a causa di una errata valutazione sulla lunghezza del percorso e sulle proprie condizioni fisiche si ritrova in crisi di fame. Mi viene in soccorso ilGatto che con spirito di squadra mi si piazza davanti tirandomi fino al traguardo che raggiungiamo alle ore 19.15 dopo una giornata di immensa fatica e grande soddisfazione.
Alla fine abbiamo percorso 48,72 chilometri con 1604 metri di dislivello,ci sentiamo soddisfatti e prendiamo possesso delle nostre stanze presso il posto tappa nel Grand Hotel delle Terme di Valdieri, dove ci raggiunge Luca che si unirà a noi da domani.
La sistemazione non è il massimo, le brande sono spartane e senza lenzuola, veniamo accolti nella sala da pranzo dellHotel come se fossimo dei pezzenti e relegati in un angolo Ah siete quelli del Gta! ci apostrofa il Maitre, che è simpatico come una ginocchiata nelle parti basse. Non ci scoraggiamo e comunque riusciamo a farci portare un bis e subito dopo cena ci addormentiamo aspettando la tappa di domani che sulla carta sarà la più dura dellintero giro.
La caviglia di Savio non lascia presagire nulla di buono, prima di addormentarsi viene medicata con Lasonil e ghiaccio.
Domani vedremo cosa fare.
Seconda tappa
Il mattino successivo la sveglia suona di buon mattino e ci prepariamo ad affrontare la tappa più dura di tutto il giro, sono infatti preventivati oltre 2400 metri di dislivello e circa 60 km.
Ci sinceriamo subito delle condizioni di Savio, le paure della sera precedente sono svanite la caviglia è dolorante ma limitando al minimo i tratti a spinta sembra in grado di poter continuare.
Ci fiondiamo in albergo dove facciamo man bassa di tutto quello che cè nel buffet, dovevamo ben rifarci del trattamento della sera precedente.
Satolli e soddisfatti iniziamo a pedalare alle 8.30 del mattino prendendo la strada dietro lhotel che ci porta a percorrere la Valle del Velasco in direzione della Reale Casa di Caccia situata a quota 1763 m al termine della Piana del Velasco alla quale giungiamo sempre pedalando dopo 5,40 km.
Lasciatici alle spalle la Casa di Caccia continuiamo la salita lungo la Piana del Velasco fino al fondo della stessa attraversando più volte il torrente su aerei ponti di legno con le bici al fianco, lungo una strada militare dal fondo sconnesso e difficile da pedalare fino al chilometro 7,15 a quota 1864 m.
Iniziamo qui la salita vera e propria su una strada militare il cui fondo non sempre permette di stare in sella, ne fa le spese Savio che nel tentativo di camminare il minimo indispensabile, attesa la condizione della sua caviglia, si impunta su di una roccia cadendo in malo modo sul ginocchio destro, come al solito piove sul bagnato. Fatte le medicazioni del caso continuiamo la salita in un magnifico ambiente montano, percorriamo un lungo traverso che ci porta fino al km 9,35 a quota 2100 m dove incontriamo una galleria oltrepassata la quale la strada spiana leggermente conducendoci con gli ultimi tornanti fino al Lago inferiore di Valscura a quota 2270 dopo 10,9 km.
Proseguiamo costeggiando il lago pedalando fino a quando il sentiero ce lo permette poi iniziamo a spingere sino a giungere al km 12,75 a quota 2473 m in corrispondenza dei ruderi di una vecchia caserma dove ci fermiamo per una veloce sosta; le rocce accanto alla caserma rivelano i nomi di soldati che hanno trascorso lunghi periodi in questi luoghi che oggi ci appaiono meravigliosi e che nel passato furono teatro di guerra.
Ci attende ancora un lungo tragitto e così ci rimettiamo in marcia a spinta verso il Colle del Drous a quota 2633m che raggiungiamo dopo poco al km 13,88; fino a questo punto abbiamo fatto tutta la salita sotto il sole, arrivati al colle siamo avvolti dalle nuvole che salgono dalla valle francese che porta ad Isola 2000 e tra i tuoni e le prime gocce di pioggia iniziamo a scendere.
