Non per fare il pessimista ma la vedo molto male per noi in futuro. Ieri all'ingresso di un sentiero c'era scritto chiaramente che non trattavasi di pista ciclabile per cui l'astio nei nostri confronti è in crescita esponenziale.
A volte non esistono cartelli, ma solo le ordinanze da consultare presso gli albi pretorio online. Direi anche questa una stranezza perché non tutti immaginano di dover andare su un sito istituzionale per conoscere lo stato delle decisioni prese.
Io sono anche un escursionista ed il problema è che spesso il trekker in questione è anche un affiliato del CAI, club rimasto ai tempi di Ardito Desio per cui spiegargli che una bici fa meno danni di un temporale o di un testicolo col trial non serve a nulla.Non sono riuscito a leggere tutti i commenti (tra questo e l'altro articolo) anche se sarebbe interessante, mi prenderò il tmepo, ad ogni modo leggendo qui mi convinco sempre più di quanto un divieto non educa e non crea cultura.
Non è raro che nelle mie sgambate in montagna trentina io venga rimproverato dai pedoni per i quali porto il massimo rispetto (secondo me massimo potrebbe essere anche riduttivo), qualcuno lo fa più direttamente altri invece borbottano sotto i baffi frasi incomprensibili che nella maggior parte dei casi lascio correre, il punto è che mi rimproverano di essere su un sentiero vietato quando di fatto non lo è, chiedo a loro se ne sono sicuri, se sono a conoscenza del reale divieto o meno ecc
Insomma questo per dire che non solo in Trentino non stiamo educando la popolazione al rispetto della natura, dei luoghi, delle motivazioni per cui vengono fatti alcuni divieti più che giusti (per zona, per stagionalità o per orario) ma stiamo pure alimentando l'odio verso una categoria di esseri umani che si cimenta in passioni differenti dagli altri.
Noi siamo bravissimi a crearci etichette, a creare odio e discriminazione, grazie alla politica che si sta attuando in Trentino portiamo questa modalità anche nello sport.
Le volte che intravedo nel viandante criticone un che di empatico, mi prendo il tempo per farci due chiacchiere genuine, analizzando se lo ho disturbato, chiedendo se i suoi figli fanno MTB o se lui stesso a casa ne possiede una, beh ragazzi come sciolgo l'odio inizialmente riversato nei miei confronti è una magia, siamo tutti cittadini del mondo, serve rispetto reciproco, serve cultura del rispetto tra di noi e verso la natura, serve motivare certe scelte affinchè si possa aver creato la cultura di tale divieto, non abbiamo bisogno di ulteriore legna da buttare nel fuoco dell'odio.
Questo è il mio pensiero ormai da più di 30 anni da assiduo frequentatore delle montagne Trentine , sia in MTB che a piedi.
Venite nella bergamasca, che quando scollinate in cima con la bici a spinta il propietario della baita vi offre il caffè per poter fare quattro chiacchiere, successo personalmente.
Ma infatti, a memoria ricordo forse solo uno o due episodi in cui i pedoni hanno avuto da ridire, anche quando a volte mi è capitato di dover attraversare zone private mi è bastato chiedere permesso e mai avuti problemi.sai qual è la cosa più bella? Che anche sul Garda, appena metti piede a Limone, cioé in provincia di Brescia, tutte ste cagate dei divieti smettono di esistere.
Mi sembra una visione un po' utopica.Le volte che intravedo nel viandante criticone un che di empatico, mi prendo il tempo per farci due chiacchiere genuine, analizzando se lo ho disturbato, chiedendo se i suoi figli fanno MTB o se lui stesso a casa ne possiede una, beh ragazzi come sciolgo l'odio inizialmente riversato nei miei confronti è una magia, siamo tutti cittadini del mondo, serve rispetto reciproco, serve cultura del rispetto tra di noi e verso la natura, serve motivare certe scelte affinchè si possa aver creato la cultura di tale divieto, non abbiamo bisogno di ulteriore legna da buttare nel fuoco dell'odio.
