Parafrasando dialetticamente l’incipit del libro di Bilbo Beggins, ecco così voglio iniziare il racconto di questa mia avventura in Nuova Zelanda, terra di laghi e monti, di elfi e maghi, esseri dai piedi pelosi e buffi animali dal becco sottile ed arcuato chiamati kiwi ma che dentro non sono verdi e non hanno quei fastidiosi semini neri. Forse a qualcuno non piacerà ma utilizzando il dialetto uno torna alle origini della lingua e di conseguenza alle origini di un popolo. Sicuramente sarà capitato anche a molti di voi di sentirsi orgogliosi della propria lingua e del proprio paese in terra straniera, io lo sono soprattutto perché conosco tutti voi, so il valore che ognuno di voi possiede e che per colpa di pochi, si è messi alla mercé e si diventa zimbello di tutti…comunque ciancio alle bande o bando alle ciance e veniamo a noi.
E’ una vita che non vi sento, ho scambiato poche parole con qualcuno di voi ma sempre molto risicate e di fretta. La connessione internet in Nuova Zelanda è un disastro, però sapete che vi dico, a me non è dispiaciuto stare senza internet per giorni, tutto riprende una calma inaspettata, il tempo si dilata, i battiti del cuore rallentano e tu finalmente riesci a respirare. Così mi sono sentito quando ho iniziato a viaggiare, l’indispensabile nello zaino e tutto quello che ti serve sempre a portata di mano dentro di te: cuore, testa e animo, niente di più niente di meno.
Probabilmente questo romantico preambolo lascia presagire una storia tutta rose e fiori ma se pensate che l’inizio sia stato facile bhè allora vi racconto come è andata veramente.
Il primo contatto che ho avuto al mio arrivo è stato con una persona che avevo conosciuto in Italia, un architetto neozelandese, il quale si è offerto per darmi vitto, alloggio ed una mano a trovare lavoro…bhè mi sono detto “hai fatto 13, sarà sicuramente una passeggiata adattarsi al cambio vita” senonchè è entrato in gioco un personaggio che solo marginalmente avevo preso in considerazione…la moglie italiana di questo mio “amico”. Sono stato accolto in una casa super moderna, con tutti i confort, una camera tutta a mia disposizione e un sacco di acqua calda per la doccia (cosa che solo quando ho cominciato a viaggiare ho scoperto essere una delle cose più desiderate che abbia mai voluto). Il giorno seguente il mio arrivo sono stato immediatamente reclutato dall’arpia per dargli una mano durante le sue lezioni di italiano in città (ah sì sono stato ad Auckland per i primi giorni ma in pratica non ho visto niente se non la torre ed il porto), neppure il tempo per capire la differenza fra giorno e notte che subito mi hanno messo a fare qualcosa e sinceramente non mi sentivo così afflitto, sicuramente insegnare italiano è abbastanza facile ed il livello della scuola era molto informale se si considera che i corsi erano rivolti a persone che seguivano l’università della terza età e bambini dai 6 ai 14 anni figli di immigrati desiderosi di far parlare ai figli la lingua della patria terra. Sono stato impegnato ore a seguire vecchi e fioli e raccontare da dove venivo, cosa facevo e dua givo ma aimè, probabilmente le miei attitudini non erano molto buone e dopo 5gg la cara signora mi si è presentata e molto dolcemente mi ha detto senza usare mezzi termini che me ne dovevo andare, non potevo più chiedere informazioni, avrei dovuto fare le valige al più presto, cavarmela da solo e trovare un altro tetto…mi sono sentito come se fosse scaduto il parchimetro ed avessi incontrato il più infame degli ausiliari che per farsi le vacanze al mare con la famiglia e tutti i parenti chiedesse a me di pagargli l’albergo, le gite in barca e le magnate de pesce! Qualcuno da dietro un angolo mi ha fatto un braccio teso e ho realizzato che forse la vita in Nuova Zelanda non è così facile come me la immaginavo io nei miei sogni da bambino! Preso leggermente in contropiede ho fatto i conti con me stesso e mi sono detto bhè tanto te la volevi girare e allora comincia a girarla, trova qualcosa che abbia un tetto e poi qualcosa si inventa, così mi sono messo a cercare tutte le possibili soluzioni su internet fino a trovare questo capolavoro di tecnica ed ingegneria!
