le cose dette da un pro mi fanno riflettere su questo:
1) la bici é uno sport in cui i pericoli soggettivi sono elevatissimi con conseguenze importanti (a volte fatali come nel caso del giro di slovenia)
2) un atleta DEVE correre sempre e lo fa cercando gestire i pericoli (allenandosi) e valutando il rischio accettabile. Atleti meno esperti, atleti poco interessati alla sopravvivenza valutano differentemente da un pro che corre da qualche stagione. in ogni caso vincerà sempre quello che si prende piú rischi (=o- consapevolmente)
3) non si puó azzerare il pericolo, non puoi azzerare il rischio -> fa parte delle variabili della competizione, ma il primo lo puoi valutare in sede di programmazione, il secondo dipenderà dalle capacità (mentali, tecniche, fisiche, emotive) dell'atleta.
4) a noi spettatori piace il crash, vedere quello che si schianta e si disintegra (ma poi si rialza sperabilmente)... go big or go home
in questo contesto (mtb) se cadi, perdi, e magari perdi alla grande... se caschi male ciaone. Quindi che si fa?!?! boh.
La mia ipotesi concorda con AP: avere medici specializzati che aiutano il "circuito" a prendere decisioni ragionevoli sulla base di fattori medici oggettivi ed obiettivi potrebbe essere una buona strategia. Poi anche migliorare la sicurezza "attiva", quella "passiva" e anche la cultura della sicurezza potrebbe avere senso. Sono mie idee che non corro, e non sono un atleta.. I pensieri di un ragazzo (atleta pro) che si é fatto male e che scrive dal letto dell'ospedale... beh mi fanno riflettere cosi!