guardate cosa ne pensano della salita strombazzata degli alpinisti italiani al K2.... non c'è molto da aggiungere.....che figura con l'evoluzione dell'alpinismo mondiale.....
http://www.ladige.it/index.html
K2, umiliato lalpinismo di LUIGI CASANOVA
Per celebrare lanniversario dei cinquantanni dellimpresa degli alpinisti italiani che scalarono
per la prima volta il K2 si è ripetuta la retorica della conquista. Limpresa di allora, pur segnata dalle miserie dei conquistatori, era stata una pagina esaltante dellalpinismo internazionale: gli uomini avevano dovuto esplorare, lottare, provare a comprendere i loro veri limiti.
Oggi spudoratamente abbiamo dovuto subire unimpresa governativa costata due milioni e mezzo di euro, con un ministro, Alemanno, arrivato al campo base in elicottero.
Non poteva mancare l´imprimatur della chiesa cattolica con monsignor Andreatta che imponeva al campo un ulteriore segno di potere, di conquista: la bandiera del Vaticano, la croce di una comunità religiosa, dimenticando i valori più profondi, intimi che una montagna trasmette e conserva in silenzio. Gli organizzatori hanno anche mascherato l´insieme con interventi e profili scientifici perlomeno di dubbia utilità: quegli stessi organizzatori solo due anni fa erano stati allontanati in fretta e con poche irrisorie spiegazioni dal Comitato Italiano dell´Anno Internazionale della montagna. Gli alpinisti, oggi osannati, erano appena tornati dall´Everest e vi avevano abbandonato lungo la via tutto il materiale utilizzato, corde, tende e quant´altro, quintali di materiali e rifiuti. Mentre la spedizione governativa saliva in vetta, un´altra, quella degli Scoiattoli di Cortina, si issava in cima lungo una "ferrata" parallela in alta quota costruita da una spedizione commerciale italo-svizzera, Dibona-Kobler: decine di alpinisti sono giunti sul K2 ben ancorati alle corde fisse messe a dimora dagli sherpa nepalesi (nemmeno pakistani ). Chi voleva decretare la fine dell´alpinismo non poteva trovare palcoscenico migliore, non poteva costruire una sceneggiatura più efficace e affidarsi a registi tanto spregiudicati ed incisivi. Ad Agostino Da Polenza, appunto il regista, è stato poi affidato l´affondo: "abbiamo conquistato il mostro". Non siamo davanti ad una impresa storica, o una vittoria italiana, ma semmai ad un grande sforzo agonistico collettivo e a ripetuti successi degli sherpa. Senza i loro 5 chilometri di corde fisse anche quest´anno nessun occidentale sarebbe arrivato in vetta al K2. Non serve aggiungere molto a questa farsa, la serenità e la chiarezza delle dichiarazioni di Sergio Martini ci impongono riflessioni che possono riportare l´alpinismo ad una nuova primavera, ad una rigenerazione culturale, ad una riappacificazione dell´uomo con la montagna, ancora oggi siamo in presenza di conquistatori e menti militarizzate.
Mentre si guarda alle tempeste vere e proprie e quelle medianiche che hanno sconvolto la vetta, la cronaca tace su quanto sta accadendo lungo il ghiacciaio che porta al campo base. Ed in bassa quota i percorsi culturali sono in totale sintonia con la cultura che ha guidato "l´assalto al mostro".
Il Club Alpino Italiano ha organizzato una lunga serie di trekking che porteranno ai piedi del K2 circa 800 escursionisti. Durante questi lunghi giorni di marcia ogni trekkista troverà punti sosta ben organizzati, servizi sanitari e di sostentamento strutturati, sarà accompagnato da almeno quattro sherpa nell´andata e altrettanti nel ritorno. Si calcola che questa idea geniale del C.A.I., accompagnata dall´assalto degli alpinisti di tanti paesi (oltre 200), a settembre avrà portato al campo base tra le 20 e le 30.000 presenze. Quindi esseri umani (sherpa e trekkisti) che per riscaldarsi hanno consumato lungo il percorso gli ultimi arbusti presenti in quelle quote, che hanno lasciato i loro bisogni in ambiti delicatissimi, che hanno ulteriormente sconvolto le abitudini di vita locale provocando scompensi sociali e ambientali che avranno ripercussioni importanti.
