Rocca Calascio, Abruzzo, in provincia dell'Aquila, 1 460 metri s.l.m. Di origine medievale, è conosciuta per la presenza del castello, La rocca, tra l'altopiano di Campo Imperatore e quelli sottostanti di Navelli e del Tirino. ( parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga)
enso che un sogno così…….tornerà di nuovo.
Rocca Calascio è uno di quei giri che amo e che ripeterei sempre. La prima volta che feci questo giro, rimasi affascinata dalla bellezza del percorso.
Per chi vive solo di discese “tecniche” non è il giro giusto, visto che non se ne trova una.
Si tratta di un percorso molto faticoso, ma se preso con il ritmo e soprattutto con lo spirito giusto, non ha eguali.
Il valore aggiunto è dato dai colori e, a tal proposito, un po’ di fortuna non guasta.
Si….perchè mi è capitato di fare il giro con una festa di fioriture spontanee e altre volte, mi è capitato di trovare più secco.
Domenica, mentre salivo in direzione Montecristo al punto di partenza, notavo che i prati a bordo strada erano letteralmente coperti di fiori gialli, bianchi, rossi e viola. Ho capito subito che sarebbe stata una giornata perfetta, tanto più che si poteva godere di una eccellente visibilità e sua maestà Gran Sasso, si mostrava in tutta la sua bellezza, libero da nubi e nebbia.
Si parte. Pochi metri e già cominciano a vedersi prati coperti di piccoli fiori. Qualche scatto e si continua. Arriviamo ai lati di un podere coperto da margherite, papaveri e altri fiori fittissimi. Altra serie di foto e comincia una prima salita bella intensa che si conclude in un pianoro.
Arriviamo finalmente alla Rocca da cui si gode di un panorama davvero suggestivo. Una rapida pausa snack, la visita al magnifico castello e giù nel borgo a riempirci di liquidi. Ci attende infatti la salita più lunga e dura del giro.
Altro particolare che noto è che, nel loro piccolo, i proprietari dei terreni che circondano la zona, stanno cercando di creare una piccola Castelluccio di Norcia: i campi delle enormi piane sono adibiti infatti alla coltura di fiori.
1) il fondo instabile, fatto di breccia più o meno grossa, che porta a frequenti problemi di trazione;
2) la totale mancanza di ventilazione che rende affannoso il respiro; si pedala infatti in un canale circondato da montagne da cui non filtra aria.
Arriviamo alla Fonte del Cane dove sgorga un bel flusso d’acqua fresca di cui facciamo abbondante uso.
Ancora un po’ di salita ed eccoci giunti al valico da cui si apre la vista sull’infinita piana di Campo Imperatore, circondata dal massiccio del Gran Sasso. Sua Maestà oggi è particolarmente generoso e si mostra magnifico a noi. Si sprecano le foto nel tragitto che, in discesa, ci porta alla piana. Da qui un lungo attraversamento fino al bivio per Santo Stefano in Sessanio, da cui, dopo poche centinaia di metri, prendiamo la sterrata che porta al Rifugio. Un profumo di carne alla brace entra nelle nostre narici e, quella che doveva essere una rapida sosta per una bibita fresca, si trasforma in una bella mangiata di panino e salsiccia appena arrostita, per la gioia dei partecipanti. Momenti di fantastico relax sul prato e si riparte per l’ultimo tratto. Si attraversa una lunga radura erbosa fino all’ultima salita, oggi probabilmente meno faticosa di quanto mi ricordassi, sia grazie al mezzo (di cui poi farò una piccola recensione, sia grazie al carburante a base di salsiccia e coca cola appena ingerito.
Arriviamo in cima felici e soddisfatti, nonostante la fatica. Poiché qualcuno nell’ultima parte aveva percepito principi di crampi, preferisco evitare l’ultima variante. In realtà anche io in fin dei conti, preferisco l’ultima lunga discesa su asfalto perché ricordo le stupende sensazioni che provai la prima volta che la feci: panorami mozzafiato in un ambiente unico e maestoso.
Arriviamo alle macchine e vedo la gioia negli occhi dei miei compagni.