La discesa sul Gta non è facile e in alcuni tratti siamo costretti a scendere con le bici al fianco, ad un certo punto il giro fa la sua seconda vittima, mi impunto su di un sasso e volo oltre il manubrio, risultato un polso ed una caviglia doloranti.
Continuiamo la discesa fino ad un bivio dove, sbagliando, continuiamo sul Gta che si dimostra impedalabile costringendoci a spingere la bici per un lungo tratto, da sotto ci rendiamo conto che avremmo fatto molto meglio a proseguire diritto scendendo poi dalle piste da sci, ma ormai è tardi per tornare indietro e la pioggia si fa sempre più fitta.
Arriviamo alla strada sterrata in prossimità di un cantiere per la realizzazione di un invaso artificiale, adesso la pioggia si è tramutata in grandine prima sottile poi sempre più grossa che inizia a picchiarci in testa malgrado il casco. Proviamo a rifugiarci sotto uno dei mezzi da cava utilizzati dagli operai dellacquedotto francese ma senza successo, decidiamo quindi di scendere a tutta velocità verso labitato di Isola 2000 che intravediamo poco più a valle; la velocità della nostra traccia gps è eloquente mai sotto i 20 km/h!!
Alla stessa velocità ci infiliamo nel primo ristorante che incontriamo, dove veniamo accolti da una simpatica signora di nome Maya che ci propone cous cous e birra.
Come dire di no!
Fuori grandina con chicchi grandi come noci mentre tuoni e fulmini si scatenano, noi dentro facciamo fuori cinque portate di cous cous con abbondante birra, caffe, ammazza caffè ect ect.
La grandinata continua fino alle 17,30, a questo punto con tutta la roba da vestire completamente bagnata e con la pancia piena di cous cous decidiamo di non proseguire e la signora Maya ci rimedia un albergo proprio di fronte al suo ristorante dove trascorreremo la notte.
La doccia calda ci rinfranca di tutto il freddo patito nel pomeriggio, facciamo il bucato di tutto labbigliamento da bici lo stendiamo come profughi albanesi nel bagno e tentiamo di farlo asciugare utilizzando lo scaldabagno dellalbergo.
Ci addormentiamo con il proposito di una sveglia allalba per permetterci di recuperare domani la parte della tappa che non siamo riusciti a fare oggi. In tutto oggi abbiamo percorso solo 18,42 km per 1497 metri di dislivello.
Domani vedremo cosa fare.
Terza tappa
La sveglia inizia a suonare alle 6.00, giusto il tempo di ritirare la roba da vestire che avevamo steso la sera precedente nel bagno nellillusoria speranza che asciugasse e siamo in sella, partenza ore 7.18.
La salita verso il Colle della Lombarda è tutta su asfalto ed in unora copriamo i cinque chilometri che ci portano ai 2378 m del valico. Proseguiamo sul Gta, segnato P57, che percorre tutta la cresta del Vallone dellOrgials e con vari saliscendi arriviamo fino al Colle di S. Anna a quota 2372 m sotto la Punta Moravacciera. Da qui inizia una bella discesa molto tecnica su pietre smosse e tornanti che ci conduce fino ai 2020 m del Santuario di S. Anna di Vinadio nei cui pressi sorge il tanto agognato bar dove facciamo colazione tra pellegrini, turisti e bitumari dopo 10,54 km dalla partenza.
Con la pancia piena e la giusta dose di Gatorade nelle borracce partiamo per lascesa al Colle della Bravaria che divide il Vallone di S. Anna dal Vallone di S. Bernolfo.
Il sentiero segnato P16, che parte alla fine del parcheggio del santuario, inizialmente è quasi tutto pedalabile fino a quando in prossimità dei Laghi di Mouton la pendenza diventa assassina costringendoci a spingere le nostre cavalcature per 3,42 km e quasi 2 ore ed un quarto.
Al colle si godiamo un attimo di meritato riposo, siamo quasi in linea con i progetti fatti la sera precedente e le condizioni fisiche non sembrano poi male.
La discesa lungo il Vallone dellInsciauda si rivela uno di quei sentieri che fanno la gioia di un biker, tornanti, pietre, gradoni e tutto ciò che la fantasia può immaginare, nella foga ci beviamo oltre 1100 metri di dislivello arriviamo a valle a Strepesi con un sorriso a 32 denti stampato sulla faccia.