Così ha inizio la mia vita da zinghero (come dice bisu), il pieno di benzina alla macchina ed un bagagliaio di scatolette di tonno, sardine, polpa di pomodoro e pasta! Ah quasi dimenticavo, su consiglio di molti, mi sono comprato un bancale di noodles, non sapendo per niente cosa fossero e che sapore avessero.
Salutati gentilmente i miei primi anfitrioni scopro che posso viaggiare in Nuova Zelanda (e detto inter nos si può fare anche in Italia, per chi fosse interessato questo il sito http://www.wwoof.it/) facendo wwoofing…EH? CH’E’ DITTO? Praticamente in cambio di vitto ed alloggio fai il contadino, una gran figata anche perché solitamente si mangia abbastanza bene ed i kiwi (così si chiamano tra di loro i neozelandesi) sono veramente persone pacate ed ospitali. Così il mio primo wwoofing place è stato presso una casa poco fuori Auckland, gestita da una coppia di fricchettoni vegetariani, lui brasiliano lei australiana, molto peace&love ma nel più stretto termine della parola…mi son detto “la macchina del mistero alla Sccoby-Doo ce l’hai, la barbetta alla Shaggy non ti manca, perché non tentare?” e così ho iniziato il mio wwoofing, riparando serre dove ci mettevamo i semi di qualsiasi “verdura” a germogliare, riparando sedie imparcite dagli anni e infradiciate dall’umidità, vendendo frutta agli angoli delle strade di Auckland e dormendo in baracche dove c’era un po’ di tutto compresi ragni con cui mi intrattenevo la notte a parlare, opossum che scorrazzavano felici di notte sul tetto delle capanne e tanto tanto tanto ammore! Dieci giorni li mi sono volati, mi son sentito rinascere dopo la prima deprimente esperienza, lì ho conosciuto tanti ragazzi, la maggior parte con l’idea di viaggiare e scoprire, quindi non mi è stato difficile trovare qualcuno con cui condividere il viaggio e pianificare finalmente una sottospecie di itinerario. Alla partenza eravamo un inglese, un francese ed un italiano (come per le barzellette) e poco dopo si è aggiunta pure una ragazza di Cagliari che arrivava dall’Australia per farsi un paio di mesi di vacanza in NZ.
Usciti da Auckland la NZ comincia a far vedere il suo volto, territori di colline verdi e pascoli a perdita d’occhio, mucche e pecore sono più di dieci volte la popolazione umana dell'isola ed è nell’isola del nord che si concentra gran parte della popolazione soprattutto quella maori che, a dispetto dell’etichetta che gli hanno affibbiato con l’haka nel rugby, è una popolazione pacifica e tranquilla, sul classico stile di tutte le popolazioni polinesiane, ossia non vogliono tante rotture di scatole e se la prendono veramente con molta calma!
Studiando la cartina stradale (oddio non che ci fosse tanto da studiare, una sottospecie di autostrada che serve solo la zona intorno ad Auckland dopo di che solo strade a due corsie a doppio senso di marcia con limite di velocità a 100 km/h che trovi ovunque, anche se stai scavallando un passo alpino mettono il limite a 100 e capite che con il mio potente mezzo, benchè ce la mettesse tutta, i 100 in salita li ho visti molto poco) mi sono accorto che ogni angolo del territorio è stato usato per girare scene del film “Il Signore degli Anelli” e tanto per farvi un’idea qui mi trovavo nel Tongariro Crossing ed alle mie spalle si erge maestoso e veramente impressionante, “Mt Doom/Mordor” (io sò quello co la maglietta verde, che ho sfoggiato in mezzo ad una folla di turisti esultati nel vedere uno uammero arrivato tanto ‘n là).
Il viaggio nell’isola del nord passa volando, la compagnia è strepitosa e le giornate sono una più bella dell’altra, giornate con clima primaverile si susseguono una dietro l’altra consentendoci di viaggiare con serenità e campeggiare in posti lontani da tutto e tutti.
