Era su BdM di due anni fa, credo
Sulle orme dell´uomo venuto dal ghiaccio
Oltre 5000 anni fa un uomo scalò il ghiacciaio di Senales fino alle sue cime gelate e lì morì. Nel 1991 venne ritrovato per caso, con i suoi indumenti e l'equipaggiamento, mummificato, congelato: una scoperta archeologica sensazionale che offre uno scorcio senza eguali sulla vita di un uomo dell'età del Rame
Altrettanto sensazionale vuole essere il nostro itinerario in mtb. Tre giorni per tre passi di alta montagna, sullo spartiacque fra Austria e Italia, con attraversamento del ghiacciaio dove avvenne il ritrovamento sopra menzionato. Fra i tanti sentieri in programma un mito attende di essere calpestato dalle nostre
ruote grosse: la vecchia mulattiera militare che conduce al rifugio Petrarca (2875 m). La discesa con le sue tantissime serpentine fa parte dei sogni di ogni biker che si rispetti.
Non sono peró i sogni che occupano i nostri pensieri mentre risaliamo in macchina la Val Venosta fino a Naturno per poi imboccare la Val Senales. Ci domandiamo l´un l´altro come sará il passaggio sul ghiacciaio. Ognuno riferisce delle previsioni del tempo da lui lette. Tutti e tre, io, Lorenz e Wulf, speriamo in un bel periodo di alta pressione. Dopotutto non vogliamo venire ritrovati fra qualche migliaio d´anni da qualche uomo del futuro che si chiederebbe cosa ci facessero tre persone sul ghiacciaio con quegli strani aggeggi a due ruote appresso.
L´alta pressione è però ben lontana dalla Val Senales
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Partiamo da Certosa (1327 m), che in tedesco si chiama Karthaus. Questo nome mi rimanda immediatamente a Cartago, la Cartagine di Annibale. Che sia passato pure lui di qua con i suoi elefanti? Iniziamo cosí, sotto un cielo azzurro di fine agosto, la nostra lunga salita in direzione Eisjöchl (2895 m). Passo del ghiaccio, questa è la traduzione della nostra meta odierna. Non riesco a rabbrividire sulle pendenze da 18% della stradina asfaltata che ci conduce attraverso la Pfossental. Al contrario, rivoli di sudore scendono dalle nostre fronti. Per fortuna qui non manca l´acqua. Passiamo un paio di case prima di proseguire su una sterrata un po´meno ripida. Sembra di essere in un posto dimenticato da Dio. A parte qualche malga e tante mucche la valle è disabitata. Lo scroscío delle innumerevoli cascate accompagna le nostre fatiche.
Uno degli ultimi avamposti della civilizzazione è dato dalla Rableitalm (2004 m). La bellissima malga offre la possibilità ai viandanti come noi di rifocillarsi prima dell´attacco finale al passo. L´ex sindaco di Naturno, proprietario e ristoratore, ci domanda cosa vorremmo da mangiare. Gli facciamo presente che la domanda dovrebbe venire formulata al contrario, e cioè cosa non vorremmo avere. Accompagnando il tutto con litri di Apfelschorle (succo di mela con acqua minerale), ci rinvigoriamo con un enorme piatto di spaghetti e con un Apfelstrudel fatto in casa. Alla faccia delle barrette energetiche. Quelle verranno bene successivamente
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Poco dopo la Rableitalm comincia la famosa (o famigerata?) mulattiera militare. All´inizio questa è percorribile senza grossi problemi, man mano che si sale diventa però più stretta e a volte sconnessa. Guadagnamo lentamente quota, ci lasciamo gli ultimi alberi dietro di noi. Serpentina per serpentina combattiamo contro la forza di gravitá che ci vorrebbe spingere giù in valle. Pian piano si fa sentire l´aria rarefatta d´alta quota, il panorama diventa al tempo stesso una buona ragione per fermarsi e fare una pausa. Il sentiero diventa sempre più tecnico man mano che saliamo. E poi eccoci in cima. Poco sotto di noi, dall´altra parte della montagna, troneggia il rifugio Petrarca. Tratti del sentiero sono ancora ricoperti di neve quassù. Passo del ghiaccio appunto.
La notte è di quelle tormentate. Si sa, dormire in quota senza essere acclimatizzati non è il modo migliore per fare dei sogni d´oro.. O forse siamo tutti e tre troppo entusiasti per la discesa che ci attende il mattino dopo. Da quota 2800 fino a quota 1800 si snoda la famigerata (per noi adesso famosa!) mulattiera militare con le sue innumerevoli serpentine. Con una buona tecnica si fa tutta in sella. Per buona tecnica si intende qui la capacitá di superare dei canaletti di scolo dell´acqua fatti con pietre piatte messe verticali di traverso sul sentiero. Dopo comprensibili titubanze presso i primi ostacoli, i canaletti diventano una modo in più per divertirsi. Le serpentine non vogliono finire mai. Incontriamo dei biker tedeschi che spingono in salita. Colgo l´occasione per sottolineare come il sentiero per il rifugio Petrarca sia completamente pedalabile solo in un senso, e cioè il nostro. I colleghi d´oltralpe non si lasciano intimorire, dopotutto stanno attraversando le Alpi con la mtb (vedi numero di luglio 2001).
