Si è costituito l'uomo
che ha ucciso il veterinario
Due famiglie distrutte in una tragedia. Quella della vittima, il cinquantunenne Paolo Tambini, medico veterinario di Capannoli, e quella delluomo che involontariamente lo ha ucciso, il quarantaseienne imprenditore livornese Fabio Celandroni. Un uomo che non si era reso conto di aver ucciso un suo simile: credeva, invece, di aver mirato a un cinghiale, che però gli era sfuggito
Home - Notizie Livorno
prec succ
Livorno, 30 dicembre 2008 - Due famiglie distrutte in una tragedia. Quella della vittima, il cinquantunenne Paolo Tambini, medico veterinario di Capannoli, e quella delluomo che involontariamente lo ha ucciso, il quarantaseienne imprenditore livornese Fabio Celandroni. Non si tratta, come si era tenuto in un primo momento, di un bracconiere fuggito dopo essersi reso contro di aver commesso un omicidio, seppure colposo. Abbiamo a che fare, al contrario, con una persona che era in possesso dellautorizzazione a cacciare nellazienda faunistica del marchese Lorenzo Niccolini, tra Capannoli e Santo Pietro Belvedere. Un uomo che non si era reso conto di aver ucciso un suo simile: credeva, invece, di aver mirato a un cinghiale, che però gli era sfuggito.
Fabio Celandroni si è reso conto del tragico fatto di sangue del quale è stato artefice senza volerlo oltre 24 ore più tardi. Nella tarda serata di sabato, dopo ore di frenetiche ricerche, finalmente era stato trovato nel bosco il cadavere del dottor Tambini, che si era allontanato da casa sua di prima mattina per andare a cercare funghi e tartufi, dicendo ai familiari che sarebbe tornato per lora di pranzo. Accanto al corpo senza vita del veterinario era rimasto il suo cane. Domenica pomeriggio poi le guardie della tenuta del marchese Niccolini hanno contattato tutte le persone pare siano state tre che avevano ricevuto lautorizzazione (a pagamento) per cacciare allinterno dellazienda faunistica. Tra questi cera anche Fabio Celandroni che, dichiara il marchese Niccolini, ''aveva avuto il permesso per cacciare i fagiani".
Quando limprenditore edile livornese ha ricevuto quella telefonata, con la quale veniva raccontato che allinterno della tenuta era stato ucciso un uomo con un colpo di fucile, il mondo gli è crollato addosso. Perchè solo allora si è reso conto di aver commesso un omicidio. Ha avuto la consapevolezza di essere stato linvolontario protagonista di una tragedia, una disgrazia che ha gettato nello sconforto più profondo lui e la sua famiglia. Così come il giorno prima la morte improvvisa e violenta di Paolo Tambini aveva sconvolto la moglie del veterinario Sonia Guerrieri, livornese, e i loro tre figli. Per riprendersi cè voluto un po di tempo. Poi, superato, almeno in parte lo choc iniziale, Fabio Celandroni ha subito cercato di rintracciare i suoi legali di fiducia. Ma non è stato facile. Era domenica, tra Natale e Capodanno. Quando finalmente è riuscito a parlare con gli avvocati, comprensibilmente ancora scosso, ha raccontato la sua versione dei fatti. E dopo una notte insonne, ieri allalba, si è presentato spontaneamente alla questura di Livorno accompagnato dagli avvocati Silvia Del Corso e Giuseppe Ales.
"Sono stato io a sparare, ma non mi sono reso conto di aver ucciso un uomo. Credevo di aver mirato a un cinghiale". Così ha detto ai poliziotti limprenditore edile livornese, che finora mai aveva avuto problemi con la giustizia. Luomo ha portato con sè anche larma del delitto, il suo fucile da caccia. E così in mattinata, da Livorno, Fabio Celandroni è stato accompagnato a Pisa, sempre insieme ai suoi due legali di fiducia, per essere ascoltato dal magistrato che conduce linchiesta aperta dalla Procura della Repubblica. Limprenditore è stato interrogato a lungo dal sostituto procuratore Giovanni Porpora, presenti anche alcuni degli investigatori che si occupano delle indagini, i militari del reparto operativo del nucleo operativo del comando provinciale dei carabinieri. Celandroni ha risposto alle domande del pubblico ministero e ha fornito la sua versione del tragico fatto. "Il mio assistito riferisce lavvocato Del Corso ha ammesso di aver sparato, ma di non essersi reso conto di aver colpito una persona. Quella mattina aveva sparato più volte, riuscendo anche a catturare alcuni animali. Poi nel pomeriggio è ritornato a Livorno".
Dopo linterrogatorio, che si è protratto per quasi quattro ore Fabio Celandroni ha potuto fare ritorno a casa. Per il momento è indagato per il solo reato di omicidio colposo. Evidentemente il magistrato, non contestandogli leventuale reato di omissione di soccorso, ha creduto alle parole del cacciatore che, appunto, ha affermato di non essersi reso conto di aver colpito un uomo, dopo aver mirato a quello che riteneva fosse un cinghiale.