È stato un po' come nascere una seconda volta.. L'ospedale non è lo stesso, i medici neanche ma i miei genitori si. La prima volta appena sveglio una pacca sulla schiena per cominciare a respirare da solo, in questa la rimozione di un tubo che mi fa respirare senza avere la certezza che i miei 2 polmoni lacerati possano essere in grado di permettermi di fare tutto da solo. Prima vittoria, i polmoni decidono di reggere, ho già fatto un grande passo. Le parole non riescono ancora ad uscire e il casco che ho in testa mi fa sembrare sordo e completamente estraneo a tutto ciò che i medici, i miei genitori e i miei amici mi dicono. Non ci capisco niente, non so a cosa serva il casco e non so nemmeno che le visite finiscono alle 16 e iniziano di nuovo solo alle 19. Ad un certo punto tutti se ne vanno e l'unica cosa che posso vedere davanti a me è un orologio che segna l'ora e uno che segna i secondi, al posto di arrivare a 12, arriva a 60. Solo quest'ultimo è fermo ma l'altro mi sembra andare a rallentatore, 10 secondi mi sembrano 10 minuti. Dopo 3 ore vedo tornare i miei e il casco viene rimosso. Cerco di dire qualcosa ma faccio fatica a dire più di 5 parole di fila. Mi manca il respiro. Scende la notte e dovrei dormire ma non ci riesco, ho male e mille pensieri in testa, nessuno dei
quali sembra darmi conforto. La morfina e gli altri antidolorifici contribuiscono ad attutire il male ma nel contempo appena chiudo gli occhi mi fanno diventare scemo, cose peggio degli elefanti rosa di dumbo ubriaco, sono sempre stato terrorizzato da quell'incubo da bambino. Il mattino arriva e mi rendo conto di quello che mi è successo. Una pianta mi ha distrutto 7 costole, 4 vertebre, mi ha perforato 2 polmoni e si è portata via la mia milza. Non che mi renda conto del numero di costole rotte ma mi ricordo di ciò che il medico mi disse dopo la tac appena arrivato in ospedale. Arrivano gli infermieri a lavarmi e mi accorgo di avere 5 tubi attaccati al torso. E non sono soli ma sono quelli che mi incutono più timore. Sono come dei cordoni ombelicali solo che sono drenaggi e non servono a portarmi il cibo ma a togliere aria e sangue dai polmoni e dall'addome. Le prime parole non sono "mamma" o "papà" come la prima volta ma la soddisfazione che vedo negli occhi dei miei sembra la stessa se non maggiore. Passano i primi giorni e comincio a parlare di più con meno fatica, riesco a bere da un bicchiere e non da un siringone. Il tempo non passa
mai ma sono fortunato, mi è andata bene e ora non sono più in pericolo di vita. Ho sempre tanti pensieri in testa, mi rendo conto che questa esperienza per quanto brutta mi insegnerà a dare importanza a tante cose che prima non calcolavo nemmeno. Mi rendo conto degli amici che ho e di quanti sono. Non che prima avessi dubbi sulla loro amicizia ma ora è tutta un'altra cosa. Continuano a passare i giorni e comincio a migliorare, mi vengono tolti i drenaggi addominali, il respiro viene molto meglio, riesco a mangiare, prima aiutato e poi torno a farlo da solo. Sono tutti piccoli passi che danno fiducia a me e a chi mi sta vicino. Alcuni giorni l'umore è sotto terra, sono incollato ad un letto e non posso alzarmi. Dopo 2 settimane buone tutti i vari tubi vengono rimossi e finalmente riesco ad alzarmi. I primi passi. Perdo il conto del numero di amici che vengono a trovarmi o che mi mandano un messaggio al cellulare. Sono davvero tanti, mi fanno capire che sono circondato da persone che mi vogliono bene e questo mi da una marcia in più. Tralasciando tanti dettagli finalmente vengo spostato in medicina semi intensiva dove è tutto diverso. Le infermiere sono più stronze e brutte ma posso finalmente cominciare ad alzarmi più liberamente. Comincio a camminare abbastanza bene e nonostante gli antidolorifici non ci siano più da giorni, il dolore è tutt'altro che insopportabile. È il giorno di Natale, alla finestra non c'è la neve ma un gran sole, in corridoio un albero di Natale tristissimo. L'unica cosa che mi ricorda il clima natalizio sono gli auguri che arrivano al cellulare. Sono pur sempre in ospedale, sicuramente più avanti lo considererò come il natale peggiore della mia vita. In realtà alla sera mi rendo conto che non è poi stato così male questo 25 dicembre.. I giorni al mio ritorno a casa si possono contare sulle dita di una mano. È il 29 dicembre, finalmente sono a casa e tra sei mesi potrò tornare in bici, non vedo l'ora!
