ho ripreso in mano il mio diario di viaggio...
Viaggiare in bicicletta permette di vivere l’Africa.
Da protagonista col vento in faccia
e non da spettatore passivo dietro il finestrino,
di lussuosi fuoristrada condizionati e condizionanti.
Stringere mani curiose di sentire la tua sostanza,
e assorbire ruvide espressioni di curiosità.
Soffrire il caldo vero e logorante che asciuga il tuo sudore
prima ancora che possa bagnarti la pelle sporca d’argilla e sabbia africana.
Chiudere gli occhi per pochi istanti
per concentrarti sugli odori di teff e miglio sgranati dagli zoccoli degli animali,
dei grani di caffè tostati in ogni villaggio,
del fumo acre degli incensi,
dell’aria viziata in ogni capanna
ma nel contempo vera, pura.
Viaggiare in bicicletta sulle strade sterrate, polverose, dimenticate, aspre, scomode, bianche,
solcate da milioni di piedi dell’Africa dove tutti sempre camminano,
ti permette di spostarti lento, di rallentare e godere l’idea del viaggio,
che non è l’arrivo, se non il punto di partenza successivo.
Africa,
dove lo stesso unico e democratico sole di tutto il mondo,
non è uguale, ma più arancione e grande al mattino,
più caldo di giorno, e lento e grasso al tramonto.
Africa, dove le stelle, le stesse stelle,
sono più vicine, piú grandi e luminose
e parlano di tempi più antichi dei nostri,
forse perché trascorsi più lenti
perché in Africa il tempo scorre in modo diverso
e l´uomo vi si adatta,
non lo costringe in agende,
orologi e appuntamenti.
Ma lo vive.