Sia le spedizioni degli alpinisti che quelle dei trekkisti sono già costate decine di morti ed infortuni gravi sul lavoro, tragedie che sconvolgono famiglie che stanno vivendo sul filo della sopravvivenza, lavoratori costretti a far veloci, a trasportare pesi impossibili, a rischiare all´inverosimile per attrezzare i passaggi più delicati sui corsi d´acqua, sui ghiacciai, sulle rocce. Anche questi sono i costi sociali della "vittoria italiana", ma nessuno ne parla. Chi ha fatto presente questi aspetti ai dirigenti del C.A.I. (WWF e Mountain Wilderness), si è visto poi offendere in modo ufficiale ed irato dalle pagine della rivista nazionale.
Dal C.A.I. era lecito attendersi ben altro, l´anniversario che si trasformava in investimento culturale, in rilancio dell´alpinismo e del valore della montagna. Quindi la sponsorizzazione di alpinisti che cercavano nuove vie, o che tentavano salite in modo leggero e veloce, (Giovannini, Giordani). Avremmo avuto piacere di leggere della fondazione di scuole di alpinismo locali, o di recupero dell´agricoltura nelle alte quote, di stimoli verso investimenti che producano lavoro stabile e valore aggiunto dentro le vallate pachistane, investimenti nella formazione scolastica o nella sanità. Niente di tutto questo: abbiamo dovuto rileggere i contenuti dell´assalto di cinquant´anni prima, un´impresa governativa farcita da nazionalismo, imposizione culturale e religiosa, arroganza verso la montagna (il mostro), irrisione per l´ambiente e le comunità locali.
La nazione italiana, il C.A.I. hanno perso una straordinaria occasione per ritrovare una identità, una specificità, motivazioni nobili e nuove all´alpinismo di casa nostra. Ma non disperiamo: abbiamo anche letto parole importanti nelle riflessioni di tanti alpinisti, e questo ci consola e ci permette di mantenere viva la speranza e l´attenzione verso l´alpinismo, la montagna e le culture diverse dalla nostra.
LUIGI CASANOVA Mountain Wilderness Italia Fonte: http://www.ladige.it/index.html
http://www.ladige.it/index.html
K2, umiliato lalpinismo di LUIGI CASANOVA
Per celebrare lanniversario dei cinquantanni dellimpresa degli alpinisti italiani che scalarono
per la prima volta il K2 si è ripetuta la retorica della conquista. Limpresa di allora, pur segnata dalle miserie dei conquistatori, era stata una pagina esaltante dellalpinismo internazionale: gli uomini avevano dovuto esplorare, lottare, provare a comprendere i loro veri limiti.
Oggi spudoratamente abbiamo dovuto subire unimpresa governativa costata due milioni e mezzo di euro, con un ministro, Alemanno, arrivato al campo base in elicottero.
Non poteva mancare l´imprimatur della chiesa cattolica con monsignor Andreatta che imponeva al campo un ulteriore segno di potere, di conquista: la bandiera del Vaticano, la croce di una comunità religiosa, dimenticando i valori più profondi, intimi che una montagna trasmette e conserva in silenzio. Gli organizzatori hanno anche mascherato l´insieme con interventi e profili scientifici perlomeno di dubbia utilità: quegli stessi organizzatori solo due anni fa erano stati allontanati in fretta e con poche irrisorie spiegazioni dal Comitato Italiano dell´Anno Internazionale della montagna. Gli alpinisti, oggi osannati, erano appena tornati dall´Everest e vi avevano abbandonato lungo la via tutto il materiale utilizzato, corde, tende e quant´altro, quintali di materiali e rifiuti. Mentre la spedizione governativa saliva in vetta, un´altra, quella degli Scoiattoli di Cortina, si issava in cima lungo una "ferrata" parallela in alta quota costruita da una spedizione commerciale italo-svizzera, Dibona-Kobler: decine di alpinisti sono giunti sul K2 ben ancorati alle corde fisse messe a dimora dagli sherpa nepalesi (nemmeno pakistani ). Chi voleva decretare la fine dell´alpinismo non poteva trovare palcoscenico migliore, non poteva costruire una sceneggiatura più efficace e affidarsi a registi tanto spregiudicati ed incisivi. Ad Agostino Da Polenza, appunto il regista, è stato poi affidato l´affondo: "abbiamo conquistato il mostro". Non siamo davanti ad una impresa storica, o una vittoria italiana, ma semmai ad un grande sforzo agonistico collettivo e a ripetuti successi degli sherpa. Senza i loro 5 chilometri di corde fisse anche quest´anno nessun occidentale sarebbe arrivato in vetta al K2. Non serve aggiungere molto a questa farsa, la serenità e la chiarezza delle dichiarazioni di Sergio Martini ci impongono riflessioni che possono riportare l´alpinismo ad una nuova primavera, ad una rigenerazione culturale, ad una riappacificazione dell´uomo con la montagna, ancora oggi siamo in presenza di conquistatori e menti militarizzate.
