Qualcuno di voi me lo aveva detto. Ti accorgerai, noterai il silenzio delle biciclette, sentirai solo il fruscio delle foglie al tuo passaggio, e sarai in armonia con te stesso e con il bosco.
Io sono un endurista. In moto. Rispettoso, da sempre socio e segretario di motoclub, Direttore di Gara Enduro Nazionale, pilota io stesso. Insegno anche Sicurezza Stradale con la FMI.
Negli ultimi 10 anni l'enduro motociclistico è stato sempre più bandito, noi siamo sempre più banditi.
Per il rumore soprattutto. Comitive di cittadini che sono venuti ad abitare nelle campagne dove io sono nato hanno deciso che la domenica si riposa, e i sentieri che da ragazzino percorrevo con la bici prima, con la Vespa poi e con le moto infine, non sono più percorribili, perchè le moto fanno rumore.
Va bene, fanno rumore lo ammetto. E allora bicicletta sia. D'accordo, bicicletta sia.
Ieri ero a Salice, impianti di Sportinia, insieme con un altro paio di dozzine di discesisti. Non che fossi insieme con loro, ma uno di loro, stesse bici, stesso abbigliamento, stesso branco, stesse traiettorie. Io che la bici la possiedo solo da sei mesi, e sono riuscito a adoperarla solo tre volte.
Si sale chiacchierando con il compagno di seggiolino, si chiedono informazioni sulle discese possibili, si seguono i più bravi. Ma devo ammettere che il silenzio sovrasta. Rispetto alle domeniche in moto è tutto più leggero, soave, si sente anche il suono della brezza di quota.
Scendiamo in fila indiana, in silenzio, rispettosi dei segnali di pericolo, che avvertono di intersezioni con strade sterrate.
In fila indiana arriviamo sull'ultima strada bianca che riporta alla seggiovia. Alberto, il mio socio, io e altri 4/5 ragazzi. Stesse facce soddisfatte della discesa appena finita, in piedi sui pedali a far entrare l'aria tra le fessure delle pettorine, per un po' di fresco. Filiamo lisci, senza pedalare, tanto fra tre curve c'è la fontana, dove ci fermeremo tutti.
Lisci, in silenzio, per non disturbare nessuno, neppure le nuvole, solo il ticchettio delle nostre libere ruote.
In moto, penso, avrei spento il motore, per godermi quel piccolo volo d'aliante, e anche in moto avrei goduto del silenzio mascherato solo dal fruscio della catena di trasmissione.
Incontriamo un gruppetto di persone a piedi.
Disordinatamente camminano, più o meno in mezzo alla strada. Strada pubblica, carrabile, ancorchè sterrata.
Ma noi siamo leggeri, siamo disordinatamente giovani, e non abbiamo ostacoli, non creiamo ostacoli. In silenzio le superiamo, sfiorando credo la loro presunzione di solitudine.
In silenzio, rispettosi.
La vecchia del gruppo - e qui cambio tono - si rivolge a me stizzita e mi grida un "ma il campanello non ce lo avete?". Rispondo uno stizzito no, e dentro me penso; ma vaffanculo!
Io sono un endurista. In moto. Rispettoso, da sempre socio e segretario di motoclub, Direttore di Gara Enduro Nazionale, pilota io stesso. Insegno anche Sicurezza Stradale con la FMI.
Negli ultimi 10 anni l'enduro motociclistico è stato sempre più bandito, noi siamo sempre più banditi.
Per il rumore soprattutto. Comitive di cittadini che sono venuti ad abitare nelle campagne dove io sono nato hanno deciso che la domenica si riposa, e i sentieri che da ragazzino percorrevo con la bici prima, con la Vespa poi e con le moto infine, non sono più percorribili, perchè le moto fanno rumore.
Va bene, fanno rumore lo ammetto. E allora bicicletta sia. D'accordo, bicicletta sia.
Ieri ero a Salice, impianti di Sportinia, insieme con un altro paio di dozzine di discesisti. Non che fossi insieme con loro, ma uno di loro, stesse bici, stesso abbigliamento, stesso branco, stesse traiettorie. Io che la bici la possiedo solo da sei mesi, e sono riuscito a adoperarla solo tre volte.
Si sale chiacchierando con il compagno di seggiolino, si chiedono informazioni sulle discese possibili, si seguono i più bravi. Ma devo ammettere che il silenzio sovrasta. Rispetto alle domeniche in moto è tutto più leggero, soave, si sente anche il suono della brezza di quota.
Scendiamo in fila indiana, in silenzio, rispettosi dei segnali di pericolo, che avvertono di intersezioni con strade sterrate.
In fila indiana arriviamo sull'ultima strada bianca che riporta alla seggiovia. Alberto, il mio socio, io e altri 4/5 ragazzi. Stesse facce soddisfatte della discesa appena finita, in piedi sui pedali a far entrare l'aria tra le fessure delle pettorine, per un po' di fresco. Filiamo lisci, senza pedalare, tanto fra tre curve c'è la fontana, dove ci fermeremo tutti.
Lisci, in silenzio, per non disturbare nessuno, neppure le nuvole, solo il ticchettio delle nostre libere ruote.
In moto, penso, avrei spento il motore, per godermi quel piccolo volo d'aliante, e anche in moto avrei goduto del silenzio mascherato solo dal fruscio della catena di trasmissione.
Incontriamo un gruppetto di persone a piedi.
Disordinatamente camminano, più o meno in mezzo alla strada. Strada pubblica, carrabile, ancorchè sterrata.
Ma noi siamo leggeri, siamo disordinatamente giovani, e non abbiamo ostacoli, non creiamo ostacoli. In silenzio le superiamo, sfiorando credo la loro presunzione di solitudine.
In silenzio, rispettosi.
La vecchia del gruppo - e qui cambio tono - si rivolge a me stizzita e mi grida un "ma il campanello non ce lo avete?". Rispondo uno stizzito no, e dentro me penso; ma vaffanculo!