La percezione del pericolo in montagna.

  • Orbea lancia la nuova Rise, la sua ebike leggera che ha fatto discutere tantissimo i nostri lettori. Io e Stefano abbiamo avuto modo di provarla in anteprima a Terlago, da oggi la potete toccare con mano al Bike Festival di Riva del Garda.
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Andrea80bz

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Alla luce dei recenti incidenti in montagna (in un caso ero personalmente sul posto) vorrei aprire questa discussione sulla percezione del pericolo in riferimento alle attività sportive che si praticano in ambiente montano: quindi escursionismo impegnativo di vario tipo (in particolare ferrate, tracciati difficili), alpinismo vero e proprio, scialpinismo e ovviamente mountainbike su tracciati difficili/esposti. Vorrei sottolineare il concetto di percezione del pericolo, perchè a mio modo di vedere il pericolo è sempre difficile (se non impossibile) da oggettivare e personalmente sono dell'idea che non sia possibile indentificare un livello di rischio obiettivamente "inaccettabile". Quindi se una cosa mi sembra pericolosa, cioè la percepisco soggettivamente come off-limits in termini di rischio, semplicemente non la faccio. Questo discorso potrebbe essere certamente esteso ad attività sportive non alpinistiche come per esempio andare in bici da corsa su strade trafficate, cosa che io personalmente percepisco come ben più pericoloso che andare in montagna (è anche per questo che da diversi anni ho abbandonato la bici da corsa). Quindi il concetto che mi interesserebbe sviluppare è la percezione soggettiva del rischio.
Questi in particolare sono gli incidenti che sono recentemente avvenuti. Nel primo caso si tratta di una escursionista, nel secondo di un alpinista:
 

marika.f

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Secondo me la discussione è mal posta.

Il problema non è il grado di rischio che ognuno decide consapevolmente di accettare, ma è la CONSAPEVOLEZZA che lo si sta accettando.

Mi spiego. Se mi appassiono di arrampicata in montagna, su vie "classiche" dolomitiche, devo accettare il rischio che, in ogni momento, possa cadere una scarica di sassi dall'alto. Anche senza che vi sia nessuno a provocarla, le Dolomiti sono così. Indosso il casco, rispetto i punti di sosta generalmente riparati, ma so che vi è un rischio residuo ineludibile, tangibile, di prendere un sasso e non tornare a casa.
Se l'incidente effettivamente avviene, qualcuno dovrebbe dire "ne era consapevole, era preparata, è successo, ma era quello che aveva deciso di fare consapevolmente". Non spendere fiumi d'inchiostro e discutere della messa in sicurezza di questa o quella parete.

Se invece sono una sciatrice "da pista" che si improvvisa freerider, in una giornata di neve fresca, in cui vedo "uscire" tutti, con la presunzione sbagliata che i pendii a tiro della seggiovia siano "sicuri"... Ecco, in quel caso mi sto prendendo un rischio incosapevolmente. Se qualcuno mi spiegasse che quei pendii sono a rischio valanga esattamente come se fossero nella valle accanto, senza impianti, probabilmente non accetterei di prendermi quel rischio solo per fare due curve in polvere. Se accade l'incidente, è giusto discutere di cartelli, segnali, informazione e barriere che segnalino in modo chiaro l'inizio della zona non messa in sicurezza e quindi a rischio.

Quello che sta aumentando a dismisura, con l'errata percezione di "addomesticamento" della montagna, è la INCONSAPEVOLEZZA dei rischi che DEVI assumerti per fare attività in ambiente.
 

marco

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Alla luce dei recenti incidenti in montagna (in un caso ero personalmente sul posto) vorrei aprire questa discussione sulla percezione del pericolo in riferimento alle attività sportive che si praticano in ambiente montano: quindi escursionismo impegnativo di vario tipo (in particolare ferrate, tracciati difficili), alpinismo vero e proprio, scialpinismo e ovviamente mountainbike su tracciati difficili/esposti. Vorrei sottolineare il concetto di percezione del pericolo, perchè a mio modo di vedere il pericolo è sempre difficile (se non impossibile) da oggettivare e personalmente sono dell'idea che non sia possibile indentificare un livello di rischio obiettivamente "inaccettabile". Quindi se una cosa mi sembra pericolosa, cioè la percepisco soggettivamente come off-limits in termini di rischio, semplicemente non la faccio. Questo discorso potrebbe essere certamente esteso ad attività sportive non alpinistiche come per esempio andare in bici da corsa su strade trafficate, cosa che io personalmente percepisco come ben più pericoloso che andare in montagna (è anche per questo che da diversi anni ho abbandonato la bici da corsa). Quindi il concetto che mi interesserebbe sviluppare è la percezione soggettiva del rischio.
Questi in particolare sono gli incidenti che sono recentemente avvenuti. Nel primo caso si tratta di una escursionista, nel secondo di un alpinista:

nel secondo caso il rischio è relativo alla propria percezione di sicurezza. Quella via è classificata come massimo 5° grado con roccia buona, quindi niente di difficile per chi arrampica abitualmente: https://www.rifugidelcatinaccio.it/it/escursione.asp?id=24

