Questa mattina mi alzo con calma e mi vesto subito da biker, frugando nell’armadio, alla ricerca di cose pesanti. Volevo fare un giro in solitaria tra le nostre colline. È una cosa che succede molto raramente perché ho paura e perchè non mi piace uscire in bici da sola. Oggi, però, avevo poca voglia di vedere gente. Volevo essere in compagnia solo dei miei pensieri.
Fuori è molto freddo. Il cielo è grigio e ogni tanto mi scendono sul volto piccolissime gocce di pioggia. Corro a prendere la bici. Non l’ho lavata. E’ piena di fango ma oggi ho il vantaggio che non ci sarà nessuno a farmelo notare!!!
Ho già in mente il giro da fare. Niente di pesante ma un giro tranquillo per sgranchire le gambe e smaltire il “fristinco” in eccesso. Faccio un primo tratto in asfalto e poi, in prossimità di una piccola casa abbandonata, mi immetto sul sentiero che costeggia un bosco. Inizio così la salita.
Sono subito in affanno. La salita non è molto ripida ma è lunga ed è un continuo “sali e scendi”. Arrivata ad un primo tratto in pianura decido di fermarmi a bere. Riprendo un po’ di fiato, rimetto la borraccia al suo posto, rimonto in sella pronta per ripartire, ma mi blocco di nuovo. Sento un rumore tra le foglie del bosco adiacente. Anzi sono due fruscii. No, tre, forse quattro. Sono rumori che provengono da direzioni diverse. Penso a degli animali. Ho paura.
Spuntano dal bosco, invece, quattro uomini in tenuta mimetica; due con una maschera antigas in faccia e due con un passamontagna. Ho quattro FUCILI puntati addosso.
Sono paralizzata. Sudo freddo. Non capisco chi sono, non so cosa stanno facendo e non so perché mi stanno puntando addosso le armi.
Un uomo mi si avvicina e mi dice di seguirlo senza dire una parola. Se avessi urlato, avrebbe fatto partire un colpo.
Mi incammino tra tre soldati, mentre il quarto raccoglie la mia bici e la nasconde sotto un mucchio di foglie. Camminiamo forse per una mezzora. Non ho l’orologio e non riesco a rendermi conto del tempo che scorre. Ci muoviamo con cautela. Io sono in mezzo a due soldati. Uno è molto più avanti di noi, a fare strada. Il quarto invece è dietro, a distanza, a chiudere la scorta.
C’è un silenzio irreale. Si sente solo il mio respiro e i passi sordi sulle foglie bagnate. Ho freddo ai piedi e alle mani. Finalmente arriviamo a quella che doveva essere la destinazione. Mi guardo intorno per cercare di orientarmi ma è inutile. Non ho mai fatto quella strada e non immaginavo neanche che sulle nostre colline, a pochi km da casa, ci fosse un bosco così fitto.
Uno dei soldati mi indica una buca in mezzo ad una parete di roccia, quasi nascosta da tre cespugli.
È sicuramente una buca scavata ai tempi della seconda guerra mondiale. Ce ne sono tante qui da noi. E in un lampo mi vengono in mente i racconti di mio nonno in guerra in Russia e le storie di mia nonna, che, spesso si privava di quel poco che aveva in casa, per farlo giungere, nascosto dentro delle ceste di strofinacci, ai numerosi partigiani, rifugiati sulle nostre colline.
Non ho ancora capito perché mi trovo lì ma ho paura a chiederlo.
Uno dei quattro soldati, quello con un paio di “kickers” ai piedi, mi dice di entrare nella grotta. Mi lega una caviglia ad una catena, a sua volta legata al muro con un gancio, e puntandomi una pistola alla bocca, mi dice di non urlare.
Uno di loro si posiziona a fare da guardia all’entrata della mia “tana”. Gli altri tre, per terra, camuffati tra foglie e arbusti, a qualche metro di distanza. Pochi minuti di silenzio. Poi RUMORE. Spari assordanti. I rumori di pallottole che fendono l’aria arrivano da tutte le direzioni. Sono minuti di terrore per me. Ho il cuore paralizzato. Gli occhi vigili. Le mani fredde e le gambe vogliose di correre. Mi accuccio in un angolo, al buio, cercando di trattenere il respiro, per non farmi sentire. Mi sento BAGNATA. Credo di essermela fatta addosso per la paura.
Ancora rumore. Persone che strillano. Persone che corrono. Pallottole che squarciano.
AAAAHHHHH…PRESO… Là.....PRESTO…ACCERCHIALO…TRRRRRRR….SCAPPA….PHISSSSSSH….AIUTOOOOO.......
E poi....DI NUOVO SILENZIO...
Rimango ferma in quella posizione. Non mi muovo; non voglio che mi sentano. Sono bagnata; ho freddo; ho paura, ma rimango lì, in attesa. Silenzio. Sento dei passi. Qualcuno si sta avvicinando.
No cazzo eccolo!!!!mi ha visto; viene verso di me!!! Mi ucciderà, mi ucciderà ne sono sicura.....
Sento un tintinnio metallico.
AIUTOOOOO....non voglio vedere. Non voglio morireeeeee...
ALZATI- urla una voce rauca- ED ESCI FUORI.
Apro gli occhi. Vedo il soldato davanti a me. Ha i capelli rossi. In una mano la chiave della catena che mi teneva prigioniera. Il fucile per terra.
Mi alzo a fatica. Le gambe mi tremano. Mi sento bagnata.
Fuori dalla grotta, davanti a me ora ho 10 soldati. Tutti in mimetica, fucile e mitragliatore puntati in basso, passamontagna e maschera antigas tolti.
Mi sorridono e si presentano per nome.
Mi dicono che fanno parte dell’associazione “soft air” e che spesso usano quel bosco per i loro giochi.
Oggi hanno approfittato di me per giocare ai rapitori.
Mi ringraziano e si offrono di riaccompagnarmi al luogo del “rapimento”. Rifaccio la strada al contrario.
LORO ridono; si raccontano le strategie usate; parlano di nuovi appuntamenti; di cosa fare per l’ultimo dell’anno. IO invece cammino a testa bassa e in SILENZIO. Mi vergogno. SONO BAGNATA DI SOTTO!!!