Lattraversamento del fiume ci riserva un divertente, per gli altri, intramezzo; infatti dopo tutta la discesa senza pedalare mi avvio allattraversamento del fiume in corrispondenza di un semplicissimo guado e, mentre sono già con le
ruote nellacqua mi accorgo che la catena è rimasta incastrata e non ne vuole sapere di sbloccarsi, tento inutilmente di fare surplace, ma senza successo e di tutta conseguenza mi ritrovo con un piede a mollo con tutta la scarpa fradicia.
Approfittiamo di un attimo di sosta per mangiare un panino e per sostituire le pastiglie dei
freni del Gatto che nellultima discesa faceva le scintille dal freno posteriore e ripartiamo su asfalto alla volta dei Bagni di Vinadio e continuiamo fino al chilometro 23,34 ad un tornante a quota 1033 m dal quale proseguiamo dritti per una strada interrotta chiusa al traffico.
Siamo in ritardo sulla tabella di marcia, forse non riusciremo a chiudere le due tappe in giornata ed a recuperare la tappa persa ieri a causa del maltempo. La percorrenza della strada interrotta si rivela assai più lunga di quanto avessimo previsto, infatti arriviamo a Pietraporzio con due ore di ritardo sulla tabella di marcia.
Facciamo un breve summit e iniziamo a vagliare la possibilità di eliminare lultima tappa con la salita al Battagliola, non tutti nel gruppo sono della stessa idea. Il Gatto è il più deciso per lui potremmo anche provare a unire le due tappe e farci in totale quasi 2800 metri di dislivello e più di 65 chilometri.
Comunque iniziamo la salita verso Moriglione S Lorenzo. La salita su asfalto è durissima con pendenze oltre il 20%. Arriviamo alla fontana a quota 1414 m ed inizia ad evidenziarsi il fatto che non riusciremo mai a fare in giornata due tappe così dure, proseguiamo ugualmente per ancora duecento metri di dislivello.
Poi consapevole di essere lanello debole dellintera compagnia getto la spugna e dichiaro fermamente la mia intenzione di non voler continuare preferendo tornare indietro fino al posto tappa di Sambuco per pernottare.
Alla fine delle discussioni torniamo tutti indietro tranne il Gatto che comunque decide di salire ancora un po. Malgrado le migliori condizioni fisiche anche Savio, Livio e Luca si rendono conto che non avremmo mai potuto arrivare in tempo al rifugio Gardetta prima del buio, con per di più il rischio di non trovare posto, dato che è sabato sera di fine luglio.
Ritorniamo sui nostri passi verso Sambuco e a Moriglione invece di imboccare lasfalto in discesa ci inoltriamo nel Vallone del Rio Bianco, percorrendo uno splendido sentiero, teatro della gara Rampidoc, che in breve ci porta fino a Sambuco dove fortunatamente veniamo accolti nel posto tappa allAlbergo della Pace. Alla fine abbiamo fatto 31,1 chilometri e 1264 metri di dislivello, fino a Pietraporzio senza contare linutile salita di oltre 300 metri di dislivello che dovremo ripetere domani.
Lappartamento dove siamo alloggiati è splendido, la doccia calda e la cena deliziosa ed abbondante.
Il figlio del gestore è un profondo conoscitore dei sentieri della zona e con un buon bicchiere di grappa in mano discutiamo nel dopo cena.
Stanchi, satolli e soddisfatti ci addormentiamo, pronti per la salita del giorno successivo al Rifugio Gardetta, che nella mia mente evoca i fantasmi di una salita affrontata due anni fa in preda a crampi e visioni mistiche.
Domani vedremo cosa fare.
Quarta tappa
La mattina del quarto giorno la sveglia lasciata impostata per sbaglio dal giorno prima ci fa scendere dal letto alle 6 e un quarto, poco male ci prepariamo e scendiamo a fare abbondante colazione.
Rinfrancati ci avviamo verso il garage dove abbiamo lasciato le nostre bici la sera precedente e scopriamo che essere arrivati per primi ieri ha oggi i propri svantaggi, dobbiamo, infatti, riuscire a districarci tra le altre trenta bici di un gruppo di genovesi che ci blocca luscita.