Ma la “vera” Terra di Mezzo è ancora lontana, si deve attraversare un tratto di mare, lo stretto di Cook, ed arrivare nella selvaggia e pressochè disabitata isola del sud. Ma prima di prendere il traghetto, mi fermo qualche giorno vicino Wellington e spendo più di due settimane a fare wwoofing (avevo pianificato 5 giorni ma mi son lasciato prendere la mano), taglio alberi, do da mangiare a mucche e pecore, faccio il vino e ne bevo tanto e soprattutto magno come no sfondo in previsione dei tempi di carestia fatti di tonno, sardine e noodles.
Continuo a rotolare verso sud, come dicono i Negrita, a conoscere gente e condividere esperienze, tutto è molto diretto, poche etichette e tanta voglia di perdersi in quelle sconfinate praterie dove il silenzio è assordante e tutto sembra apparentemente congelato nel tempo. Arrivo a Kaikoura, vedo foche lungo la strada come se fossero piccioni, cuccioli di foca fatti stare dai genitori in un laghetto di acqua dolce come se fosse una nursery, delfini, albatri e balene (che poi ho capito essere capodogli, la balena bianca di Moby-Dick, animali straordinari, predatori micidiali in grado di trattenere il respiro per ore ed arrivare a profondità abissali di oltre 2000 metri dove cacciano calamari giganti, per inciso ne ho visto uno di calamari nel Te Papa Museum di Wellington che pesava 500kg e lungo 4,5mt).
Finita la lezione alla Piero Angela, arrivo a Christchurch città devastata dal terremoto pochi anni fa, e qui arriva una notizia inaspettata, consultando internet in un McDonald, mi accorgo di una mail mandata da una società di Auckland con cui avevo avuto un colloquio nei primi giorni passati a nord, mi chiedevano di sottopormi ad un altro colloquio. Sulle prime ho provato a rimandare la cosa a tempi più comodi ma la risposta è stata abbastanza eloquente pertanto mi sono preso il primo aereo per Auckland, lasciato la macchina a Christchurch, ed in un giorno fatto andata e ritorno per sostenere questo colloquio. Ma alla fine di assunzione manco l’odore, quindi mi rifaccio il mio simpatico viaggio in aereo, mi riapproprio del mio bolide e di nuovo in marcia direzione Mt Cook (o Aoraki, nella lingua maori, che vuol dire "Colui che buca le nuvole" o ancora Monte Cucco per fa sentì a casa Aborigeno). Il freddo è pungente e mi accorgo che il van poi alla fine non è che sia così ben isolato e la prima notte è stata un ballare di denti continuo. Un posto questo incantato, ghiacciai enormi sono tutt’intorno e la pianura che sta ai piedi di quello che è il monte più alto della Nuova Zelanda, è letteralmente un enorme freezer. Qui sua maestà la Montagna la fa da padrona e vedere la sommità del Cook è cosa assai rara essendo per il 90% del tempo coperto dalle nuvole che arrivano dirette dal mare della Tasmania. Tuttavia, essendo le notti molto brevi data la temperatura polare, una mattina, prima dell’alba, il cielo è stato sereno per qualche attimo ed è apparsa in tutta la sua magnificenza l’estremità di questa enorme piramide di granito.
Saluto con un inchino tanta magnificenza e faccio meta nella più caotica e viva Queenstown, città nota per gli sport estremi come bungee jumping (è stato inventato qui), skydiving, downhill, etc…Il tempo è bruttino e mi permette di pianificare, insieme ad un ragazzo francese, un track ad anello, di 4 giorni nella terra dei fiordi, il Kepler Track.