Il tuo discorso per quanto valido è utopistico e senza speranza. Non so se tu abbia la bdc ma ti sarà magari successo nei trasferimenti su asfalto con la mtb. L'intolleranza dei pedoni che racconti è la stessa degli automobilisti. Non importa che tu sia fuori la carreggiata dillà della linea, praticamente sull'erba o sia in mezzo. Gli dai fastidio, non ci devi stare e ti sorpassano mettendo a repentaglio la tua vita o come minimo ti strombazzano. Gli italiani. Gli stranieri molto meno o quasi mai. Ho imparato in Alto Adige che se senti una macchina che ti si mette dietro senza suonare e aspetta paziente il momento di superarti (distante) sai già senza guardare che avrà targa straniera. Se una macchina ti passa superdistante e senza accelerazione machista, quando ti affianca saprai già che è straniera 9 volte su 10 e ne avrai la conferma a soprasso finito quando vedi la targa. I pedoni offroad sono dello stesso ceppo degli automobilisti. Gli stranieri ti salutano (hallo, servus ecc.) gli italiani spesso e volentieri camminano in mezzo come le mucche e ti guardano con sguardo torvo in prima istanza. E' vero che spesso un sorriso e un saluto (cose che faccio sempre) li scioglie un pò. Non sempre. I migliori sono quelli che stanno in parte, ti vedono arrivare e per spostarsi e farti passare passano tutto dall'altra parte proprio quando sei vicino. Per fortuna io alla vista della gente rallento sempre molto e riesco a non prenderli e a non sdraiarmi sullo sdrucciolevole in frenata ma se gli fai notare il comportamento rischioso e incomprensibile apriti cielo. Sei tutto in parte, mi vedi arrivare.....perchè devi passare tutto in parte dall'altra e proprio quando sto arrivando? Secondo me è un riflesso condizionato, come quello dei runner che anche se hanno il marciapiede a fianco corrono sulle ciclabili.Non sono riuscito a leggere tutti i commenti (tra questo e l'altro articolo) anche se sarebbe interessante, mi prenderò il tmepo, ad ogni modo leggendo qui mi convinco sempre più di quanto un divieto non educa e non crea cultura.
Non è raro che nelle mie sgambate in montagna trentina io venga rimproverato dai pedoni per i quali porto il massimo rispetto (secondo me massimo potrebbe essere anche riduttivo), qualcuno lo fa più direttamente altri invece borbottano sotto i baffi frasi incomprensibili che nella maggior parte dei casi lascio correre, il punto è che mi rimproverano di essere su un sentiero vietato quando di fatto non lo è, chiedo a loro se ne sono sicuri, se sono a conoscenza del reale divieto o meno ecc
Insomma questo per dire che non solo in Trentino non stiamo educando la popolazione al rispetto della natura, dei luoghi, delle motivazioni per cui vengono fatti alcuni divieti più che giusti (per zona, per stagionalità o per orario) ma stiamo pure alimentando l'odio verso una categoria di esseri umani che si cimenta in passioni differenti dagli altri.
Noi siamo bravissimi a crearci etichette, a creare odio e discriminazione, grazie alla politica che si sta attuando in Trentino portiamo questa modalità anche nello sport.
Le volte che intravedo nel viandante criticone un che di empatico, mi prendo il tempo per farci due chiacchiere genuine, analizzando se lo ho disturbato, chiedendo se i suoi figli fanno MTB o se lui stesso a casa ne possiede una, beh ragazzi come sciolgo l'odio inizialmente riversato nei miei confronti è una magia, siamo tutti cittadini del mondo, serve rispetto reciproco, serve cultura del rispetto tra di noi e verso la natura, serve motivare certe scelte affinchè si possa aver creato la cultura di tale divieto, non abbiamo bisogno di ulteriore legna da buttare nel fuoco dell'odio.
Questo è il mio pensiero ormai da più di 30 anni da assiduo frequentatore delle montagne Trentine , sia in MTB che a piedi.
Ammiro il tuo positivismo, io la penso diversamente: non c'è campo in cui il comportamento umano non sia stato indirizzato sui binari del buon senso da un imposizione legislativa. Non solo, il divieto da solo è di scarsa utilità, sovente è necessario che l'essere umano percepisca coma alta la probabilità di essere sanzionato. Certo, il popolo dei pedalatori è una piccolissima porzione di popolazione, e perdipiù ben predisposta, visto il genere di passione, ad essere educata anche, forse, in assenza di divieti. Ma prova ad allargare la platea, a prendere in considerazione, che so, i motociclisti, gli automobilisti, etc... mi convinco sempre più di quanto un divieto non educa e non crea cultura.
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Sono convinto che se tutti andassero in bici su sentieri non super gettonati da escursionisti, o si facessero questi ultimi solo nei periodi di bassissima, non si creerebbero queste situazioni e la nostra categoria sarebbe meno accusata…
Non se se anche sulle Alpi, al pari degli Appennini, esistono sentieri lunghi e dislivellosi, dove anche in luglio, agogni di incontrare presenza umana per non soffrire di solitudine.