Alle 8.25 siamo già in sella.
Scendiamo da Sambuco su asfalto sino alla strada statale 21 che conduce ad Argentera e da qui risaliamo fino al bivio per Moriglione S. Lorenzo che incontriamo dopo 3,31 chilometri dalla partenza a quota 1224 m.
La salita su asfalto fino a Moriglione è veramente tosta con punte vicine al 20%, che come riscaldamento non sono niente male, arrivati alla fontana a quota 1430 dopo 5,2 km dalla partenza, facciamo il pieno dacqua e iniziamo la lunga salita su strada sterrata che ci porterà fino al pilone a quota 1900 m.
La salita si snoda su di una bella strada sterrata in mezzo al bosco per circa 5 chilometri fino ad arrivare a quota 1900 m in prossimità di un pilone votivo dal quale si gode una bellissima vista sulla vallata sottostante; lambiente è splendido, nessuna traccia umana, solo montagne, prati verdi e il volo di una bellissima aquila che approfitta delle correnti ascensionali per librarsi nel cielo.
A pochi metri dal pilone si rompe la catena della mia bici, lintervento meccanico è, apparentemente, semplice e rapido e dopo poco siamo pronti a ripartire, purtroppo a causa del cattivo funzionamento del mio smagliacatena saremo costretti a fermarci altre due volte per altrettante rotture, alla fine decidiamo di sostituire la catena con unaltra che avevo prudentemente portato. Dal pilone la strada sterrata prosegue per circa duecento metri di lunghezza fino ad arrivare in corrispondenza di una palina di legno con le indicazioni per Gias Piconiera e Gias Bandia, da cui si imbocca un sentiero inizialmente in discesa, e non segnato sulle carte, che ci permetterà di raggiungere la strada sterrata che vediamo nel versante opposto che conduce al Colle della Bandia.
Il sentiero che percorriamo dal punto di vista paesaggistico rappresenta un vero spettacolo della natura, infatti, si snoda in traverso a mezza costa nella Valle della Bandia con intorno un panorama che da solo vale tutte le fatiche fatte per arrivare fino a qui.
La parte ciclabile termina in corrispondenza di uno sbancamento realizzato di recente, di cui ci aveva parlato il figlio del gestore del posto tappa di ieri sera, per superare un tratto su roccia parecchio esposto. Lutilizzo delle risorse comunitarie in questo maniera ci rende felici di aver potuto constatare che esistono ancora luoghi dove si riesce a far convivere lesigenza del turismo con il rispetto per lambiente, valorizzando veramente ciò che la natura ci offre e non con scempi tipici della nostra Valle di Susa.
La salita a spinta termina in corrispondenza dellincrocio a quota 2083 m dopo 13,41 chilometri dalla partenza, con la strada sterrata che conduce al Colle della Bandia.
Dopo aver mangiato una barretta energetica ci rimettiamo in sella e pedaliamo fino al Colle della Bandia a quota 2405 m, da qui parte un lungo traverso in saliscendi su strada sterrata che conduce fino al rifugio Gardetta posto a quota 2339 m. In questo tratto si gode della vista sulla Rocca la Meja, splendida balconata calcarea che separa la Val Maira dalla Valle Stura.
Percorriamo i quasi dieci chilometri di traverso in poco meno di unora e raggiungiamo il Rifugio Gardetta dopo 26,60 chilometri dalla partenza, ci sdraiamo nel prato davanti e mangiamo i panini che ci facciamo preparare. Ripensando alla condizione fisica della mia precedente visita a questo rifugio mi sento veramente soddisfatto dei progressi fatti.
La sosta dura quasi unora e sazi ripartiamo per lultima fatica della giornata, lascesa al Passo della Gardetta posto a quota 2437 m.
Giunti sulla sommità facciamo le solite foto di rito e ci prepariamo ad una discesa che si dimostrerà veramente goduriosa con passaggi tecnici, tratti veloci e tutto ciò che può fare la felicità di un biker.