Nell’attesa del “bel tempo” o di un tempo decente mi rimetto a scaricare la mail e nel più completo attonimento leggo una mail del famoso colloquio avuto ad Auckland in cui mi offrono un contratto di lavoro per due anni….che vi dico, non sapevo se essere felice, preoccupato o fregarmene, bhè insomma alla fine io il contratto l’ho firmato usando come scrivania il cruscotto della macchina e l’ho rimandato al mittente con sentiti ringraziamenti, a questo punto se mi cambiano il visto la mia permanenza nella terra dei kiwi si potrebbe allungare di qualche anno, incrocio le dita e vado avanti! Metabolizzata la notizia, il tempo si decide a fare il bravo e così inizio quello che secondo me è stata l’esperienza più bella di tutto il viaggio. 4 giorni immerso in foreste pluviali e montagne incontaminate, ad un primo sguardo prive di ogni cosa, niente impianti per attività sportive invernali, nessun ristorante/rifugio (per inciso, i rifugi sono tutti auto gestiti e sono una cosa spettacolare, non trovi una briciola di pane in terra e tutto è perfetto e funzionante), nessun odore di polenta al capriolo niente schiamazzi solo roccia, ghiaccio e vento, mi sono guardato in giro e non c’eravate neanche voi, ma è proprio vero che non c’eravate? Invece vi ho trovati tutti lì e come d’incanto le risate Totteresche riempivano le valli, le barrette di suino alla Stex mi riempivano di sapore la bocca, le avventure Passolentesche mi facevano tornare a spaziare con la mente, e ridevo con le cazzate a nastro Giugliache e le gag Bisuntiche. Mi arricchivo del filosofare Aborigeno e della saggezza Delicatessiana, prendevo appunti su come irretire giovani straniere con le teorie Andrea-66ine e Vencemariolesche, mi divertivo a scherzare con tutta la combriccola Fede77esca, Violatoriana, Damatiniana, Crispoldica e Nasyana, godevo nel sentire la parlata romagnola Teddiana/Palliana e quella emiliana Anatesca/Keviniana e ad ogni passaggino Stefanoscottesco mi aspettavo una macchinetta fotografica sull’angolo della curva e dove la foresta si faceva più fitta, un macete Kiuiniano.
E la mia vista d’improvviso si è appannata e A TUTTI VOI e a tutti quelli che mi voglio bene e sono lontani da me migliaia di chilometri, dedico questa foto, con la fede di farvi vedere, un giorno, attraverso i miei occhi quello che ho vissuto sulla mia pelle e che tanto mi aiuta a crescere in questo momento.
Da qui il viaggio a nord è proceduto molto velocemente poche soste ed in una settimana sono tornato ad Auckland, ho trovato un appartamento in centro città che condivido con una coppia di argentini, da domani mi metterò giù per cambiare questo benedetto visto e finalmente iniziare a lavorare, spero solo che l’immigration neozelandese non faccia storie!
Vi saluto con l’altra mano
Enrico (tomiw)
E’ una vita che non vi sento, ho scambiato poche parole con qualcuno di voi ma sempre molto risicate e di fretta. La connessione internet in Nuova Zelanda è un disastro, però sapete che vi dico, a me non è dispiaciuto stare senza internet per giorni, tutto riprende una calma inaspettata, il tempo si dilata, i battiti del cuore rallentano e tu finalmente riesci a respirare. Così mi sono sentito quando ho iniziato a viaggiare, l’indispensabile nello zaino e tutto quello che ti serve sempre a portata di mano dentro di te: cuore, testa e animo, niente di più niente di meno.
Probabilmente questo romantico preambolo lascia presagire una storia tutta rose e fiori ma se pensate che l’inizio sia stato facile bhè allora vi racconto come è andata veramente.