Se sei bravo, un 5° lo fai con nonchalance, ed è quanto fa presagire la caduta di 20 metri: primo di cordata, significa che era distante 10 metri dall'ultimo rinvio, che sono tanti. Però se sei sicuro di te su una via che è sotto il tuo livello, non ci fai caso. Se va di sfiga però ti si stacca un pezzo di roccia e voli. Visto che un 5° di solito non è una parete dritta né tantomeno strapiombante, il rischio diventa maggiore che non 20 metri di caduta su una via più difficile ed esposta.
 
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La percezione del rischio e/o del pericolo è una variabile che cambia nel tempo in base alla esperienza personale di ognuno!
Quante volte negli incidenti in montagna rimane coinvolto Tizio o Caio che a vario titolo erano persone molte preparate ed esperte ecc.. Può essere (il condizionale è d'obbligo perchè dipende sempre dai casi) che un'eccessiva sicurezza abbia portato a sottovalutare o banalmente a distrarsi quell'attimo che basta per farti male seriamente.

E' un discorso dai vari risvolti più o meno personale e più o meno oggettivi!
 
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nel secondo caso il rischio è relativo alla propria percezione di sicurezza. Quella via è classificata come massimo 5° grado con roccia buona, quindi niente di difficile per chi arrampica abitualmente: https://www.rifugidelcatinaccio.it/it/escursione.asp?id=24

Se sei bravo, un 5° lo fai con nonchalance, ed è quanto fa presagire la caduta di 20 metri: primo di cordata, significa che era distante 10 metri dall'ultimo rinvio, che sono tanti. Però se sei sicuro di te su una via che è sotto il tuo livello, non ci fai caso. Se va di sfiga però ti si stacca un pezzo di roccia e voli. Visto che un 5° di solito non è una parete dritta né tantomeno strapiombante, il rischio diventa maggiore che non 20 metri di caduta su una via più difficile ed esposta.
La percezione del rischio e/o del pericolo è una variabile che cambia nel tempo in base alla esperienza personale di ognuno!
Quante volte negli incidenti in montagna rimane coinvolto Tizio o Caio che a vario titolo erano persone molte preparate ed esperte ecc.. Può essere (il condizionale è d'obbligo perchè dipende sempre dai casi) che un'eccessiva sicurezza abbia portato a sottovalutare o banalmente a distrarsi quell'attimo che basta per farti male seriamente.

E' un discorso dai vari risvolti più o meno personale e più o meno oggettivi!
Ecco alla luce di ciò, mi viene da ipotizzare che un tratto percepito come "difficile" potrebbe essere meno pericoloso di un tratto percepito come più "facile": in quanto se io percepisco una cosa come "difficile" sto molto più attento e non prendo sotto gamba la situazione. Invece se percepisco la cosa come "facile" potrei rischiare di più. Stesso discorso quando si è "abituati al rischio" (che è l'altra faccia della medaglia chiamata "esperienza") potrebbe anche giocare nel senso di far prendere sotto gamba certe situazioni. La mia opinione è che in montagna che si sia esperti o meno, bisogna sempre avere un fondo di timore.
 
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E' caduto sul 7° tiro, fuori dalle difficoltà arrampicatorie, ma dove vi sono maggiori difficoltà alpinistiche.
Gli sfasciumi sommitali sono sempre bastardi. Devi viaggiare veloce, non puoi proteggere molto, non vi è via obbligata che si pulisca coi passaggi, sei stanca.
 
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Andrea80bz

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Il problema non è il grado di rischio che ognuno decide consapevolmente di accettare, ma è la CONSAPEVOLEZZA che lo si sta accettando.
concetto molto problematico: difficile stabilire se si possa essere davvero consapevoli dei rischi effettivi che si stanno correndo mentre si fa una certa cosa. a mio modo di vedere la cosa è molto più soggettiva: una cosa mi sembra accettabile in termini di rischi per esempio perchè l'ho già fatto in passato (indipendentemente che si tratti di una via al VII grado o una ferrata facile). poi c'è l'elemento emulatorio o il ragionamento "lo fanno in tanti quindi non è pericoloso", questo è un aspetto certamente da prendere in considerazione, ma francamente non mi sembra un fenomeno così prevalente in montagna (questa è la mia personale impressione), perchè alla fine comunque prevale la soggettiva percezione del rischio, indipendentemente da quello che fanno "gli altri".
 