L´adrenalina scorre a fiumi nelle nostre vene quando arriviamo alla Lazinseralm. La discesa prosegue poi fino a Moso in Passiria (1007 m). Quasi 2000 metri di dislivello i discesa ci separano dal rifugio Petrarca. Incredibile. La soddisfazione di aver fatto una downhill di queste proporzioni purtroppo non dura molto. O perlomeno dura solo fino a quando si viene a conoscenza della salita che ci attende.
Passo di Rombo, 2474 m. Gradisca!, direbbe un personaggio felliniano. I primi 800 metri di dislivello ce li giochiamo sulla sterrata che porta il segnavia E5. Dopodichè proseguiamo sulla 44 bis. I tornanti si susseguono impietosi, solo la fantastica vista sui ghiacciai della zona ci distoglie dalle nostre fatiche quotidiane. Giunti al passo varchiamo il confine con l´Austria e proviamo a scendere nella Ötztal percorrendo il sentiero E5. Veniamo ripagati con un bel singletrack che si snoda sul versante settentrionale della Timmelstal prima di scorrere parallelo alla strada. Più tardi, quando il sentiero si separa da questa, diventa molto difficile rimanere in sella. Troppo ripido e sconnesso per i nostri gusti. Comunque sia, un po´spingendo e un po´pedalando, arriviamo a Zwieselstein (1470 m), concludendo l´ultima discesa della giornata. Il posto tappa si trova infatti a Vent (1895), dove pernottiamo prima dell´atto conclusivo dell´itinerario. Domani ci attende il ghiacciaio
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Dopo due giorni di bel tempo (con qualche nube) ci svegliamo sotto un cielo plumbeo. L´aria è fredda e le cime delle montagne sono avvolte nella nebbia. A colazione discutiamo sul da farsi. A dire la verità non abbiamo molte alternative. La macchina è esattamente dall´altra parte dello spartiacque. Tornare indietro ripercorrendo la via di andata richiederebbe due giorni in sella. Leggiamo il bollettino meteo. Non sono previsti temporali. Questa è una buona notizia, quando si vuole transitare a 3000 meti d´altitudine. Nel pomeriggio dovrebbero addirittura esserci delle schiarite. Decidiamo di passare sul ghiacciaio.
La prima parte della salita è ripida ma pedalabile. Una bella mulattiera risale la Niedertal fino al rifugio Martin Busch (2501 m). Qui facciamo la prima pausa della giornata, nella speranza che il sole rieca a bucare le nuvole. Al contrario, il ghiacciaio che si vedeva nel fondovalle sparisce nella nebbia. Probabilmente anche l´uomo venuto dal ghiaccio ha visto queste montagne come le vediamo noi ora, rese minacciose dalle nubi. Magari ha percorso la stessa valle in cui ci troviamo noi ora. Lui però non aveva una mtb da spingere sul ghiaccio eterno.
Non ci facciamo intimorire da pensieri macabri e continuiamo la nostra ascesa in direzione Rifugio Similaun (3017 m). La mulattiera lascia posto ad un sentiero solo all´inizio pedalabile. Ci muoviamo su detriti morenici lasciati dal ritirarsi del ghiaccio negli anni passati. Spingendo le bici ci avviciniamo sempre più alle lingue del ghiacciaio che sembra volerci inghiottire. Fa sempre più freddo. Comincia addirittura a piovere. Indossiamo tutto quello che abbiamo. Arriviamo al famigerato passaggio sul ghiaccio. La traccia di sentiero è ben riconoscibile dalle impronte lasciate sulla neve. Non ci sono crepacci. Uno dietro l´altro, in silenzio, camminiamo in una nebbia opprimente. Non c´è anima viva in giro oltre a noi. Non riusciamo a vedere il rifugio. Eppure non dovrebbe essere lontano. Improvvisamente eccolo comparire, a 30 metri di distanza. Ce l´abbiamo fatta. Siamo di nuovo in Italia.
Ora ci attende una spericolata discesa fino al lago artificiale di Vernagt. Sul versante sud della montagna non c´è alcun ghiacciaio, solo un ripido sentiero che ci costringe a portare le mtb per i primi 200 metri di dislivello. Dopodiché comincia una lunghissima downhill tecnica. Le nuovole si aprono e lasciano spazio al sole. Vediamo così il lago artificiale qualche migliaio di metri a valle. L´azzurro turchese delle sue acque ci attira come una calamita. Euforici ci incitiamo l´un con l´ altro nei passaggi più difficili, le giacche scompaiono nello
zaino, l´estate è di nuovo con noi. E l´itinerario dei nostri sogni è diventato realtà.
Testo e foto: Marco Toniolo