Il primo contatto che ho avuto al mio arrivo è stato con una persona che avevo conosciuto in Italia, un architetto neozelandese, il quale si è offerto per darmi vitto, alloggio ed una mano a trovare lavoro…bhè mi sono detto “hai fatto 13, sarà sicuramente una passeggiata adattarsi al cambio vita” senonchè è entrato in gioco un personaggio che solo marginalmente avevo preso in considerazione…la moglie italiana di questo mio “amico”. Sono stato accolto in una casa super moderna, con tutti i confort, una camera tutta a mia disposizione e un sacco di acqua calda per la doccia (cosa che solo quando ho cominciato a viaggiare ho scoperto essere una delle cose più desiderate che abbia mai voluto). Il giorno seguente il mio arrivo sono stato immediatamente reclutato dall’arpia per dargli una mano durante le sue lezioni di italiano in città (ah sì sono stato ad Auckland per i primi giorni ma in pratica non ho visto niente se non la torre ed il porto), neppure il tempo per capire la differenza fra giorno e notte che subito mi hanno messo a fare qualcosa e sinceramente non mi sentivo così afflitto, sicuramente insegnare italiano è abbastanza facile ed il livello della scuola era molto informale se si considera che i corsi erano rivolti a persone che seguivano l’università della terza età e bambini dai 6 ai 14 anni figli di immigrati desiderosi di far parlare ai figli la lingua della patria terra. Sono stato impegnato ore a seguire vecchi e fioli e raccontare da dove venivo, cosa facevo e dua givo ma aimè, probabilmente le miei attitudini non erano molto buone e dopo 5gg la cara signora mi si è presentata e molto dolcemente mi ha detto senza usare mezzi termini che me ne dovevo andare, non potevo più chiedere informazioni, avrei dovuto fare le valige al più presto, cavarmela da solo e trovare un altro tetto…mi sono sentito come se fosse scaduto il parchimetro ed avessi incontrato il più infame degli ausiliari che per farsi le vacanze al mare con la famiglia e tutti i parenti chiedesse a me di pagargli l’albergo, le gite in barca e le magnate de pesce! Qualcuno da dietro un angolo mi ha fatto un braccio teso e ho realizzato che forse la vita in Nuova Zelanda non è così facile come me la immaginavo io nei miei sogni da bambino! Preso leggermente in contropiede ho fatto i conti con me stesso e mi sono detto bhè tanto te la volevi girare e allora comincia a girarla, trova qualcosa che abbia un tetto e poi qualcosa si inventa, così mi sono messo a cercare tutte le possibili soluzioni su internet fino a trovare questo capolavoro di tecnica ed ingegneria!
Così ha inizio la mia vita da zinghero (come dice bisu), il pieno di benzina alla macchina ed un bagagliaio di scatolette di tonno, sardine, polpa di pomodoro e pasta! Ah quasi dimenticavo, su consiglio di molti, mi sono comprato un bancale di noodles, non sapendo per niente cosa fossero e che sapore avessero.
Salutati gentilmente i miei primi anfitrioni scopro che posso viaggiare in Nuova Zelanda (e detto inter nos si può fare anche in Italia, per chi fosse interessato questo il sito http://www.wwoof.it/) facendo wwoofing…EH? CH’E’ DITTO? Praticamente in cambio di vitto ed alloggio fai il contadino, una gran figata anche perché solitamente si mangia abbastanza bene ed i kiwi (così si chiamano tra di loro i neozelandesi) sono veramente persone pacate ed ospitali. Così il mio primo wwoofing place è stato presso una casa poco fuori Auckland, gestita da una coppia di fricchettoni vegetariani, lui brasiliano lei australiana, molto peace&love ma nel più stretto termine della parola…mi son detto “la macchina del mistero alla Sccoby-Doo ce l’hai, la barbetta alla Shaggy non ti manca, perché non tentare?” e così ho iniziato il mio wwoofing, riparando serre dove ci mettevamo i semi di qualsiasi “verdura” a germogliare, riparando sedie imparcite dagli anni e infradiciate dall’umidità, vendendo frutta agli angoli delle strade di Auckland e dormendo in baracche dove c’era un po’ di tutto compresi ragni con cui mi intrattenevo la notte a parlare, opossum che scorrazzavano felici di notte sul tetto delle capanne e tanto tanto tanto ammore! Dieci giorni li mi sono volati, mi son sentito rinascere dopo la prima deprimente esperienza, lì ho conosciuto tanti ragazzi, la maggior parte con l’idea di viaggiare e scoprire, quindi non mi è stato difficile trovare qualcuno con cui condividere il viaggio e pianificare finalmente una sottospecie di itinerario. Alla partenza eravamo un inglese, un francese ed un italiano (come per le barzellette) e poco dopo si è aggiunta pure una ragazza di Cagliari che arrivava dall’Australia per farsi un paio di mesi di vacanza in NZ.