Fermo80

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Sulle vie alpinistiche di solito ci va gente ben consapevole.
Resta comunque un'attività con un certo rischio intrinseco, quindi se decidi di praticarla lo accetti. 99 su 100 va bene, ma c'è sempre quel caso in cui qualcosa (anche al più esperto de praticanti) può andare male.

Discorso un po' diverso sui sentieri, dove si trova un po' di tutto, e sulle ferrate, considerate non di rado una sorta di "parco giochi" (soprattutto alcune).

In ogni caso, si sa che facendo qualcosa esiste sempre il rischio che succeda qualcosa. Bisogna decidere se accettarlo o meno, e agire di conseguenza.
 
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La butto un po' sul "populismo" per esplicitare meglio:
- Da quando si vende la montagna "a consumo" come qualsiasi altra risorsa, s'incoraggiano pure gli sprovveduti.
- "Su Istagram sembrava una figata, facile e alla portata di tutti ... l'ha detto pure l'influencer".
- Non è da oggi che le guide alpine "tirano su i turisti (non alpinisti) con l'argano" sulle vette classiche... e succede pure ai neo-biker con la e-mtb a noleggio (ogni riferimento a discussioni precedenti è puramente casuale) ;-)

Onestamente, che il rischio sia mal percepito (sottovalutato) da molti non mi sorprende. Che mi sorprende, è che gli incidenti per rapporto agli sprovveduti siano tutto sommato pochi .... si sà, la fortuna del principiante ... :pirletto:
 
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Andrea80bz

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Sulle vie alpinistiche di solito ci va gente ben consapevole.
mah...secondo me questo è concetto che poteva essere valido fino a una ventina di anni fa.
oggi non direi...basta vedere quanti oggi praticano l'arrampicata, l'alpinismo in generale e soprattutto lo scialpinismo.
una volta erano pochissimi, oggi tutt'altro. ma il punto resta: il discorso della consapevolezza del rischio è molto difficile da obiettivare (quante guide alpine sono rimaste sotto una valanga o sono precipitati?). è più un discorso di percezione del rischio a mio modo di vedere. ecco perchè secondo me la montagna va frequentata con una certa capacità di rinuncia: cioè anche se si è sicuri di quel che si sta facendo, bisogna saper dire di tanto in tanto "oggi scelgo di non andare".
 

mago68

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A mio avviso ci sono due differenti modi di rischiare, ovviamente anche molti gradi intermedi ma per semplicità cerco di fare un ragionamento di massima. Esistono persone esperte che perdono la vita, o per sottostima del rischio o per una non prevedibile fortuità delle situazioni. Poi esistono persone che non avrebbero dovuto essere lì per mancanza di esperienza capacità e allenamento fisico e mentale specifico. Sui primi ci si può far poco sui secondi invece si potrebbe fare molto. Il salire con gli impianti appiattendo i dislivelli che sarebbero delle naturali barriere per i meno adatti fa aumentare il rischio a dismisura. Anche le bici a motore alterano il normale destino delle cose. Quando si sale in quota le situazioni cambiano, i tempi si stringono il meteo diventa più severo e solo chi ha grande e maturata esperienza può valutare minimizzando i rischi. Ovviamente ci sono persone esperte anche con le emtb e su questo sito ne troveremo molte pronte a contestare, ma io mi baso su quello che è il fruitore medio che probabilmente è uno che noleggia e pedala di estate occasionalmente.
 

Fermo80

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oggi non direi...basta vedere quanti oggi praticano l'arrampicata, l'alpinismo in generale e soprattutto lo scialpinismo.
Sono attività molto diverse tra loro.
L'arampicata in parete richiede tutta una serie di capacità che pongono un filtro già fin dall'inizio. Il primo che passa non arrampica, al massimo ci può tentare in autonomia finendo male su una parete ridicola, ma non fa della vera e propria arrampicata.
Chi arrampica in parete è già uno che due o tr nozioni base di quello che sta facendo le ha.
Poi ovviamente anche in quell'ambito si inizia e si progredisce, e questo vuol dire che si alza progressivamente la propria asticella. Questo comporta automaticamente una certa dose di rischio, ma è un rischio che più o meno viene valutato.