quali sembra darmi conforto. La morfina e gli altri antidolorifici contribuiscono ad attutire il male ma nel contempo appena chiudo gli occhi mi fanno diventare scemo, cose peggio degli elefanti rosa di dumbo ubriaco, sono sempre stato terrorizzato da quell'incubo da bambino. Il mattino arriva e mi rendo conto di quello che mi è successo. Una pianta mi ha distrutto 7 costole, 4 vertebre, mi ha perforato 2 polmoni e si è portata via la mia milza. Non che mi renda conto del numero di costole rotte ma mi ricordo di ciò che il medico mi disse dopo la tac appena arrivato in ospedale. Arrivano gli infermieri a lavarmi e mi accorgo di avere 5 tubi attaccati al torso. E non sono soli ma sono quelli che mi incutono più timore. Sono come dei cordoni ombelicali solo che sono drenaggi e non servono a portarmi il cibo ma a togliere aria e sangue dai polmoni e dall'addome. Le prime parole non sono "mamma" o "papà" come la prima volta ma la soddisfazione che vedo negli occhi dei miei sembra la stessa se non maggiore. Passano i primi giorni e comincio a parlare di più con meno fatica, riesco a bere da un bicchiere e non da un siringone. Il tempo non passa
mai ma sono fortunato, mi è andata bene e ora non sono più in pericolo di vita. Ho sempre tanti pensieri in testa, mi rendo conto che questa esperienza per quanto brutta mi insegnerà a dare importanza a tante cose che prima non calcolavo nemmeno. Mi rendo conto degli amici che ho e di quanti sono. Non che prima avessi dubbi sulla loro amicizia ma ora è tutta un'altra cosa. Continuano a passare i giorni e comincio a migliorare, mi vengono tolti i drenaggi addominali, il respiro viene molto meglio, riesco a mangiare, prima aiutato e poi torno a farlo da solo. Sono tutti piccoli passi che danno fiducia a me e a chi mi sta vicino. Alcuni giorni l'umore è sotto terra, sono incollato ad un letto e non posso alzarmi. Dopo 2 settimane buone tutti i vari tubi vengono rimossi e finalmente riesco ad alzarmi. I primi passi. Perdo il conto del numero di amici che vengono a trovarmi o che mi mandano un messaggio al cellulare. Sono davvero tanti, mi fanno capire che sono circondato da persone che mi vogliono bene e questo mi da una marcia in più. Tralasciando tanti dettagli finalmente vengo spostato in medicina semi intensiva dove è tutto diverso. Le infermiere sono più stronze e brutte ma posso finalmente cominciare ad alzarmi più liberamente. Comincio a camminare abbastanza bene e nonostante gli antidolorifici non ci siano più da giorni, il dolore è tutt'altro che insopportabile. È il giorno di Natale, alla finestra non c'è la neve ma un gran sole, in corridoio un albero di Natale tristissimo. L'unica cosa che mi ricorda il clima natalizio sono gli auguri che arrivano al cellulare. Sono pur sempre in ospedale, sicuramente più avanti lo considererò come il natale peggiore della mia vita. In realtà alla sera mi rendo conto che non è poi stato così male questo 25 dicembre.. I giorni al mio ritorno a casa si possono contare sulle dita di una mano. È il 29 dicembre, finalmente sono a casa e tra sei mesi potrò tornare in bici, non vedo l'ora!