Usciti da Auckland la NZ comincia a far vedere il suo volto, territori di colline verdi e pascoli a perdita d’occhio, mucche e pecore sono più di dieci volte la popolazione umana dell'isola ed è nell’isola del nord che si concentra gran parte della popolazione soprattutto quella maori che, a dispetto dell’etichetta che gli hanno affibbiato con l’haka nel rugby, è una popolazione pacifica e tranquilla, sul classico stile di tutte le popolazioni polinesiane, ossia non vogliono tante rotture di scatole e se la prendono veramente con molta calma!
Studiando la cartina stradale (oddio non che ci fosse tanto da studiare, una sottospecie di autostrada che serve solo la zona intorno ad Auckland dopo di che solo strade a due corsie a doppio senso di marcia con limite di velocità a 100 km/h che trovi ovunque, anche se stai scavallando un passo alpino mettono il limite a 100 e capite che con il mio potente mezzo, benchè ce la mettesse tutta, i 100 in salita li ho visti molto poco) mi sono accorto che ogni angolo del territorio è stato usato per girare scene del film “Il Signore degli Anelli” e tanto per farvi un’idea qui mi trovavo nel Tongariro Crossing ed alle mie spalle si erge maestoso e veramente impressionante, “Mt Doom/Mordor” (io sò quello co la maglietta verde, che ho sfoggiato in mezzo ad una folla di turisti esultati nel vedere uno uammero arrivato tanto ‘n là).
Il viaggio nell’isola del nord passa volando, la compagnia è strepitosa e le giornate sono una più bella dell’altra, giornate con clima primaverile si susseguono una dietro l’altra consentendoci di viaggiare con serenità e campeggiare in posti lontani da tutto e tutti.
Ma la “vera” Terra di Mezzo è ancora lontana, si deve attraversare un tratto di mare, lo stretto di Cook, ed arrivare nella selvaggia e pressochè disabitata isola del sud. Ma prima di prendere il traghetto, mi fermo qualche giorno vicino Wellington e spendo più di due settimane a fare wwoofing (avevo pianificato 5 giorni ma mi son lasciato prendere la mano), taglio alberi, do da mangiare a mucche e pecore, faccio il vino e ne bevo tanto e soprattutto magno come no sfondo in previsione dei tempi di carestia fatti di tonno, sardine e noodles.
Continuo a rotolare verso sud, come dicono i Negrita, a conoscere gente e condividere esperienze, tutto è molto diretto, poche etichette e tanta voglia di perdersi in quelle sconfinate praterie dove il silenzio è assordante e tutto sembra apparentemente congelato nel tempo. Arrivo a Kaikoura, vedo foche lungo la strada come se fossero piccioni, cuccioli di foca fatti stare dai genitori in un laghetto di acqua dolce come se fosse una nursery, delfini, albatri e balene (che poi ho capito essere capodogli, la balena bianca di Moby-Dick, animali straordinari, predatori micidiali in grado di trattenere il respiro per ore ed arrivare a profondità abissali di oltre 2000 metri dove cacciano calamari giganti, per inciso ne ho visto uno di calamari nel Te Papa Museum di Wellington che pesava 500kg e lungo 4,5mt).
Finita la lezione alla Piero Angela, arrivo a Christchurch città devastata dal terremoto pochi anni fa, e qui arriva una notizia inaspettata, consultando internet in un McDonald, mi accorgo di una mail mandata da una società di Auckland con cui avevo avuto un colloquio nei primi giorni passati a nord, mi chiedevano di sottopormi ad un altro colloquio. Sulle prime ho provato a rimandare la cosa a tempi più comodi ma la risposta è stata abbastanza eloquente pertanto mi sono preso il primo aereo per Auckland, lasciato la macchina a Christchurch, ed in un giorno fatto andata e ritorno per sostenere questo colloquio. Ma alla fine di assunzione manco l’odore, quindi mi rifaccio il mio simpatico viaggio in aereo, mi riapproprio del mio bolide e di nuovo in marcia direzione Mt Cook (o Aoraki, nella lingua maori, che vuol dire "Colui che buca le nuvole" o ancora Monte Cucco per fa sentì a casa Aborigeno). Il freddo è pungente e mi accorgo che il van poi alla fine non è che sia così ben isolato e la prima notte è stata un ballare di denti continuo. Un posto questo incantato, ghiacciai enormi sono tutt’intorno e la pianura che sta ai piedi di quello che è il monte più alto della Nuova Zelanda, è letteralmente un enorme freezer. Qui sua maestà la Montagna la fa da padrona e vedere la sommità del Cook è cosa assai rara essendo per il 90% del tempo coperto dalle nuvole che arrivano dirette dal mare della Tasmania. Tuttavia, essendo le notti molto brevi data la temperatura polare, una mattina, prima dell’alba, il cielo è stato sereno per qualche attimo ed è apparsa in tutta la sua magnificenza l’estremità di questa enorme piramide di granito.