Mentre si guarda alle tempeste vere e proprie e quelle medianiche che hanno sconvolto la vetta, la cronaca tace su quanto sta accadendo lungo il ghiacciaio che porta al campo base. Ed in bassa quota i percorsi culturali sono in totale sintonia con la cultura che ha guidato "l´assalto al mostro".
Il Club Alpino Italiano ha organizzato una lunga serie di trekking che porteranno ai piedi del K2 circa 800 escursionisti. Durante questi lunghi giorni di marcia ogni trekkista troverà punti sosta ben organizzati, servizi sanitari e di sostentamento strutturati, sarà accompagnato da almeno quattro sherpa nell´andata e altrettanti nel ritorno. Si calcola che questa idea geniale del C.A.I., accompagnata dall´assalto degli alpinisti di tanti paesi (oltre 200), a settembre avrà portato al campo base tra le 20 e le 30.000 presenze. Quindi esseri umani (sherpa e trekkisti) che per riscaldarsi hanno consumato lungo il percorso gli ultimi arbusti presenti in quelle quote, che hanno lasciato i loro bisogni in ambiti delicatissimi, che hanno ulteriormente sconvolto le abitudini di vita locale provocando scompensi sociali e ambientali che avranno ripercussioni importanti.
Sia le spedizioni degli alpinisti che quelle dei trekkisti sono già costate decine di morti ed infortuni gravi sul lavoro, tragedie che sconvolgono famiglie che stanno vivendo sul filo della sopravvivenza, lavoratori costretti a far veloci, a trasportare pesi impossibili, a rischiare all´inverosimile per attrezzare i passaggi più delicati sui corsi d´acqua, sui ghiacciai, sulle rocce. Anche questi sono i costi sociali della "vittoria italiana", ma nessuno ne parla. Chi ha fatto presente questi aspetti ai dirigenti del C.A.I. (WWF e Mountain Wilderness), si è visto poi offendere in modo ufficiale ed irato dalle pagine della rivista nazionale.
Dal C.A.I. era lecito attendersi ben altro, l´anniversario che si trasformava in investimento culturale, in rilancio dell´alpinismo e del valore della montagna. Quindi la sponsorizzazione di alpinisti che cercavano nuove vie, o che tentavano salite in modo leggero e veloce, (Giovannini, Giordani). Avremmo avuto piacere di leggere della fondazione di scuole di alpinismo locali, o di recupero dell´agricoltura nelle alte quote, di stimoli verso investimenti che producano lavoro stabile e valore aggiunto dentro le vallate pachistane, investimenti nella formazione scolastica o nella sanità. Niente di tutto questo: abbiamo dovuto rileggere i contenuti dell´assalto di cinquant´anni prima, un´impresa governativa farcita da nazionalismo, imposizione culturale e religiosa, arroganza verso la montagna (il mostro), irrisione per l´ambiente e le comunità locali.
La nazione italiana, il C.A.I. hanno perso una straordinaria occasione per ritrovare una identità, una specificità, motivazioni nobili e nuove all´alpinismo di casa nostra. Ma non disperiamo: abbiamo anche letto parole importanti nelle riflessioni di tanti alpinisti, e questo ci consola e ci permette di mantenere viva la speranza e l´attenzione verso l´alpinismo, la montagna e le culture diverse dalla nostra.
LUIGI CASANOVA Mountain Wilderness Italia Fonte: http://www.ladige.it/index.html