Due cose erano fondamentali prima ancora che potessi pensare a questo salto: 1) la sicurezza e l'incolumità degli atleti che sarebbero eventualmente passati sotto di me 2) il rispetto del loro gesto sportivo. Da qui la consapevolezza di non dover creare una distrazione per chi stava andando a vincere la tappa e ancora più importante la riduzione a zero della possibilità di commettere errori. Il concetto di base stava nel creare in un unico istante un legame, una fusione tra due mondi (quello della bici su strada e del freeride mtb) che son partiti dalla stesso seme -la passione per la bici- ma che hanno seguito due evoluzioni diverse, quasi contrapposte. La professionalità c'è stata sia da parte dei corridori del giro, sia da parte di chi ha saltato, anche se capisco che non è facile da rapportare, perché appunto parliamo di due gesti atletici molto diversi ed ottimizzati specificamente per ciascuna disciplina. La mancanza di rispetto c'è nel momento in cui ci si dimentica l'amore comune per la bici, strumento interpretabile in qualunque forma si voglia.