Il sentiero di discesa segue il Percorso Occitano ed è segnato come Gta e si conclude allaltezza della strada sterrata a quota 1951 m dove si trova la Grange Resplendino. Proseguendo dopo circa un chilometro si trova sulla destra la deviazione per il percorso Occitano che si rivelerà essere uno splendido sentiero scorrevole e tecnico che ci porterà direttamente al posto tappa di Chiavetta dove trascorreremo la notte. In tutto abbiamo percorso 34,41 chilometri per 1780 metri di dislivello.
Come al solito reintegriamo i liquidi persi nella giornata con della buona birra Poretti che consumiamo in grandi quantità seduti fuori dal posto tappa.
Lappartamento è confortevole e la cena si dimostrerà molto abbondante, infatti la signora che serve ai tavoli dopo una prima richiesta di bis non si farà più pregare portandoci due di tutto, compreso un ottimo stufato di cervo; caffè, grappe e alcolici vari ci faranno addormentare soddisfatti.
Talmente soddisfatti che alle 3.30 del mattino, vuoi per il fatto che siamo in cinque a respirare in una stanza abbastanza piccola vuoi per i gas di scarico di cinque persone, si accende lallarme per la carenza di ossigeno dellimpianto di riscaldamento, al quale poniamo rimedio aprendo la finestra del bagno tra le risate generali.
Domani è già lultimo giorno e vedremo cosa fare.
Quinta tappa
La sveglia questa mattina ci scuote dal nostro letto alle 7.00, abbiamo un sacco di strada da fare oggi, infatti dobbiamo arrivare fino a Saluzzo per recuperare le autovetture e tornare a prendere i mezzi lasciati sparsi nelle valli del cuneese.
Siamo i primi ad arrivare nella sala da pranzo per la colazione, the, latte, caffè, pane, marmellata etc etc, non ci facciamo mancare nulla.
Dopo aver rifatto per lultima volta gli zaini partiamo da Chialvetta diretti alla cima Coppi del nostro giro la Capanna sociale Carmagnola posta al termine della lunghissima Valle Traversiera a quota 2857 m.
Oggi la nostra avventura sui pedali inizia in maniera insolita, infatti iniziamo in discesa sino ad Acceglio proseguendo sul sentiero del Percorso Occitano che ieri ci aveva condotto sino a Chialvetta, sarà per laria fresca del mattino, sarà per lo scuotimento indotto dalla discesa ma allarrivo ad Acceglio siamo sicuramente tutti molto svegli.
Livio ed il Gatto partono immediatamente in missione per recuperare Gatorade per la giornata, ormai sono diventati dipendenti, Livio in un attimo di lucidità riesce anche a chiedere se esiste una dose massima giornaliera di Gatorade e che rischi si corrono in caso di overdose.
Iniziamo la salita si asfalto lungo la strada statale 22 della Val Maira sino al bivio per Lausetto a quota 1384 m dopo 5,5 km dalla partenza.
La salita su asfalto è a tratti molto impegnativa con punte intorno al 20%, ma ci permette in breve di arrivare nei pressi del punto da cui eravamo partiti lanno precedente per effettuare la gita al Monte Bellino, qui una simpatica signora scoprendo quale sia la nostra meta quotidiana non ci rinfranca per nulla augurandoci buon proseguimento dato che Di strada ne avete ancora un sacco da fare fin lassù.
Il tragitto continua su asfalto fino al ponte sul Rio Mollasco a quota 1869 m dove inizia lo sterrato dopo 10,84 km dalla partenza, da qui la strada si fa sterrata e nel volgere di due tornanti arriviamo alla Cappella della Madonna delle Grazie a quota 2004 m.
La mia forma fisica non è al meglio inizio a patire i giorni di fatica accumulati, mentre sto comunque facendomi forza per continuare sopraggiungono alle mie spalle due fulmini cross country dalle gambe depilate e toniche che mi sverniciano in salita
mi consolo pensando che in fin dei conti sulle spalle hanno zainetti al massimo da due chili e che tutto sommato sono partiti questa mattina da Acceglio, mentre mi compiaccio di questa mia analisi sopraggiungono altri e poi altri e ancora altri, alla fine in tutto saranno stati una ventina tutti svizzeri e tutti in sella a bici
Scott. Fortunatamente non tutti avevano la gamba dei primi due anzi gli ultimi tre rappresenteranno per tutta la salita il punto di riferimento un chilometro più avanti.