In altri ambiti invece è più facile (o meno difficile) trovare gente più sprovveduta, che improvvisa maggiormente, per il semplice fatto che l'accesso all'attività è comunque più facile. Qualche settimana fa due tizi sono stati soccorsi (con maltempo) sul Gran Paradiso solo perché sono arivati in vetta in ritardo di ore sulla tabella di marcia ed erano sfiniti. Avrebbero dovuto girare i tacchi e mollare ore prima e non l'hanno fatto, spero almeno abbiano pagato l'intervento di soccorso (visto che non erano feriti).
Sulle guide e certi errori si apre invece un discorso più complicato che ha a che fare anche con il business (e con un concetto che la gente del giorno d'oggi fatica ad accettare: la montagna non ammette pianificazione a lungo termine. Non puoi pianificare oggi un'attività da svolgere tra un mese e pretendere di portarla comunque a termnine, ma certe considerazioni (ormai ho preso ferie, ho prenotato, non ci sono altri posti ecc ecc) porta spesso a forzare la mano nella valutazione del "posso farcela o non posso farcela a compiere una certa attività nei tempi e modi previsti".
 

Andrea80bz

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Sono attività molto diverse tra loro.
L'arampicata in parete richiede tutta una serie di capacità che pongono un filtro già fin dall'inizio. Il primo che passa non arrampica, al massimo ci può tentare in autonomia finendo male su una parete ridicola, ma non fa della vera e propria arrampicata.
Chi arrampica in parete è già uno che due o tr nozioni base di quello che sta facendo le ha.
Poi ovviamente anche in quell'ambito si inizia e si progredisce, e questo vuol dire che si alza progressivamente la propria asticella. Questo comporta automaticamente una certa dose di rischio, ma è un rischio che più o meno viene valutato.

In altri ambiti invece è più facile (o meno difficile) trovare gente più sprovveduta, che improvvisa maggiormente, per il semplice fatto che l'accesso all'attività è comunque più facile. Qualche settimana fa due tizi sono stati soccorsi (con maltempo) sul Gran Paradiso solo perché sono arivati in vetta in ritardo di ore sulla tabella di marcia ed erano sfiniti. Avrebbero dovuto girare i tacchi e mollare ore prima e non l'hanno fatto, spero almeno abbiano pagato l'intervento di soccorso (visto che non erano feriti).
Sulle guide e certi errori si apre invece un discorso più complicato che ha a che fare anche con il business (e con un concetto che la gente del giorno d'oggi fatica ad accettare: la montagna non ammette pianificazione a lungo termine. Non puoi pianificare oggi un'attività da svolgere tra un mese e pretendere di portarla comunque a termnine, ma certe considerazioni (ormai ho preso ferie, ho prenotato, non ci sono altri posti ecc ecc) porta spesso a forzare la mano nella valutazione del "posso farcela o non posso farcela a compiere una certa attività nei tempi e modi previsti".
discorso un po' troppo lineare il tuo che secondo me non descrive bene la realtà. uno che passa il "filtro" iniziando ad arrampicare (specialmente se giovane), potrebbe appunto farsi prendere dall'euforia e fare il passo più lungo della gamba (specialmente oggi con la cultura del sensazionalismo che caratterizza un po' tutti gli sport). e invece uno che da decenni non va oltre le ferrate (e le fa responsabilmente) tende a esporsi molto meno. e viceversa: uno che è da decenni che arrampica non oltre il III-IV rischia molto meno di un sedentario che si fa una ferrata di punto in bianco.
 
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Fermo80

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Tutti, in qualunque momento, possono fare il passo più lungo della gamba. Se decidi di voler andare oltre quello che fai abitualmente, rischi.
Il mio discorso verte sul fatto che ci sono ambiti in cui questo è molto più facile che accada e ambiti in cui è più difficile. Nulla vieta però che uno alla seconda arrampiacata in palestra decida di andare a fare un campanile dolomitico. E' solo un po' più difficile rispetto a chi parte per un'escursione senza nemmeno sapere dove sta andando.
 

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se può va in discesa
Saper riconoscere e valutare i rischi in montagna, in qualsiasi ambito, significa tempo per acquisire la necessaria esperienza, poi subentra la rinuncia, capire quando devi dire no, questo oggi non posso farlo.
 

Andrea80bz

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con le ruote
Sono attività molto diverse tra loro.
Tecnicamente ovviamente.
Oramai tutte le attività hanno una bassissima soglia di ingresso, anche l'arrampicata!
Chi inizia generalmente parte col la palestra dovi ti insegnano 2 cosine giusto per restare appeso, poi già in primavera si passa alle falesie dove con 2 nodi e una manovra imparata in 10min arrampichi. Da li il passo alla via è breve, visto che comunque riesci a fare un 6b/6c provi una via del 5a e resti fregato.
Come vedi anche in arrampicata c'è gente assolutamente impreparata, quanto c'è ne sono nello skialp che dopo il corso CAI si sentano pronti, un po' meno per l'alpinismo classico dove c'è meno appeal.
 

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