Saluto con un inchino tanta magnificenza e faccio meta nella più caotica e viva Queenstown, città nota per gli sport estremi come bungee jumping (è stato inventato qui), skydiving, downhill, etc…Il tempo è bruttino e mi permette di pianificare, insieme ad un ragazzo francese, un track ad anello, di 4 giorni nella terra dei fiordi, il Kepler Track.
Nell’attesa del “bel tempo” o di un tempo decente mi rimetto a scaricare la mail e nel più completo attonimento leggo una mail del famoso colloquio avuto ad Auckland in cui mi offrono un contratto di lavoro per due anni….che vi dico, non sapevo se essere felice, preoccupato o fregarmene, bhè insomma alla fine io il contratto l’ho firmato usando come scrivania il cruscotto della macchina e l’ho rimandato al mittente con sentiti ringraziamenti, a questo punto se mi cambiano il visto la mia permanenza nella terra dei kiwi si potrebbe allungare di qualche anno, incrocio le dita e vado avanti! Metabolizzata la notizia, il tempo si decide a fare il bravo e così inizio quello che secondo me è stata l’esperienza più bella di tutto il viaggio. 4 giorni immerso in foreste pluviali e montagne incontaminate, ad un primo sguardo prive di ogni cosa, niente impianti per attività sportive invernali, nessun ristorante/rifugio (per inciso, i rifugi sono tutti auto gestiti e sono una cosa spettacolare, non trovi una briciola di pane in terra e tutto è perfetto e funzionante), nessun odore di polenta al capriolo niente schiamazzi solo roccia, ghiaccio e vento, mi sono guardato in giro e non c’eravate neanche voi, ma è proprio vero che non c’eravate? Invece vi ho trovati tutti lì e come d’incanto le risate Totteresche riempivano le valli, le barrette di suino alla Stex mi riempivano di sapore la bocca, le avventure Passolentesche mi facevano tornare a spaziare con la mente, e ridevo con le cazzate a nastro Giugliache e le gag Bisuntiche. Mi arricchivo del filosofare Aborigeno e della saggezza Delicatessiana, prendevo appunti su come irretire giovani straniere con le teorie Andrea-66ine e Vencemariolesche, mi divertivo a scherzare con tutta la combriccola Fede77esca, Violatoriana, Damatiniana, Crispoldica e Nasyana, godevo nel sentire la parlata romagnola Teddiana/Palliana e quella emiliana Anatesca/Keviniana e ad ogni passaggino Stefanoscottesco mi aspettavo una macchinetta fotografica sull’angolo della curva e dove la foresta si faceva più fitta, un macete Kiuiniano.
E la mia vista d’improvviso si è appannata e A TUTTI VOI e a tutti quelli che mi voglio bene e sono lontani da me migliaia di chilometri, dedico questa foto, con la fede di farvi vedere, un giorno, attraverso i miei occhi quello che ho vissuto sulla mia pelle e che tanto mi aiuta a crescere in questo momento.
Da qui il viaggio a nord è proceduto molto velocemente poche soste ed in una settimana sono tornato ad Auckland, ho trovato un appartamento in centro città che condivido con una coppia di argentini, da domani mi metterò giù per cambiare questo benedetto visto e finalmente iniziare a lavorare, spero solo che l’immigration neozelandese non faccia storie!
Vi saluto con l’altra mano
Enrico (tomiw)