La salita continua ininterrotta e la mia condizione non migliora, a fatica arrivo a quota 2400 tra tratti a spinta e tratti in sella, dove faccio una brave pausa per una barretta energetica. Mi rendo conto di essere in crisi ma comunque la vetta ormai non è lontana e quindi stringo i denti e continuo, quando il fondo è troppo rovinato scendo di sella e spingo, così faccio meno fatica che a cercare di rimanere in sella, il Gatto si offre anche di portarmi parte dello zaino, ma lorgoglio è troppo e resisto e pensare che questa mattina ripensando alla salita effettuata lanno scorso tutta con il 32 mi ero detto che tutto sommato la tappa di oggi non sarebbe stata dura.
Con landare della salita la situazione migliora e pian piano riesco a ricominciare a pedalare con maggiore continuità e alle 13 giungiamo finalmente alla vetta, dopo 21,26 km dalla partenza. La temperatura è di 8° e mangiamo il nostro meritato panino al riparo dietro un muro della Capanna Carmagnola, vestendoci con tutto quello che troviamo nei nostri zaini.
Terminato il pranzo iniziamo a cercare il sentiero che scende subito dietro la Capanna Carmagnola, segnato come T11, il Gatto invece, da bravo poser, si fa immortalare sul tetto di una casamatta poco distante.
Il sentiero di discesa si rivela una traccia su una pietraia costituita da lose piatte e larghe, che anche dal suono che fanno, danno limpressione di scendere su di una distesa di piatti da cucina rotti. Al termine si giunge, a quota 2540 m, allaltezza delle Grange Autaret, dove incrociamo il Gta che scende dal Colle Bellino segnato U27 che seguiremo fino allabitato di S. Anna di Bellino.
Il sentiero si rivela molto divertente con tratti tecnici alternati da tratti veloci sempre un po esposti data la vicinanza al torrente.
Imbocchiamo lasfalto e dopo pochi metri ci fermiamo al rifugio Melezè dopo 28,86 km dalla partenza a quota 1812 m, per la meritata birra di fine giro, abbiamo infatti concluso le nostre fatiche e da qui a Saluzzo sarà solo un lungo trasferimento su asfalto
Dopo la meritata birra iniziamo a scendere lungo tutta la Val Varaita passando per gli abitati di Casteldelfino, Sampeyre fino a Saluzzo; la distanza è notevole ma la pendenza favorevole e il gioco di squadra con le scie tipo Team CSC ci permettono di coprire i quasi 55 km in poco più di due ore. Arriviamo a Saluzzo alle 17.45. Abbiamo percorso in tutto 83,73 km per 1803 m di dislivello.
Adesso non ci resta che aspettare che la mia dolce metà Daniela e la sua amica Roberta vengano a portarci la mia seconda macchina, permettendoci così di poter recuperare i mezzi di Savio, Matteo e Luca sparsi per le valli cuneesi. Nel frattempo ci accampiamo alla pizzeria La Curva di Saluzzo dove diamo fondo alla cassa comune a forza di pizze, birre e caffè.
Le gentili fanciulle ci raggiungono dopo un paio dore, dando così inizio alloperazione di recupero dei mezzi. Nel frattempo io mi faccio carico della loro cena, in fin dei conti la loro gentilezza deve essere ripagata da colui che ha sbagliato dimenticando le chiavi della macchina nel bagagliaio di Savio.
Alla fine alle 24 sopraggiungono i primi superstiti Savio ed ilGatto, e poco dopo Luca e Livio.
Aiutiamo Matteo a caricare la bici sulla sua moto e lo salutiamo, lo aspetta ancora tutto il viaggio fino a Como, dove arriverà alle 4 del mattino.
Ci salutiamo velocemente, anche a causa di un improvviso temporale che si sta scatenando su di noi; in alcuni casi dopo tanti giorni e tante esperienze passate assieme ci si aspetta che il distacco debba essere diverso, ma forse così è stato meno traumatico.
Ognuno di noi torna verso casa propria, stanco, sporco ma, almeno per me, felice e soddisfatto di aver portato a termine questa bella avventura insieme a buoni amici.
Grazie a tutti.
Salgomasudo
Cartografia IGC 1:50000
Fogli 6, 7, 8.