Dopo una serata a bere birra col satanico Diretur, l'indomani mattina mi dirigo in un ameno paesello ticinese per recuperare la mia ruota con un tubolare nuovo fiammante in sostituzione del vecchio bucato.
Dopo aver pagato una salassata mostruosa in CHF per avere qusto prodigio "handmade in germany" incollato alle mie
ruote, mi subentra una strana voglia di farmi un giro in mtb.
Essendo li a poche centinaia di metri la funivia del celebre monte Tamar(r)o, sede di campionati del mondo di mtb, e munito di impianto a fune, mi lascio vincere dalla voglia e mi cambio come un profugo nel parcheggio.
Alla biglietteria sono un po' titubante, in quanto la vetta del monte è incorniciata da un manto nuvoloso alquanto spesso.
Davanti a me una coppia di inglesi titubanti quanti me chiedono informazioni.
La bigliettaia ticinese risponde: "
It's foggy at the top".
I due inglesi si guardano più perplessi e chiedono ulteriori certezze.
La bigliettaia più convincente: "
Yes, foggy, foggy, foggy, but not rainy"
I due anglofoni comprano il biglietto e salgono in cabinovia.
Io da parte mia mi sento sicuro come non mai: inverosimile che due britannici vengano inchiappettati da una svizzera mi dico. Sarebbe la fine di ogni certezza.
E cosi' allungo con baldanza i 12 CHF sotto il vetro (blindato) della cassa.
Dopo circa 60mt che l'ovetto della cabinovia è uscito dalla stazione comincia a piovere.
Mi prende lo sconforto.
Non mi pare possibile che la mia notoria sfiga sia persino più potente della professionalità sfizzera e della capacità decisionale britannica.
5 minuti più su la pioggerellina si trasforma in un diluvio che non lascia spazio a incertezze et/or interpretazioni.
Cominciano a fioccare le bestemmie nella solitudine del mio ovetto sfizzero.
Superata la stazione intermedia, oltre al diluvio si aggiunge una coltre nuvolosa/nebbiosa tanto spessa da farmi credere di essere appeso in un nulla bianco.
La sensazione è tanto disorientante quanto gradevole. E' come essere in un utero a fune con una bicicletta appesa fuori dal finestrino.
Arrivato in cima al Monte tamar(r)o mi prende uno sconforto devastante:
ci sono una decina di persone decisamente sfigate che sostano in fila indiana sotto la pensilina e guardano attonite il muro d'acqua che cade 10 cm oltre la suddetta pensilina.
Io resto basito e mi maledico.
L'addetto alla funivia, in un moto di empatia internazionale, mi guarda e mi dice: "
forse è meglio se torni giù in funivia".
Ancora ammaliato dal calore uterino dell'ovovia mi sento quasi sull'orlo della commozione nel sentire che uno sfizzero si preoccupa per me.
Poi mi folgora un pensiero: "
ma per tornare giù devo pagare?"
Il satanasso ticinese senza indugi: ""
Zerto!"
A quel punto dentro di me sgorga spontaneo e vivido come acqua di fonte un: "
col cazzo altri 12 CHF!"
Mi stringo nella mia vetusta simil k-way arancione da operatore ecologico, mi do una ravvivata al pacco e mi lancio sotto il muro d'acqua con sfrontatezza.
In un nanosecondo ogni orifizio del mio corpo si bagna come quello di un natante.
Al che torno dentro la stazione e chiedo: "
ma che sentieri ci sono per tornare a valle?"
Il diabolico ticinese, con un sorriso sardonico mi fa: "
3 vie: o fai la traversata e scendi per Gravesano (indica un punto fisso nel bianco che viene illuminato da sinistri e infernali bagliori di lampi e tuoni qualche centinaio di metri più in su); o scendi per la pista di Dh o per la strada jeeppabile"
Scarto la traversata per Gravesano. Vista la scarsa funzionalità della mia buona stella ed il sorrisetto satanico del funivista ticinese.
Di fare la jeeppabile, ovvero una tristissima stradina bianca larga 6mt fino a valle per la modica somma di 12 fottuti CHF non ne ho proprio voglia.
Mi resta la pista da DH, che pero' con un diluvio in corso mi suona male...ergo chiedo.
Il malefico funivista ticinese risponde: "
Tanto per farla è obbligatorio il casco integrale".
In quel preciso momento sento sulla punta della lingua un "MAVAFFANCULO" che sta per decollare come uno shuttle da cape canaveral.