Io mi sentirei un pirla, indipendente da divieti o meno, a superare decine di camminatori col sorrisino grazie, prego, ma si figuri, venga pure, non si preoccupi, la faccio passare…
…e poi è anche una rottura de cojo’ per il ciclista sentire per ore sempre le stesse battute, parlo di quelle amichevoli nelle quali il camminatore mostra simpatia ed ammirazione, le alte situazioni nemmeno voglio contemplarle…
Esatto...e da Limone in giù andando verso Salò ci sono percorsi che poco hanno da invidiare al Trentino, considerando che si può scollinare in un attimo ed essere in Valsabbia, che confina con la Valtrompia o meglio ancora nella parte gardesana interna visitare la piccola ma concentrata e selvaggia Valvestino...nei miei giri avete visto anche qualche foto, e la mia logorroica menata sul "Gardalake"...quindi, non sento questo particolare bisogno di andarmene in Trentino, nonostante sia relativamente vicino...sai qual è la cosa più bella? Che anche sul Garda, appena metti piede a Limone, cioé in provincia di Brescia, tutte ste cagate dei divieti smettono di esistere.
utopia o no... l'approccio é quello di usare un po di neuroni: non é difficile. Ad agosto sui sentieri in certe zone con o senza divieto esplicito non ci vado. Perché vi assicuro che il problema non sono gli sbirri (che ne vedono di ogni e che hanno una pazienza galattica): il problema siamo noi. Io prima di preoccuparmi della politica o degli altri mi chiedo: "ho fatto la mia parte, e qual é la mia parte?!"
Abbiamo effettuato un sopralluogo uno dei giorni successivi alla ricezione della multa, abbiamo ripercorso il sentiero dall'inizio alla fine facendo foto e video dei cartelli (non potevamo escludere a priori che non ci fosse sfuggito un cartello di divieto). Abbiamo quindi le evidenze di quanto affermiamo: non è presente un divieto chiaramente segnalato, come invece riportato dai giornali. Che poi il sentiero, per leggi regionali, provinciali o delibere varie (poco chiare e a volte contraddittorie) fosse comunque vietato è un altro discorso. L'unico regolamento veramente chiaro e immediato è quello riportato sul cartellone informativo del parco Adamello Brenta, che al punto 7 cita: l'utilizzo di bici è vietato dove riportato con specifica segnaletica.E chi lo dice che non c'è? Il multato!! La mia ex, avvocato diceva sempre: Nega sempre anche l'evidenza
in realtà non diciamo due cose troppo differenti, il divieto da solo è di scarsa utilità (esatto, non educa, impone senza una motivazione), se accompagnato da salata multa dici tu allora funziona, io però dico anche che se tu hai davanti un divieto e non ne capisci il senso le cose sono macroscopicamente tre: il nostro sistema sociale non è stato efficace nel spiegartelo nell'arco della tua quotidianità (scuola, casa, boyscout ecc), non hai le capacità cognitive per comprenderlo.Ammiro il tuo positivismo, io la penso diversamente: non c'è campo in cui il comportamento umano non sia stato indirizzato sui binari del buon senso da un imposizione legislativa. Non solo, il divieto da solo è di scarsa utilità, sovente è necessario che l'essere umano percepisca coma alta la probabilità di essere sanzionato. Certo, il popolo dei pedalatori è una piccolissima porzione di popolazione, e perdipiù ben predisposta, visto il genere di passione, ad essere educata anche, forse, in assenza di divieti. Ma prova ad allargare la platea, a prendere in considerazione, che so, i motociclisti, gli automobilisti, etc.
concordo, esempio vicinissimo a noi ovvero l'Alto Adige, fasce orarie per entrare in certi sentieri, promozione del trail condiviso e regole comportamentali, cartelli di avviso per pedoni e ciclisti che i sentieri sono utilizzati da entrambe le categorie, divieto sui sentieri più frequentati dai pedoni vicini ai centri urbani (fuori no perchè secondo me quello che manca è la cultura della condivisione), insomma gestione dei flussi, delle stagionalità e creazione di cultura.Tu fai la tua parte, gli altri fanno la "loro", in senso negativo, ed ecco arrivare il divieto.
Col divieto esplicito, formalmente, su quel sentiero non vai più, ne ad Agosto ne ad Ottobre.
Ora, se vogliamo continuare a ciurlare nel manico dell'ipocrisia di "si, c'è il divieto ma fuori stagione nessuno lo fa rispettare", ok. La discussione la possiamo chiudere qua.
Ma dobbiamo essere consapevoli che all'aumentare dei numeri, soprattutto con la scomparsa delle "basse stagioni", questa situazione di tolleranza implicita potrebbe cambiare. E gli strumenti legislativi per bloccare la pratica della MTB sui sentieri, in qualsiasi periodo dell'anno, in queste regioni, sono già pronti.
Da cui la necessità di discutere attivamente e pubblicamente dei divieti.
E di premiare le regioni che hanno un atteggiamento NON ipocrita e demagogico, con regolamentazioni chiare e non basate sull'italianissimo approccio "ho fatto una legge di merda per far contento l'elettorato, ma tanto non la applico"
Nel caso degli elettrificati, mi viene in mente... "eh però col motore non vale..."…e poi è anche una rottura per il ciclista sentire per ore sempre le stesse battute, parlo di quelle amichevoli nelle quali il camminatore mostra simpatia e/o ammirazione...