Mi trattengo. Circumnavigo la stazione della funivia passandole da sotto e mi infilo con circospezione nella pista da DH.
La circospezione mi pare necessaria al fine di non trovarmi una guardia sfizzera a metà discesa che mi minaccia con un'alabarda se non pago una vignetta autostradale o 1200 CHF di pedaggio più sequestro del mezzo.
Dopo qualche salto che copio prudentemente faccio mente locale sul fatto che per la prima volta mi trovo su una pista da DH "ufficiale" e non quelle di frodo dello sheriffo Muldox.
Il primo pezzo mi pare alquanto facile: pennello traiettore perfette seguendo il torrente d'acqua che defluisce a valle.
L'importante è avere sempre la ruota anteriore nell'acqua fino al mozzo.
La traiettoria ideale è disegnata dall'erosione idrica più che dalle mi capacità.
I cazzi cominciano a diventare acidi nelle parti in bosco e sottobosco: un susseguirsi di radici amazzoniche e pietroni di traverso sotto il diluvio consigliano più prudenza che mai.
Mi accorgo con raccapriccio che pero' non sono ovviabili con furbeschi tagli tattici, in quanto aldifuori del tracciato gli sfizzeri hanno disseminato una specie di torba della consistenza del polistirolo frantumato che intasa in un picosecondo i tasselli del mio fatalbert e lo fa affondare fino al mozzo garantendo quasi al 100% degli "
over the bar" da manuale.
Arrivo alla stazione intermedia e mi accorgo di avere le mani rattrapite sul manubrio e delle fessure sul collo che poi il Diretur identificherà come branchie.
Continuo la discesa negli inferi.
Affiora la stanchezza e in una curva cerco l'appoggio del piede all'interno: scivola la bici ed il piede.
Dal ginocchio proviene sinistro un "
crick" che mi costringe ad una pausa sotto il diluvio.
Proseguo.
Ormai viaggio sotto gli ovetti della cabinovia maledetta e sento gli uteri errare sopra la mia testa.
Forse mi distraggo: freno, blocco la ruota posteriore che scivola verso l'esterno, si incaglia in una sporgenza di ramo tagliato, e mi fa cadere sul lato destro.
Mi fermo di schianto sul fianco destro colpito in due punti: avanbraccio destro e caviglia destra. Temo il peggio, ma la mia oassatura regge a stento.
In compenso la bici ruzzola a valle e si ferma contro un albero.
Sospiro e mi rivolgo verso il cielo inclemente: "
Sheriffo aiutami tu".
Sono quasi alle lacrime, ma lo spirito dello sheriffo Muldox mi guida nella difficoltà (o forse mi sono solo rotto le palle oltremodo).
Recupero la bici. Risalgo e continuo.
Arrivo ad un pezzo in piano, rilancio la pedalata e per un pelo mi ribalto di nuovo in avanti: la catena ha assunto una forma tra il cubista (non quelli delle discoteche) ed una presa per il culo nei miei confronti.
A questo punto penso che me ne frego.
Continuo.
Sbaglio pure strada e finisco nel cortile di un casolare con un licantropo sfizzero alla catena che mi abbaia in ticinese.
Qualche metro più in basso arrivo di nuovo alla stazione di partenza.
Vorrei entrare ed uccidere la cassiera o perlomeno chiederle se sappia il reale significato di "foggy", ma è tardi, i tuoni si approssimano ed io ho un dipinto cubista al posto della catena.
Per fortuna presso la funivia è ubicato un meccanico di bici.
Entro grondando acqua, fango e sfiga.
Il tipo mi compatisce con uno sguardo.
Di colpo sento un'empatia fortissima con tutti gli
homeless del mondo.
Si infila due guanti in
lattice da chirurgo e mi cambia la catena.
"
50 CHF grazie", conclude.
Mi rivolgo verso il cielo in un urlo Münchiano.
In risposta mi arriva un peto tonante più fumine in avvicinamento.
E cosi' mi avvio mesto verso casa dopo aver lavato via del fango tamar(r)ico la povera bici.
Scorticato e dolorante della caduta e con parecchi CHF in meno nel portafogli.
Sulla strada del ritorno cerco conforto nella saggezza del Diretur che mi liquida cosi':
"
La DH sotto questa pioggia? Sei davvero krasto"
Segue peto tonante e risata devastante.